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sogno.

FUORI IL PROSSIMO
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Cristina Viggè

2020-04-08T00:00:00+02:00


#dilloconpetra   Partecipa al sondaggio con 1 click 

I sogni son desideri. O meglio, secondo Sigmund Freud, padre della psicanalisi, sono la proiezione dei nostri più inconsci desideri. Dal latino de sidera (plurale di sidus, sideris), ossia lontano dalle stelle. Nell’accezione di vuoto, mancanza, distanza. Con la conseguenze speranza di ritrovare, riavvicinare, riconquistare gli astri, in un intrinseco slancio verso buoni auspici e beneauguranti presagi. Il matematico, astronomo e cosmologo tedesco Giovanni Keplero utilizza il sogno addirittura come stratagemma, come metafora per divulgare, difendere e avvalorare la copernicana teoria eliocentrica, a dispetto di quella geocentrica. Nel racconto fantascientifico Somnium (originariamente scritto nel 1609 e pubblicato postumo nel 1634 dal figlio Ludwig), il visionario intellettuale immagina infatti un viaggio sulla Luna (l’isola di Levania), per raccontare i movimenti della Terra. Gli stessi che si noterebbero stando sulla Terra e guardando la Luna. Amata e cantata da Giacomo Leopardi. Perché il sogno concentra e condensa: materiale e immaginario, concretezza e aspirazione. Quanti i ristoratori, gli albergatori, i produttori, gli artigiani e gli artisti che hanno avviato un’attività realizzando un sogno nel cassetto. E quanti desideri di ospiti e clienti hanno saputo esaudire, grazie alle loro creazioni. Da mangiare o da ammirare. Ecco, forse dopo la frenesia, la fretta, la velocità e l’eccessivo movimento, è giunto il tempo di ricominciare a sognare. Anzi, di progettare come poter ripartire con grinta e fiducia. Solo così si tornerà a riveder le stelle.

SFOGLIA DA SINISTRA A DESTRA

Cristina Viggè
2020-04-06T00:00:00+02:00

Riprese a cura di Marco Gallocchio nello spazio Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020 - Rimini

Alessio Mattaccini: se il futuro è spiazzante

Spesso le sue pizze sono Spiazzanti. Sì, si chiamano proprio così in menu. “Sono quelle più originali e particolari. Sia per gli abbinamenti sia per l’accurata ricerca delle materie prime”, dice Alessio Mattaccini. Che, da dirigente d’azienda qual era, molla tutto per inseguire il suo sogno: quello di dedicarsi anima e cuore alla ristorazione e alla panificazione. E così eccolo, insieme al fratello Fabio, al timone della pizzeria Spiazzo di Roma, nel quartiere Ostiense. Non lontano dal Tevere e vicino al Ponte dell’Industria, noto anche come ponte di ferro. Pronto a collegare via del Porto Fluviale con via Antonio Pacinotti. Dove se ne sta Spiazzo, con ovvio corredo di un ampio spazio esterno. Un desiderio esaudito. Quello di Alessio. Ma pure quello di veder recuperata un’affascinante architettura industriale. Che è tornata a vivere. Animata da un rinnovato vigore e da un energico slancio verso il domani. Perché anche se presente e futuro possono essere spiazzanti, mister Mattaccini non muta convinzione: seguire caparbiamente un vento di novità.

La Pizzeria Spiazzo di Alessio Mattaccini riaprirà a Roma. Intanto Alessio ci propone la ricetta dei suoi Maritozzi.


❓Come immaginiamo il futuro?❓
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Cristina Viggè
2020-04-08T00:00:00+02:00
  • Starry Night by Pixabay

Foto Starry Night by Pixabay

Leggi l'articolo su d.repubblica.it

E quindi (ri)usciremo a riveder le stelle? 

Sognare è come respirare. La pensa così Giuseppe Civitarese, psicologo e psicanalista. Certo, la situazione di clausura, reclusione e isolamento forzato può influire negativamente persino sui sogni. Specialmente quelli notturni. “Le persone che riescono a trasformare in sogni positivi questa situazione drammatica sono meglio attrezzate emotivamente. Riescono a cogliere di uno stesso evento, anche se traumatico, tanti aspetti”, dichiara Civitarese in un articolo pubblicato su d.repubblica.it. Della serie, guardare il bicchiere mezzo pieno aiuta. E si sa, l’ottimismo genera energia. E forse è giunta l’ora di sognare di nuovo a occhi aperti. O meglio ancora, è venuto il tempo di formulare un'inedita ricetta per affrontare il futuro. Versando in pentola una buona dose di realismo, concretezza e razionalità. Perché bisogna sapersi proiettare verso il domani, avendo ben chiaro dove andare, cosa fare e come agire. Ma aggiungendo pure un pizzico di desiderio, speranza e positività. Il tutto miscelato a buonsenso e massimo rispetto delle regole. Perché il mondo non sarà certo più come prima. Ma nessuno vieta di sognarlo migliore.

Partecipa al sondaggio.

Cristina Viggè
2020-04-15T17:37:51+02:00

Massimiliano Prete fotografato per l'Almanacco della Pizza da Thorsten Stobbe

Creatività e competenza.

«Il lievito è vita e ci tiene in vita». E lui l’ha sempre mantenuto in gran forma. Per sentirsi e rendersi utile, preparando pizze solidali. Destinate a coloro che, nel tempo dell’emergenza, hanno lavorato in prima linea. Massimiliano Prete non si è mai fermato. E men che meno si ferma ora. Pronto a far ripartire Gusto Divino (a Saluzzo, nel Cuneese), e SestoGusto (a Torino). Nel segno di competenza, specializzazione e creatività imprenditoriale. Resta un sogno (e anche una sfida): coniare una parola per definire il pizzaiolo contemporaneo. Incarnazione di pazienza, precisione, poesia e sapere in costante evoluzione.

Massimiliano Prete intervistato da Cristina Viggè in diretta Instagram.

Massimiliano Prete: “La mia non è una pizzeria”

Ha realizzato il suo sogno. Anzi, più di uno. Visto che in Piemonte sono ben due le sue roccaforti: Gusto Divino a Saluzzo, in provincia di Cuneo; e Sestogusto a Torino, non lontano dalla Mole Antonelliana. “Saluzzo è il luogo dove tutto è nato, ma anche dove vivo con la mia famiglia. Torino invece è venuto dopo. Ma i torinesi mi stanno dando grandi soddisfazioni”. È felice Massimiliano Prete. Anche di aver visto mutare ed evolvere la figura di quello che un tempo veniva definito pizzaiolo. “Io in quel ruolo non mi ci ritrovavo per nulla. Sognavo una figura nuova. Uno chef della pizza. Ecco, sono felice nel vedere come oggi in tanti siano riusciti a rappresentare questa figura più complessa e completa. Finalmente posso dire che la mia pizza non è solo una pizza. E il mio locale non è una semplice pizzeria”, spiega orgoglioso Massimiliano. Che è stato pure pasticcere. “Far dolci mi ha aiutato moltissimo. Mi ha insegnato l’ordine, il rigore e la disciplina. Perché la pasticceria non perdona. E bisogna seguire le dosi alla lettera”.


Riprese a cura di Marco Gallocchio nello stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020 - Rimini


E ora? “Sogno un luogo che mi faccia esprimere al meglio. Un luogo dove possa tirar fuori tutto quello che ho dentro. Perché in tutto quello che faccio io racconto me stesso. Inclusi i ricordi, le emozioni, i momenti belli e quelli meno belli. Il mio desiderio volge in questa direzione”, svela lui. Sempre pronto a mettersi in discussione. Sempre pronto al dialogo e al confronto. Sempre pronto a lasciarsi stupire.


Gusto Divino e Sestogusto di Massimiliano Prete riapriranno rispettivamente a Saluzzo (Cuneo) e a Torino. Intanto Massimiliano ci propone la ricetta della sua Pizza croccante con gallina bianca saluzzese, peperone rosso di Carmagnola, sarset e salsa verde.


❓Come cambieranno le figure nella ristorazione❓
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Cristina Viggè
2020-04-15T17:44:21+02:00

Massimiliano Prete fotografato da Thorsten Stobbe

Leggi l'articolo su repubblica.it

Come sarà lo chef del futuro prossimo venturo? 

Parla in chiave ottimistica Bruno Barbieri. Chef di lungo corso e celebre volto televisivo. E intanto pensa alla figura del cuoco di domani. Che forse non sarà quella di oggi. O forse sì, con qualche rimodulazione di frequenza. “Non cambierà il modo di fare ristorazione ma credo che cambierà il modo di affrontare la vita e di approcciarsi allo stare insieme a tavola”, spiega il giudice di MasterChef in un bell’articolo su repubblica.it. Indubbiamente tre pilastri rimarranno ben fermi: “Talento, creatività e materia prima”. Ben detto. Perché talento e creatività sono la benzina, tanto in cucina quanto in tutti i settori della ristorazione e dell’hôtellerie. Sono “L’amor che move il sole e le altre stelle”, come scrisse Dante nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXXIII). E poi? C’è la materia prima. Che non è solo materia. Ma anche storia, racconto, memoria, lavoro, sacrificio, speranza, pazienza, immaginario, territorio. I prodotti artigianali restano e rimarranno sempre i capisaldi della bella e fertile Italia. Bisognerà solo riaccendere i riflettori su di loro. Ecco, forse il compito dello chef sarà quello di accendere meglio la luce, puntando il faro sulla qualità. Quel che è certo è che il cuoco del futuro dovrà saper combinare razionalità ed emozioni, concretezza e visione. Dovrà essere sensibile, attento, acuto e poliedrico. Dovrà riconquistare la fiducia del cliente, concentrandosi sul cibo ma anche sull’accoglienza. Quella raffinata, fatta di dettagli, di ascolto, di empatia. Perché sorriso, genio, gentilezza e cortesia sono imprescindibili: al ristorante, in pizzeria, in pasticceria, in albergo, in bottega e in qualsiasi luogo conviviale.

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Cristina Viggè
2020-04-19T10:56:40+02:00

Massimo Giovannini fotografato per l'Almanacco della Pizza da Thorsten Stobbe

Massimo Giovannini: lo stil novo della degustazione

“Ma perché le pizzerie non possono essere belle come i ristoranti?”,  si chiede parecchi anni or sono Massimo Giovannini. Allora, alla guida del Pachino di Viareggio (col fratello Fabrizio); ora (o meglio, dal 2009) alle redini (con la moglie Barbara) dell’Apogeo di Pietrasanta. Città d’arte d’assoluto incanto. Città di grande bellezza. Città della Versilia dove Massimo è nato e cresciuto fra la bellezza. Al punto da averne ben impressi i canoni. Per poi proiettarli nel suo mestiere di artigiano evoluto. Ossia un professionista capace di mettere le mani in pasta, facendo volare la mente. Di essere concentrato sul qui ed ora, puntando in alto. Non per altro il suo locale si chiama Apogeo: il punto di un’orbita più distante dalla Terra. Un sogno inseguito e realizzato. Un sogno nutrito da passione, sacrifici, attese e meritate ricompense. Un sogno costantemente alimentato da un guardare lontano. Oltre il già visto.


Riprese a cura di Andrea Tadioli nello stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2019 - Rimini


Massimo va piano e va lontano. Pensa alla pizza: arricchendola di gusto, anche estetico. Fa la pizza: prendendo spunto da nuovi paradigmi, nuove tecniche, nuovi modelli. Va #oltrelapizza: e scopre un’altra forma di bellezza. Quella che fonde il sotto e il sopra, la base e il topping. In un pensiero circolare e armonioso e dell’impasto. Nel senso che tutto parte da acqua e farina, certo. Ma poi viene plasmato seguendo insondate rotte di pensiero. Mescolando viaggi, ricordi, sensazioni, sogni e illusioni. Perché no? Nascono così i tacos, i sandwich, i ravioli al lievito madre. “Quando vado in un ristorante e mi affido a uno chef, lui non mi porta cinque primi o cinque secondi. Bensì un entrée, un primo piatto, un secondo e un dolce”, puntualizza Massimo. Che spalanca la strada allo stil novo della degustazione... in "pizzeria".


L'Apogeo di Massimo Giovannini riaprirà a Pietrasanta (Lucca). Intanto Massimo ci propone la ricetta dei suoi tacos con Petra 9, crema di baccalà, insalatina riccia e cialda di riso.


❓Ci lasceremo ancora incantare dalla bellezza❓
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Cristina Viggè
2020-04-19T11:25:23+02:00

Caravaggio, Cena in Emmaus, Pinacoteca di Brera

Leggi l'articolo su viaggi.corriere.it

Dalla tela allo schermo. Un’emozione possibile?

Senza fila, senza folla, senza biglietto e distanza ravvicinata. Anzi, talmente ravvicinata che osservare dal vivo un quadro in tal modo non sarebbe mai stato possibile. Nel tempo del tutto chiuso, anche i musei si fanno virtuali e le gallerie d’arte divengono gallery digitali e iper tecnologiche, a portata di mouse. Insomma, la cultura non sbarra le porte, anzi spalanca portali in Rete e finestre sui social. Come fa su Instagram e Facebook il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci di Milano, elargendo storie, aneddoti, immagini e documenti inediti. Mentre la Pinacoteca di Brera concede una parte della sua collezione ad Altissima Definizione. Consentendo una visione che va oltre l’occhio umano, cogliendo il minimo dettaglio. E il Museo Egizio di Torino? Lo si può visitare sala dopo sala accompagnati, su YouTube, dal direttore Christian Greco. Intanto, Le Gallerie degli Uffizi di Firenze non stanno certo a guadare. Anzi, lasciano ammirare i loro capolavori grazie alle IperVisoni, navigando fra testi e foto spettacolari. Online anche il tour dei Musei Vaticani, con una Cappella Sistina mai vista prima: dal divano di casa. E le capitoline Scuderie del Quirinale? Propongono #RaffaelloOltreLaMostra: video itineranti alla scoperta dei dipinti della grande esposizione Raffaello.1520-1483, con corredo di incursioni nel backstage. Ma persino il Louvre parigino si fruisce virtualmente, così come a Giverny i portoni della residenza di Monet si aprono con un clic. A Londra intanto si offrono al web sia il British Museum sia la National Gallery of Art. E lo stesso accade per il Guggenheim di New York e per l’Ermitage di San Pietroburgo. Che si svela grazie a un film di Apple (di 5 ore e 19 minuti) girato con un iPhone. Senza dimenticare quella wonderkammer che è Google Arts & Culture. Del resto come ben si legge ne Il Codice Marchesi: “La bellezza è emozione sottile. Alla domanda dove fosse l’arte, Paul Klee rispose: Tra la vernice e la tela. La bellezza, e quindi la bontà, è essenzialmente la capacità di suscitare un’emozione non passeggera, che si ripete ogni volta. La bellezza non passa”. Persino se respirata attraverso lo schermo di un pc o di uno smartphone.

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Cristina Viggè
2020-05-09T12:45:41+02:00

Fabio Longhin - Foto by Scattografia

Fabio Longhin: pensiero liquido

“Il livello di energia è alto. Molto più di prima. Le consegne a domicilio mi hanno dato e continuano a darmi grandi soddisfazioni. Anzi, il mio bacino di utenza si è persino allargato. L’80% degli ordini viene da fuori dal comune”. Ha grinta e forza Fabio Longhin, capitano della pasticceria che, in quel di Olgiate Olona (Varese), porta il suo nome e pure quello di mamma Chiara. Che, con papà Gianni, diede vita sia a lui (nel 1978) sia alla dolce boutique (nel 1974). Uno in perenne movimento concettuale Fabio. “Sì, il termine che meglio mi rappresenta in questo momento è liquido”, continua il pasticcere. Orgoglioso di aver inserito un e-shop in continuo aggiornamento. Fatto su misura per ordinare e vedersi recapitare a casa le ghiotte proposte. “Il delivery è una macchina che sta funzionando, ma la devo ancora imparare a guidare. Mentre sta andando”. A conferma di un agire fluttuante.


Riprese a cura di Enrica Guariento a Identità Golose 2019


Per capire basta pensare alla delizia lanciata sul mercato qualche mese fa. Quasi una premonizione: “Delirium”. Un panettone in vasocottura - da “curare” con una siringa di caffè - pronto a raccontare un cortocircuito fra reale e virtuale, connessione e distacco, vicinanza e lontananza, attenzione e immaginazione, emotività e razionalità. Che Fabio mette in tutto ciò che fa. Coniugando rigore ed estro. Anche adesso. Che oltre a presentare torte, frollini, babà, mignon e varie golosità, propone il kit da colazione in versione delivery. Summa di brioche alla crema, muffin alla vaniglia e frutti di bosco, biscottini e succo al mandarino homemade. Per continuare a sognare, appena svegli. Formula che vale pure per l’aperitivo, reunion di gin, tonica al fieno by Baladin, giardiniera fatta in casa, croissant salato, panino al latte e panino nero col lonzino del salumificio Bustese. Giusto per far luce sulla bella terra di Varese.


La Pasticceria Chiara di Fabio Longhin riaprirà a Olgiate Olona (Varese). Intanto Fabio ci propone la ricetta dei suoi frollini al farro monococco, cioccolato fondente e sale.


❓Torneremo a sognare ad occhi aperti❓
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Cristina Viggè
2020-05-09T12:57:29+02:00

Foto di Bessi da Pixabay

Leggi l'articolo su forbes.it

Sapremo ancora nutrirci di desideri?

“La realtà non è mai come la si vede: la realtà è soprattutto immaginazione”. Celeberrima questa frase dell’artista belga René Magritte. Il pittore dei sogni, l’ambasciatore surrealista di un illusionismo onirico capace di elevare a grado di magia un qualunque oggetto del quotidiano. Dall’orologio alla bombetta, dal pettine alla pipa. Immaginare è un'esigenza. Da esseri umani abbiamo bisogno di vedere e di vivere incantandoci e sorprendendoci: davanti a un quadro, una scultura, un paesaggio, un assaggio. Abbiamo necessità di emozionarci. Perché ogni emozione, immancabilmente, cela un sogno che si avvera. Persino Anton Ego, gustando la ratatouille, s’illumina d’immenso, ancorando il momento al sapore dello stesso piatto preparato dalla madre, quand’era piccino. In una lettera a Milano e all’Italia, Marco Balich, il creatore dell’Albero della Vita per Expo Milano 2015 (quando rivestì pure il ruolo di direttore del Padiglione Italia) scrive: “Si dovrà recuperare la qualità a discapito della quantità, anche nelle esperienze. Mi interrogo quindi su cosa sia davvero necessario. Personalmente credo che abbiamo bisogno di essere umani, di avere contatti ed emozioni. È così da tremila anni, il teatro greco e la piazza come luogo per la comunità esistono da allora. Questo è ciò di cui la gente avrà sempre bisogno: tornare a sognare e ritrovarsi in una grande passione collettiva” (tratto da un articolo di forbes.it). Intanto? Marco Mengoni canta “Credo negli esseri umani”. Che si nutrono di poesia, ironia, amore e coraggio. Del resto, si sa: cuore, palato, occhi, udito e tatto sono inscindibilmente legati alla mente. E quindi alla fantasia, all’estro, alla creatività e ai sogni.

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Cristina Viggè
2020-05-21T17:13:03+02:00

Patrick Zanoni - Foto di Enrica Guariento

Patrick Zanoni: pizza en plein air

“Sono artigianali. Tutti in legno. Li ha fatti a mano mio padre Giuseppe”, racconta Patrick Zanoni, facendo riferimento ai tavolini e alle sedute da posizionare all’aria aperta. “Sì, li distribuiremo nel grande prato che si estende vicino al locale. Un ampio spazio all’aperto, dove vorremmo proporre la pizza il sabato e la domenica a pranzo. In versione picnic. Tanto un forno da esterni per le cotture ce l’ho già. Il cliente arriva, ordina la pizza e poi la mangia in totale libertà e nel massimo relax sull’erba. Anzi, il bello sarebbe integrare la proposta con un circuito di passeggiate organizzate. Anche per valorizzare meglio il territorio”, continua Patrick. Che col fratello Gianluca - l’uomo di sala - guida il ristorante-pizzeria Rock 1978, a San Faustino di Bione. In quella terra bresciana che se ne sta fra il Lago di Garda e il Lago d’Iseo. Fra i bucolici e verdi paesaggi della Valle Sabbia. Un habitat ideale per assaporare la pizza en plein air. Immersi nella natura.



Pizza da degustazione by Patrick Zanoni - Foto di Enrica Guariento


Un sogno che sta divenendo realtà. Un sogno che va a completare un’insegna avviata nel 1978 proprio da papà Giuseppe. “La battezzò Rock, ricordando il soprannome di suo padre, nonno Giovanni. Noto a tutti come Roc, roccia. Un uomo determinato, tutto di un pezzo”, spiega il giovane Patrick. Caparbio e tenace pure lui. Orgoglioso di guardare avanti, ma anche di concentrarsi sul presente. Il che significa servizi di consegna a domicilio e asporto. Sia per le classiche pizze tonde sia per quelle da degustazione. Declinate in tre varianti di impasto. E corredate di tutte le istruzioni per l’uso. E volendo? Si possono anche ordinare i vini, le birre e le bevande in carta. Ma non solo. “In aggiunta proponiamo anche il nostro gelato. Le mie sorelle Liliana e Laura seguono tre gelaterie a Odolo, Tormini e Vestone. Le consegne sono andate benissimo. E ci piacerebbe mantenere il delivery anche nel periodo invernale. Così da destagionalizzare il gelato”. Un altro sogno nel cassetto. Da realizzare e ottimizzare grazie a un’app.


Il ristorante-pizzeria Rock 1978 di Patrick Zanoni riaprirà a San Faustino di Bione (Brescia). Intanto Patrick ci propone la ricetta della sua pizza in teglia.


❓Avremo ancora sogni da realizzare❓
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Cristina Viggè
2020-05-21T17:37:32+02:00

Guardando il cielo - Foto dell'Hotel Tyrol

Leggi l'articolo su viaggi.corriere.it

Vorremo ancora la luna?

Si chiama “Sogno sotto le stelle” ed è la proposta romantica, esclusiva e limited edition firmata dall’Hotel Tyrol a Selva di Val Gardena. Un pacchetto di cinque notti, in cui ne spicca una davvero speciale. Da trascorrere in coppia lontano da tutti e da tutto: raggiungendo a piedi (accompagnati da una guida esperta) la baita Juac (di proprietà dell’albergo), a duemila metri di quota. Nel magico scenario dolomitico. Dove cenare tra fuoco e candele, assaggiando le prelibatezze dello chef Alessandro Martellini; ascoltare un concerto di strumenti a plettro; osservare la volta celeste con un binocolo astronomico; dormire tuffati nel silenzio e risvegliarsi respirando il profumo dell’erba. Per poi ridiscendere, facendo merenda in una malga. Un sogno… possibile.


Cena esclusiva alla Baita Juac dell'Hotel Tyrol

Come un sogno potrebbe essere un iter sul treno Al Andalus, uno dei Trenes Turísticos de Lujo de Renfe, veri alberghi che corrono lungo rotte (e rotaie) spagnole. Oppure? Concedersi un viaggio sul Venice Simplon - Orient Express, targato Belmond. Realtà specializzata in luxury experience, declinate pure in hotel, safari e crociere fluviali. Un sogno. Come quello di scoprire Madrid, percorrendo itinerari inediti. Come quello di avere un ristorante tutto per sé. Certo. Tutto è possibile. Il ristorante TreQuarti della vicentina Val Liona, per celebrare i suoi primi dieci anni, ha lanciato il progetto 10x10. Mission: nei primi dieci giorni di riapertura, prendere una sola prenotazione al dì. “I nostri ospiti avranno quindi il ristorante tutto per loro, indipendentemente dal numero di ospiti complessivi, garantendo quindi la massima sicurezza di ogni commensale. Dopo poche ore dalla comunicazione, avevamo già riempito metà delle serate disponibili”, spiega lo chef patron Alberto Basso. Un sogno. Come quello di raggiungere un traguardo professionale. Magari avviando una nuova attività e cambiando vita. Per dar forma a un desiderio tenuto per troppo tempo dentro un cassetto. Sogni. Che questo periodo di pandemia ci ha insegnato a inseguire e, soprattutto, a non tradire.

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Cristina Viggè
2020-06-10T14:07:16+02:00

Antonio Guida - Executive chef del Mandarin Oriental, Milan

Antonio Guida: viaggi, incanti e lucide follie

“Ad oggi siamo sempre pieni. Ho persino due tavoli in lista d’attesa”, svela al telefono, comprensibilmente felice, Antonio Guida. L’executive chef del Mandarin Oriental, Milan. Posizionato in uno strategico crocevia cittadino: laddove il Quadrilatero della Moda si fonde con il quartiere artistico di Brera e con la zona più finanziaria della city lombarda. Non a caso, qui prima stava Palazzo Confalonieri, ospitando poi i funzionari dell’Esattoria Civica Milanese, e dopo ancora La Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. Un luogo crossover, oggi pregno di straordinario fascino. Anche grazie al progetto di ristrutturazione firmato dallo studio Antonio Citterio Patricia Viel Interiors. Capace di creare un’ideale crasi fra l’heritage orientale e il concetto di dimora meneghina. Fra il viaggio, il desiderio e la realtà urbana. Fatta di atri, corti e di una sensibilità domestica e quotidiana. 


Il Mandarin Bistrot & Bar

Un luogo denso di bellezza, che ha riaperto le porte del suo ristorante e del suo Mandarin Bistrot & Bar. Visto che vi si può accedere direttamente anche da via Monte di Pietà. Antonio è concentrato sul suo lavoro, così come tutto il suo staff, di cui fanno parte pure l’executive sous-chef Federico Dell’Omarino, l’head sommelier Andrea Loi e il pastry chef Nicola di Lena. Le cui proposte - per la parte bistrot - finiscono addirittura su una vetrina dei desideri: un carrello in bronzo dai molteplici vassoi, firmato dall’architetto Citterio. Per dar giusta luce alla pasticceria, in un ambiente optical, nutrito da marmi bianchi e neri, interpretati in geometrici pattern. 


La sala del Seta

Antonio Guida, Federico Dell'Omarino e Nicola Di Lena

E poi c’è il Seta. Lo spazio di massima espressione di Antonio. Un salotto serico, raffinato, sofisticato. Nutrito dal legno e da tessuti verdi, in pendant con i marmi utilizzati per gli stipiti delle finestre. Nulla è lasciato al caso. Tutto qui è coerente. E segue la fluida corrente mentale di Guida. Classe 1972, radici salentine (a Tricase, in provincia di Lecce) e uno spirito glocale. Ossia proiettato sul mondo, ma tenendo sempre i piedi per terra. In curriculum? Pierre Gagnaire a Parigi, l’Enoteca Pinchiorri di Firenze, il Don Alfonso di Sant’Agata sui due Golfi e La Terrazza dell’Hotel Eden di Roma. Sino a volare al Pellicano di Porto Ercole, sulla costa dell’Argentario. Dove si aggiudica due stelle Michelin. Riconfermate sulla via della seta. 


La corte interna del ristorante Seta

Anzi, “Sulla via del Seta”, come si chiama uno dei due menu degustazione proposti (l’altro è “Un’estate a Milano”). “Certo, poi è anche possibile ordinare à la carte, pescando le pietanze dai due tasting menu”, precisa Antonio. Cosa saggia e giusta. Per crearsi il proprio itinerario. E realizzare il proprio sogno. Fra ostriche, patate, caviale e Champagne; risotto con lampone e asparagi; spaghetti con anemoni di mare, capesante, limone nero e crema di ravanelli marinati; e agnello al vadouvan (aromatica miscela di spezie fermentate), crema di cavolfiore e mandorla, yuzu e animella croccante; e cioccolato con chantilly al muscovado, kumquat, salsa speziata e gelato al grué di cacao (by Di Lena). Non dimenticando i piatti del “Summer in Milan”, come i carciofi al frutto della passione, fagiolini e pistacchio; gli gnocchi con zuppetta di granseola, frutti di mare al coriandolo e cocco; nonché triglia e scampi con funghi marinati e sedano rapa al tandoori. Della serie: l’urbe, il mare e le terre lontane. 


La Saletta Duomo, realizzata in collaborazione con Fornasetti

Antonio miscela. Vicino e lontano. Materia e pensiero. Realtà e immaginario. Concretezza e “pratica follia”. Dimensione indagata soprattutto nella Saletta Duomo, realizzata in tandem con l’atelier Fornasetti, ennesima espressione di creatività milanese. Un saletta intima, riservata e ovattata, tuffata nel linguaggio onirico, visionario e surrealista di un artista eclettico come Piero Fornasetti (cui è dedicata anche una suite dell’hotel). Uno spazio che prende forma attorno a un elemento decorativo: il pannello Duomo Sommerso, a sua volta ispirato al celebre paravento fornasettiano - in legno stampato, laccato e dipinto a mano - degli anni Cinquanta. Traducendo la Cattedrale in un mondo sospeso, fluttuante e illusorio, fatto di acqua e di pesci colorati. Ai lati? Una selezione di piatti della collection Cupole d’Italia, omaggio all’architettura nazionale e milanese. E ancora, le angoliere gemelle. In cui il volto della soprano Lina Cavalieri - musa prediletta da Piero (ma anche la “donna più bella del mondo” secondo le cronache mondane di fine Ottocento) - incontra madrepore, alghe e conchiglie. Dando vita a un immaginario atlante di biologia marina. Non da ultimo il décor Nuvolette, carta da parati disegnata dal figlio Barnaba - e prodotta da Cole & Son - che va a rivestire il soffitto. Fiero di sublimare in cielo. Quando l’ornamento diviene elemento cardine del sogno. 


Il ristorante Seta by Antonio Guida e il Mandarin Bistrot & Bar del Mandarin Oriental, Milan hanno riaperto a Milano. 


❓Sapremo ancora dar forma a lucide follie❓
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Cristina Viggè
2020-06-10T16:56:58+02:00

Il Posta Mangieri, dove prenderà forma anche la Pizza Farm by Francesco Martucci

Leggi l'articolo sul gamberorosso.it

Faremo ancora follie?

Folle folle folle idea quella di dar vita a nuovi progetti in tempo di lockdown. Eppure? C’è chi lo fa. E anche alla grande. È il caso (emblematico) di Francesco Martucci, capitano coraggioso de I Masanielli di Caserta (che, nel frattempo, ha riaperto i battenti). Una lucida (e pratica) follia la sua: creare una Pizza Farm in Puglia. Precisamente nella silente, terragna e assolata campagna dell’Alta Murgia barese. A Corato. Anzi no. A circa sette chilometri dal centro abitato: in località Piede Piccolo. Dando forma a una sorta di upgrade di una realtà già presente in loco: il Posta Mangieri, agriturismo e azienda agricola (di ben cinquanta ettari) della famiglia della sua compagna - nonché pastry chef dei Masanielli - Lilia Colonna. Nativa coratina. Come la celeberrima oliva.


Francesco Martucci, patron de I Masanielli di Caserta

Tutto torna. A cui si aggiunge il fatto che sia la nonna materna che paterna di Francesco sono pugliesi: rispettivamente della foggiana Cerignola e della brindisina Torre Santa Susanna. Un progetto visionario. Che guarda al futuro tornando alla terra, all’agricoltura e alla ruralità. Un progetto differente. Orgoglioso di prendere vita lontano da tutto e da tutti. Ma si sa, Martucci è un fuoriclasse e ama esprimersi fuori dal coro (e pure dal chiasso). In programma anche la ristrutturazione di una quarantina di trulli. Nonché la valorizzazione delle erbe spontanee di cui è generosa la zona.


I dintorni del relais Riserva di Fizzano, a Castellina in Chianti

Ma anche in Toscana qualcosa di bello accade. Il relais Riserva di Fizzano, a Castellina in Chianti (Siena) - di proprietà dell’azienda vitivinicola Rocca delle Macìe - affronta una novella sfida. Quella di aprire le porte all’esperienza gourmet, nel cuore del suo borgo medievale. “Il nome della nostra osteria, Passo dopo Passo, sintetizza la filosofia e i valori che sono alla base della nostra storia imprenditoriale e che ci hanno condotto fino a questo nuovo progetto. Offriremo piatti che hanno alla base la genuinità dei sapori della nostra terra, valorizzati dall’esperienza di un grande chef e arricchiti dalla produzione, stagione dopo stagione, dei frutti dei nostri orti. Abbiamo cercato a lungo uno chef che condividesse la nostra idea di ospitalità, quella che si basa su esperienze sensoriali legate in modo stretto al calore di famiglia. E lo abbiamo trovato a pochi passi da casa nostra”, spiega Sergio Zingarelli, patron della maison. Presentando ufficialmente Maurizio Bardotti. 


Lo chef Maurizio Bardotti e Sergio Zingarelli, patron di Rocca della Macìe

“Faremo un bellissimo lavoro per la sintonia che condivido con questo luogo e per l’atmosfera che qui si respira, insieme a una brigata giovane e motivata e all’entusiasmo della famiglia Zingarelli. La mia cucina si fonda sui sapori della nostra regione. La cucina toscana mi ha permesso di essere quello che sono diventato. Proporrò piatti che partono da queste basi affinate con nuovi sapori. Perché come il vino, anche i prodotti di ciascun territorio conservano la loro identità e la trasferiscono nel piatto per offrire delle sensazioni uniche e inimitabili. Riparto con orgoglio da una cucina toscana con l’obiettivo di arrivare, passo dopo passo, a quell’oltre che mi ha regalato grandissime emozioni”, commenta felice Maurizio. 


Gli interni del nuovo Falkensteiner Club Funimation Garden Calabria

Intanto? Sul mercato italiano accende i riflettori pure un gruppo alberghiero quale Falkensteiner Hotels & Residences. Che, muovendo i passi - nel lontano 1957 - da una piccola pensione altoatesina - si è trasformato in un colosso dell’accoglienza. Facendo parte - insieme a FMTG Development e a Michaeler & Partners - di Falkensteiner Michaeler Tourism Group. Sempre tenendo fede a quattro travel motives quali “active, entertainment, deceleration e indulgence”. E creando esperienze uniche e sartoriali. I nuovi approdi? Eccoli. A luglio apre il Falkensteiner Club Funimation Garden Calabria, in località Torre Mezza Praia, ad Acconia di Curinga, Catanzaro (un progetto siglato Tage - Tauber Gerhard di Bressanone); sempre a luglio riapre il Falkensteiner Hotel & Spa Anterselva, in provincia di Bolzano, con 23 nuove camere (un progetto targato Baukraft, sempre di Bressanone); e a novembre inaugura il Falkensteiner Hotel Kronplatz a Plan de Corones, grazie al tratto creativo di Matteo Thun. Che firma anche Jesolo Living Apartments, elegante complesso turistico di 42 appartamenti, abitabili a partire da inizio 2021. Mentre per il 2022 è prevista l’apertura siciliana del Falkensteiner Hotel Licata, progettato dallo studio di architettura Vudafieri Saverino Partners di Milano. Che, in tandem con lo studio di architettura G22Projects di Lana, mette il timbro sul futuro Falkensteiner Hotel Cortina.


La piscina esterna del Falkensteiner Hotel & Spa Anterselva

“Il fattore decisivo per il nostro successo è rappresentato dal fatto che ci siamo sempre visti come un'azienda di famiglia e non abbiamo mai dimenticato le nostre radici altoatesine. Il nostro motto Welcome Home è sentito dai nostri ospiti, che tendono sempre più a fidelizzarsi e a soggiornare nei nostri hotel, proprio perché sanno di poter contare su un’accoglienza calorosa e personale e su servizi di qualità molto specifici e sempre attuali, legati fortemente alla destinazione. In oltre 60 anni di storia, abbiamo visto un apprezzamento crescente, che ci ha permesso di essere riconosciuti al di fuori della nostra area di provenienza. Proprio questo ci spinge ad espanderci e ad offrire servizi sempre più attenti alle esigenze dei viaggiatori contemporanei”, dichiara Erich Falkensteiner, presidente del gruppo. Lucidissime follie.



Cristina Viggè
2020-06-17T15:52:01+02:00

Francesco Paonessa al Sigep 2020 - Foto di Paolo Terlizzi

Francesco Paonessa: pane, pizze and more

“Essendo un’impresa artigiana noi non ci siamo mai fermati. Il pane, per esempio, lo abbiamo continuato a fare. Sempre. Quello casereccio e quello campagnolo. Ma anche i bocconcini al latte e una serie di filoni: all’uva, alle noci e fichi, e alle mandorle e nocciole. Utilizzando l’integrale Petra 9, per meglio esaltare il gusto”, racconta Francesco Paonessa. Che, in quel di Settimo Torinese, guida una bakery talmente dinamica ed eclettica da aver avuto il coraggio di aggiungere “Elite" e “More” nell’insegna. A sottolineare la qualità ma anche la costante voglia di fare, pensare, sperimentare e creare di Francesco. “Siamo in evoluzione continua. Cerchiamo sempre di inserire novità all’interno della produzione. Senza fermarci mai. Insomma, un sogno che piano piano si sta avverando”. Dando fiato a un altro sogno: quello di papà Tonino e mamma Saveria, che inaugurano il locale nel lontano 1980. 


Riprese a cura di Marco Gallocchio allo stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020

Pane, ma anche grissini, rigorosamente stirati a mano. E poi la pizza al tegamino, tipica di Torino, di cui Francesco va davvero fiero. “Grazie a lei, durante l’emergenza, abbiamo anche conquistato qualche nuovo cliente, con il delivery. Che continuiamo a portare avanti. Soprattutto la sera”, svela l’artigiano. “Praticamente sono diventata persino un fattorino”, aggiunge simpaticamente Miriam, moglie di Francesco, frontwoman del locale e costantemente in prima linea. “E siamo pure orgogliosi di aver offerto per quattro mesi, tutti i giorni, le brioche alla Croce Rossa di Settimo”, precisa. Mostrando l’attestato di stima e riconoscenza con cui la Croce Rossa li ha ringraziati ufficialmente. “E comunque le nostre brioche piacciono tantissimo. E vanno moltissimo. Così come le pizze. Faccio anche quelle in teglia e al mattone. Poi preparo la farinata, i calzoni e una pizza al grano duro. Bella rustica, con un po’ di pomodoro pelato schiacciato, oppure con la cipolla”, continua Paonessa. Che certo non dimentica le fette biscottate, i biscotti, i brutti e buoni, i mignon e i dolci lievitati. Rimane il sogno di dare alla città un bacio. Sì, il “Bacio di Settimo”. Ma caparbio com’è metterà a punto pure questa delizia. 


Elite Bakery and More... di Francesco Paonessa è aperto a Settimo Torinese (Torino). E Francesco ci propone la ricetta delle sue fragranti e artigianali fette biscottate.


❓Si può vivere senza sogni e senza bellezza❓
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Cristina Viggè
2020-06-17T16:53:19+02:00

Seppia alla Veneta dedicato a “Lucio Fontana”:
dal menu M.O.M.A. - Menu Opere Movimenti Artistici di Daniel Canzian - Foto di Andrea Fongo

Leggi l'articolo su arte.it

Come salveremo la bellezza?

La bellezza può salvare il mondo. Ne è convinto lo scultore pietrasantino Massimiliano Pelletti, impegnato al Marca - Museo delle Arti di Catanzaro nella personale - a cura di Alessandro Romanini - Looking Forward to the Past: trenta opere che rielaborano in chiave dinamica il concetto di classicità. «Durante tutto il lockdown mi sono svegliato sempre molto presto, la luce del mattino mi riportava alla mia infanzia, quando nello studio di mio nonno scultore imparavo a riconoscere la bellezza attraverso i giochi di luce che si posavano sulle statue di marmo. Credo che per riportare la bellezza e la poesia nella vita di ciascuno di noi dopo un periodo così difficile, la figura di chi fa arte sia fondamentale. Ogni tanto mi capita di pensare a quanto la nostra società si sia imbarbarita e faccia difficoltà nel riprodurre qualcosa di bello, come invece la nostra tradizione è riuscita a fare nei millenni. Riscopriamo le nostre origini e tradizioni e impariamo a tirare fuori la bellezza e le qualità che da sempre ci hanno contraddistinto. Io trovo ispirazione in questa frase di Gustav Mahler: Tenere vivo il fuoco e non adorare le ceneri”, racconta l’artista nel bel mezzo di una conferenza digitale organizzata dall’agenzia di comunicazione DOC-COM, all’interno della visionaria rassegna Tempo di Rinascita - Scenari, idee, progettualità (qui la serie completa delle conferenze).

L'artista Massimiliano Pelletti

La bellezza salverà il mondo. Ma chi salverà la bellezza? Forse proprio il digitale. “Il digitale sarà un vero e proprio materiale per la creazione di contenuti: se Michelangelo, nel Cinquecento, sceglieva accuratamente il marmo della Versilia per le sue opere, oggi il digitale può trasformare qualsiasi pensiero immateriale in un’opera d’arte”, spiega (sempre nel corso della conference) l’esperto d’arte e di mercato Giacomo Nicolella Maschietti. E naturalmente il mecenatismo digitale può fare la sua parte. La conferma? Giunge dal progetto “Taste food, save art”, che mette in connessione un ristoratore, un restauratore e un’opera d’arte. Come? Grazie alla piattaforma pART, specializzata nel restauro di arte (antica, moderna, contemporanea), fotografia e street art. “Questa specifica iniziativa è nata dall’idea di voler dare un contributo concreto e immediato al settore dei beni culturali e alla ripartenza della ristorazione, due tra le eccellenze italiane, coinvolgendo il pubblico nella tutela del nostro patrimonio artistico in maniera semplice e partecipativa, nonostante il momento storico che stiamo tutti vivendo. Un’iniziativa di pArt che, grazie alla partecipazione del grande pubblico e alla sinergia del mondo dell'arte e della grande cucina, vedrà realizzare il restauro di tre importanti opere d’arte nelle città di Roma, Firenze e Milano, simbolo del duro momento che ha afflitto l'Italia e gli italiani. In sintesi, unire sapori e saperi, restauratori e ristoratori in un unico bel progetto condiviso a sostegno della nostra cultura”, spiegano Maddalena Salerno e Lelio Orsini, fondatori della lungimirante piattaforma, capace di far dialogare antichità e modernità.


Filippo Saporito e Ombretta Giovannini, alla guida della Leggenda dei Frati di Firenze

Lo chef Arcangelo Dandini del ristorante L'Arcangelo di Roma

Lo chef Daniel Canzian di Milano con la Sfera di cioccolato omaggio ad Arnaldo Pomodoro 

Il meccanismo è semplice. Per contribuire al finanziamento dell’opera è sufficiente acquistare un voucher online (del costo di 95 euro e valido per un anno), ricevendo in cambio una cena (un menu degustazione per una persona, comprensivo di antipasto, primo, secondo, dolce e un bicchiere di vino) in un grande ristorante, nonché una stampa in limited edition realizzata dall’illustratrice Cinzia Franceschini per Slurp, altra piattaforma di stampe creative, dedicate agli amanti del design e della cucina. I protagonisti? Eccoli. A Firenze, lo chef stellato Filippo Saporito, presidente dei Jre Italia e patron della Leggenda dei Frati (nel contesto di Villa Bardini, fra giardini e museo dedicato a Pietro Annigoni) concorre per il restauro della celebre Annunciazione del Beato Angelico, ospitato nel Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno. A Roma, Arcangelo Dandini dell’Arcangelo si fa complice del restauro del trecentesco Trittico del Salvatore, custodito nella Cattedrale di Anagni (non lontano da Rocca Priora, città d’origine dello chef). E a Milano, nel cuore di Brera, Daniel Canzian, vicepresidente dei Jre Italia e capitano del ristorante che porta orgogliosamente il suo nome, si fa carico del restauro di un dipinto su carta di Giancarlo Sangregorio, conservato dall’omonima Fondazione nella varesina Sesto Calende. Mentre i maestri restauratori sono Antonio Iaccarino Idelson, Camilla Mazzola e Giovanni Gualdani. Grazie al generoso contributo degli chef, infatti, metà del ricavato dei voucher verrà stanziato per finalizzare la rimise en forme delle opere, ciascuna legata alla regione d’appartenenza dei cuochi stessi. 

Una delle stampe di Slurp

“Quando mi è stato proposto di partecipare a questo progetto ho accolto l’iniziativa con estremo piacere. Per me la cucina italiana è un’identità plurale composta dalle diverse culture gastronomiche regionali, nata dallo stretto legame fra tradizione e territorio. È pura arte, al pari dei luoghi dove è nata e vive. Pensate alla bellezza di Firenze, Roma, Siena, Venezia, Milano: il territorio italiano detiene il 70% del patrimonio storico-artistico mondiale”, commenta Daniel Canzian, fiero di concorrere al progetto. Lui che all’arte ha persino intitolato un intero tasting menu quale il M.O.M.A, ossia Menu Opere Movimenti Artistici, creato in combo con l’amico artista Libero Gozzini. Traducendo in pietanze le mirabilia di iconici esponenti dell’ars. Per un itinerario che inanella la Riflessione sui brodi di Leonardo da Vinci; l’Achrome d’uovo in cereghin; il Minestrone “estivo” milanese in versione contemporanea; il Divisionismo in cucina… un risotto Expo-nenziale (anno 2015); la Seppia alla Veneta dedicato a “Lucio Fontana”; il “Manierismo” di faraona (la faraona in crosta di argilla, il toast di coscette e il mitico ragù “Ada”); e la Sfera di cioccolato omaggio ad Arnaldo Pomodoro (dessert della prima della Scala 2018).


Cristina Viggè
2020-06-25T15:04:15+02:00

Il pasticcere Denis Buosi

Denis, Andrea e Lorenzo Buosi: di padre in figli

Era il suo sogno. Sin da piccolo. E non solo è riuscito a realizzarlo, ma pure a trasmetterlo ai propri figli: Andrea e Lorenzo. Pasticcere e cioccolatiere eclettico e poliedrico, Denis Buosi ha saputo dar forma ai propri desideri, costruendo un mondo nutrito da una passione e un entusiasmo contagiosi. Ben due infatti le insegne che portano impressa la grande “B”: una a Venegono Superiore, laddove papà Ermes e mamma Rosi diedero il via all’avventura nel lontano 1958; e un’altra nel cuore di Varese. Con corredo di un nuovissimo spazio all’aperto, direttamente in Piazza Beccaria. Della serie, quando la pasticceria si allarga e diviene un salotto urbano en plein air. Perfetto per la colazione, per il tè del pomeriggio, ma pure per il pranzo e per l’aperitivo. In città infatti, il sabato e la domenica, l’orario (continuato) si allunga sino alle 21. Mentre il lunch si fa ricchissimo di proposte. Una vera food experience. Capace di dar respiro alla versatile creatività di Denis, con la sapiente accoglienza di Lorenzo. Ecco allora la new collection di panini gourmet - con il bread homemade - e la linea di piatti in vasocottura. In perfetto stile prêt-a-manger.

Riprese a cura di Marco Gallocchio allo stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020


Il pasticcere Denis Buosi riceve la targa di Petra Selected Partners al Sigep 2020 - Foto di Paolo Terlizzi

Ma se la boutique Varese ha il suo spazio in piazza, l’headquarter di Venegono Superiore - sede anche del lab e della B-Academy - ha addirittura un giardino. Per regalarsi una pausa tuffati nel verde, fra sedie e ombrelloni. “Organizzeremo anche alcune serate a tema. Una sorta di apericena nel garden”, annuncia felice Denis. Che, a fine maggio, ha già mandato in scena “Spritz e Pizza”, confermando un'idea dinamica e contemporanea di pasticceria. Che certo non dimentica il suo lato summer. Concentrato nella torta Tropical: una frolla alle mandorle con frutti esotici, impasto di babà al passion fruit e cremoso al mango e frutto della passione. Per sentirsi al mare o all’ombra di una palma. Una delle riuscite sperimentazioni di Andrea, al fianco del padre in laboratorio. Una vera promessa, premiata dal gradino più alto del podio al Campionato Italiano di Pasticceria Juniores 2019. Andrea, che guarda il mondo da un Oblò e non si annoia nemmeno un po’. Giusto per ricordare la sua più nota creatura: una mousse di cioccolato bianco e vaniglia, pan di spagna profumato agli agrumi, composta di arancia candita e sablé al cacao. Della serie, buon sangue non mente.


Andrea, Denis e Lorenzo Buosi

Intanto? Un must rimane il Buosino: summa di cioccolata calda e caffè, con topping di schiuma di latte e granella di cioccolato fondente. Servito in tazza trasparente, con corredo di chocolate spoon. Un’icona, proposta calda per l’inverno, fredda per l’estate e in versione soft con il gelato. Altro cult by Buosi. Che ha pensato persino alla declinazione “barattolino”, allegro e vivace. Una monoporzione monogusto da cento grammi, con palettina incorporata nel coperchio. Perfetto da mettere nel freezer o da consumar passeggiando. Senza dimenticare la vasta gamma di torte fresche e da forno, la linea breakfast e la salutare compilation di succhi, creme e confetture di frutta. Per piccoli desideri. Alla portata di tutti. 


La Pasticceria Buosi di Denis Buosi ha riaperto in entrambe le sedi: Venegono Superiore e Varese. Intanto Denis e Andrea ci propongono la ricetta del loro croissant di segale e avena con grué di cacao e miele.


❓I sogni possono essere democratici❓
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Cristina Viggè
2020-06-25T17:45:46+02:00

Un raffinatissimo soggiorno sul Lago di Como al Filario Hotel & Residences

Leggi l'articolo su milanoevents.it

E se ci fosse una democrazia dei sogni?

I sogni son desideri. Meglio ancora se si possono realizzare. È quello che si propone di fare un portale di nuova generazione come Lovebond.it, evoluzione di quel Dinnerbond.it nato in pieno lockdown, la cui mission possible era e continua ad essere quella di mettere in vendita, a un prezzo speciale, dei voucher per un pranzo o una cena al ristorante (di valore nettamente superiore a quello pagato). Un modo per ripartire, per ricominciare a sognare. Non abbassando la qualità. Certo. Perché l’oste e il ristoratore non rinunciano alla propria identità, proponendola semplicemente a un costo calmierato. E, da parte sua, il commensale può esaudire un desiderio, magari rimasto per troppo tempo nel cassetto. Senza nessun compromesso. Senza nessuna via di mezzo. Grazie a una democrazia del sogno.

Il Filario Hotel & Residences, a Lezzeno, sul Lario

Aperitivo al Filario Hotel & Residences

Un bel progetto, oggi aperto anche all’hospitality made in Italy. Il che significa alberghi, resort, relais, dimore d’epoca, agriturismi. Ma anche un percorso wellness, un giro in mongolfiera, una crociera in barca. Perché no? L’idea è proprio quella di offrire esperienze possibili e raggiungibili. “Vogliamo che Lovebond.it sia uno strumento che le persone possano usare per far star bene sé stessi e gli altri. Tutto ruota intorno all’amore, in primis quello per l’Italia e le sue bellezze. Il nostro intento, infatti, è quello di valorizzare innanzitutto il nostro Paese, i nostri borghi, la nostra cultura, facendo scoprire realtà che, seppur diverse tra loro, esprimono al meglio l’ospitalità italiana e le esperienze ad essa legate”, spiega Paolo Colapietro, uno dei co-founder del portale.


Il Grand Hotel Parker's di Napoli: un cinque stelle lusso

Il Grand Hotel Alassio Resort & Spa, in provincia di Savona


Mentre Massimo Giannuzzi, altro co-founder, fa luce sull’ampia visione del progetto: “Il nostro obiettivo è quello di realizzare un vero e proprio co-marketing con i nostri partner, guardando in prospettiva anche ai mercati esteri, al fine di valorizzare sempre più le strutture e le location italiane. Forti del successo riscosso da Dinnerbond.it, con migliaia di voucher venduti in poche settimane di attività, abbiamo deciso di fare un ulteriore upgrade dando vita a Lovebond.it, il cui focus sarà inizialmente rivolto al mondo dell’ospitalità per poi ampliare l’offerta a tutte le esperienze uniche ed esclusive, riassumibili nel nostro claim: All you can love”. Alla propositiva iniziativa hanno già aderito parecchie strutture: dallo charmant Dominio di Bagnoli (nel Padovano) al Filario Hotel & Residences sul Lago di Como, dal Grand Hotel Alassio Resort & Spa al Grand Hotel Parker’s di Napoli.

 Il Dominio di Bagnoli, a Bagnoli di Sopra, Padova

“Siamo felici di poter cogliere questa opportunità aprendo a Lovebond le porte del Dominio di Bagnoli, un complesso unico che vanta mille anni di storia. L’agriturismo, frutto del restauro delle antiche scuderie, ci permette di accogliere i nostri ospiti in un contesto dal grande fascino che, grazie agli ampi spazi e alla piscina adiacente, offre la possibilità di apprezzare la nostra meravigliosa realtà in totale sicurezza”, dichiara Laura Borletti, proprietaria della bella tenuta veneta, corredata di cantina. E Gianluca Borgna, general manager del lussuoso albergo di Alassio, aggiunge: “Proviamo a rendere memorabile ogni soggiorno dei nostri ospiti con un approccio family friendly, immersi in scenari di un’eleganza d’altri tempi. Con Lovebond vi diamo il benvenuto in Talassio Collection, un nuovo concept le cui parole d’ordine saranno lusso su misura, wellness, sport, alta cucina e relax”.


La Guida InGruppo 2020

Ma non finisce qua. E la ristorazione bergamasca si mette (ancora) in prima linea. Grazie a InGruppo: network, rete, squadra, guida, format, modello di ristorazione che fa dell’unione la sua vera forza. Coinvolgendo una ventina di insegne fra cui molte stellatissime. Una realtà corale - capace d’aver pure contagiato Milano, Monza e Brianza e Sondrio - che torna a proporre la sua celebre iniziativa, pensata per avvicinare tutti all’haute cuisine, bloccata per colpa del lockdown e rilanciata come InGruppo Reload. Così, fino al 7 agosto, si potranno assaggiare straordinari menu al prezzo di 60 euro. Eccezion fatta per Da Vittorio, a Brusaporto; Sadler ed Enrico Bartolini - Mudec a Milano (che propongono il tasting menu a 120 euro). Una formula intelligente, che rende democratico il lusso dell’eccellenza.


Cristina Viggè
2020-06-28T17:51:55+02:00

Simone Salerno al Sigep 2020 - Foto di Paolo Terlizzi

Simone Salerno: charme, charity e chocolat

Due ragazzi. Un sogno. E una dolcissima boutique. Battezzata Chocolat. Come la celebre pellicola con Juliette Binoche e Johnny Depp. “Avremmo voluto chiamarla Xocoatl, con riferimento alla bevanda azteca. Ma era un nome troppo difficile da pronunciare. Specialmente per un senese come me. Così abbiamo optato per Chocolat”, spiega Simone Salerno: millesimo 1984, radici affondate nella contrada dell’Istrice, un inizio in cucina e, man mano, uno spostamento del baricentro verso la pasticceria. Il tutto condito dall’incontro con Alessandra Porta, forte di tutt’altro background. Visti gli studi letterari a Torino. Ma si sa, come in ogni palio, la fortuna ci mette sempre lo zampino. Della serie, il cavallo vincente c’era, il fantino intelligente pure e il fato ha fatto il resto.

Riprese a cura di Marco Gallocchio allo stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020

Così Simone e Alessandra vincono la loro sfida. Inaugurando la loro insegna. Prima, nella bella cittadina toscana. Per poi trasferirsi in quel di Gassino Torinese. Dove tuttora proseguono la loro corsa scalpitante. Andando a mille all’ora. “Stiamo già lavorando per rinnovare e ingrandire il negozio. Vorremmo allargarci, creando un laboratorio più grande. Intanto però ci siamo portati avanti. Abbiamo cambiato tutte le confezioni. Puntando su semplicità ed eleganza. E in questo devo dire che Alessandra è davvero brava”, continua Simone. Che durante il lockdown non si è mai fermato. Mettendoci sempre l’anima. E mettendosi pure in prima fila in molte azioni di solidarietà. Portando un po’ di dolcezza a molti presidi ospedalieri, lanciando l’hashtag #aiutiamochiciaiuta, aderendo alla campagna “Cerco un uovo amico!" promossa dall’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma, e partecipando alla lodevolissima iniziativa benefica “Pizza Sospesa” (in tandem con la Fondazione Specchio dei Tempi), partita da Carlo Ricatto, patron di Bricks, nella città della Mole (a pochi metri dalla stazione di Porta Nuova).


Il maritozzo by Chocolat

“Io e Carlo ci siamo conosciuti in occasione dell’emergenza. È nata subito una bellissima amicizia. E adesso collaboriamo a pieno ritmo”. Certo, perché il torinese locale pop a tutta pizza e tapas ha allungato e verticalizzato la propria offerta, proponendo il format “All day Bricks”. Non solo per meglio rispondere alle esigenze dei consumatori, ma pure per garantire al personale il medesimo livello occupazionale. E si sa, la fortuna aiuta gli audaci. “Noi diamo il nostro contributo con i croissant, i maritozzi, i donuts, le torte e le monoporzioni”, precisa felice Salerno. Che vanta una vetrina tutta sua a “casa” Ricatto. “Sul territorio bisogna fare rete. La collaborazione è fondamentale e necessaria. Dobbiamo ripartire e proseguire insieme. Inutile cantare sui balconi e poi andare ciascuno per la propria strada. Facciamo vedere che siamo italiani. Abbiamo il sole, il vento, il mare. Abbiamo tutto. Uniti potremmo essere fortissimi. Anzi, i più forti”. Simone docet. 


La monoporzione PescAmaretto di Simone Salerno

Sì, ha energia da vendere Salerno. Che intanto crea. Anche la mono PescAmaretto. Rilettura golosa del grande classico che snocciola il frutto estivo per colmarlo con amaretto e cacao. Fuori: mousse all’Amaretto di Saronno. Dentro: bavarese alla pesca, gelée alla pesca e amaretto-biscotto al cioccolato fondente e nocciola. Modernissimo e rétro. “Inoltre proponiamo il gelato in barattolo. Da 250 e da 500 grammi. Lo abbiamo chiamato Gelato da Divano, perché è perfetto da consumare in totale relax. Facciamo qualche gusto tradizionale. E quattro gusti intitolati alle serie di Netflix. Uno è con arachidi, caramello salato e cookies. Un altro è un fior di panna con passion fruit, vaniglia e croccante ai cereali. Un altro ancora è un omaggio ai baci di dama con cioccolato fondente e nocciola; e l’ultimo prevede arancia, mandorla, pistacchi, cioccolato bianco e zafferano”. 


Una delle creazioni di Simone Salerno

Un’offerta variegata quella di Chocolat. Che non trascura la parte salata. Traduzione: croissant farciti, tramezzini e focacce. “Le prepariamo un po’ noi. E un po’ Bricks”, continua il pasticcere, rinsaldando la combo con l’insegna-amica di Torino. “Inoltre, continuiamo a fare le consegne con il nostro furgoncino. Abbiamo tanta carne al fuoco. Speriamo di non bruciarla”. E hanno anche tante parole da comunicare. Basta andare sul bel blog seguito da Alessandra per capire. E scoprire nuovi modi di raccontare la pasticceria. 


La boutique Chocolat di Simone Salerno ha riaperto a Gassino Torinese (Torino). 


❓Per realizzare un sogno serve un po' di fortuna❓
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Cristina Viggè
2020-06-28T18:43:38+02:00

Crocca ha appena aperto a Milano, in via Fiamma 4

Leggi l'articolo su mixerplanet.it

La fortuna aiuta gli audaci?

La fatalità. La dea bendata. È rigorosamente un’estrazione a sorte a decidere: a quale contrada vada assegnato un cavallo. Poi, certo, arrivano il fantino, l’allenamento, le prove. Tanto, il caso torna. A stabilire l’ordine d’ingresso al canape. E a vigilare su tutto il Palio di Siena. Tre giri di piazza del Campo che si dimostrano un vero concentrato di bravura, abilità, tattica e fortuna. Che, forse, preferisce i coraggiosi, i temerari e gli illuminati. Coloro che sanno osare. Memento audere semper, ricorda Gabriele D’Annunzio. Facendo incidere il mantra sul frontone del Vittoriale, a Gardone Riviera.


Se il mood è Crocca(nte)

Chissà se la fortuna aiuta gli audaci. Indubbiamente agevola chi ha preparazione, passione, visione e cuore. E il pensiero vola a una squadra determinata, professionalmente tenace e allenata, ma pure caratterizzata da un quid che la contraddistingue. Un misto di sogno, sensibilità e generosità. Che la porta a raggiungere inattesi e meritatissimi traguardi. È il dream team che sta alla regia di Marghe, Pizzium, Giolina, Gelsomina e Locanda Carmelina. Ossia Nanni Arbellini, Ilaria Puddu e Stefano Saturnino. Una squadra forte e coesa, che qualche giorno fa ha dato forma a Crocca: in via Fiamma 4. Sempre a Milano (non lontano da Corso XXII Marzo), ma anche insieme a Michele Ferrara (prima executive chef di Pizzium e ora alla regia del “prodotto”) e Marta Volti (in precedenza socia di Saturnino nell’avventura di Panini Durini). Un gruppo vincente. Ma anche saggio e sapiente. Capace di creare format in cui alla qualità si va a unire sempre una fortissima identità. Dando vita così a creature uniche. Per proposta, senso e valore.

Michele Ferrara - Foto di Thorsten Stobbe

Come accade anche per Crocca. Un nome, una garanzia di croccantezza. “Adesso so dove mandare chi mi dice che la pizza napoletana è morbida e che lui si immaginava fosse croccante”, dichiara Nanni su Facebook. Il mood? Quello piacevolmente rétro della pizza tonda, sottile e friabile degli anni Settanta-Ottanta. Il tutto senza nostalgia. Senza patina old style. Senza fascino fané. Anzi. Il tutto innervato di energia, eleganza, simpatia, vivacità contemporanea e autenticità italiana. A partire dall’impasto. Digeribile e leggerissimo. Messo punto con la farina Più Snella di Petra (preziosa di farro integrale, soia e crusca tostati). “Faccio un 30% di biga, portata a 24 ore. E la chiudo il giorno dopo con un 15% di semola rimacinata, 15% di farina di mais e sempre la Più Snella”, spiega l’attento e meticoloso Michele.

Nanni Arbellini, uno dei capitani di Crocca

Una quarantina le pizze in carta. Alcune un chiaro omaggio ai grandi cult, come la Capricciosa, la Quattro Stagioni, la Quattro Formaggi, la Diavola, la Tonno & Cipolla (ovviamente rossa di Tropea) e il Calzone. Altre sono invece un tributo ai must made in Italy. Ecco allora la Lasagna, con pomodorino del piennolo del Vesuvio, fiordilatte d’Agerola, macinato di scottona piemontese, prosciutto cotto, ricotta di bufala, olio extravergine e basilico; l’Amatriciana, con pomodoro San Marzano, fiordilatte d’Agerola, guanciale croccante e fonduta di pecorino romano; e la Carbonara, cui concorre l’uovo cotto a bassa temperatura e il pepe nero. E ancora, la Ragù, la Polpette & Melanzane, la Salsiccia & Funghi (con porcini e crocché di patate), la Porchetta & Patate (con la porchetta di Ariccia), la Salame di cinghiale & Piselli e la Patate & Cavoli (con gorgonzola, cavolo cappuccio viola e patate al forno).

Preparando l'impasto che dà forma alle pizze di Crocca

Pizze gioiose. Che ricordano i festosi pranzi domenicali in famiglia. A cui si va ad aggiungere la preparazione fragrante e mediterranea per antonomasia: la bruschetta. In diverse variabili e varianti: con pomodorini rossi e gialli; con fonduta di taleggio, prosciutto di Parma, miele millefiori e basilico; con stracciatella pugliese e zucchine fritte. Sempre partendo dal pane fatto rigorosamente in casa. E poi? Qualche primo piatto iconico. Dai rigatoni alla carbonara ai bucatini all’amatriciana; dalle tagliatelle al ragù bolognese alle trofie al pesto, patate e fagiolini; passando per le orecchiette con cime di rapa, salsiccia artigianale e parmigiano reggiano. Per un croccante racconto italiano.


Cristina Viggè
2020-07-14T16:56:38+02:00

Massimiliano Fraccarolo e Riccardo Furlani - Foto di Thorsten Stobbe

Furlani e Fraccarolo: il nostro Fattore F

“Siamo ripartiti bene. Anche se in verità, durante il lockdown, non abbiamo mai smesso di lavorare. Grazie soprattutto alle consegne a domicilio. E poi ci siamo concentrati moltissimo sulla comunicazione. Su IGTV e sulla pagina di Instagram, dove abbiamo conquistato 1.500 follower in un solo mese”, racconta fiero Riccardo Furlani. Classe 1988 e al comando, in tandem con Massimiliano Fraccarolo (annata 1996), di Fattore F, nel cuore di Vicenza. “F” come le iniziali dei loro cognomi, che unendosi vanno a creare un logo-spicchio di pizza. Ma “F” anche come farina, fermentazione, fragranza, forma, filosofia. Certo. Perché il sogno dei due ragazzi si è realizzato tenendo fede a un pensiero dinamico e poliedrico di locale. Capace di cambiare, seguendo l’iter evolutivo della giornata, e non dimenticando il momento aperitivo. Quando il concetto di “bacaro della pizza” trova la sua massima espressione. Grazie al Toketin, servito nella zona bar. Traduzione? Il classico cicchetto veneziano sublimato in pizza. Dalla foggia piccola e tondeggiante e farcito al top. In maniera divertente e fantasiosa.

Il Toketin, firmato Fraccarolo e Furlani

Alla base del Toketin? Un impasto figlio della Sensazione, pizza al padellino super idratata (al 90%), iper soffice e preziosa di una piacevole crosticina. Solo che, in questo caso, la cottura avviene prima al vapore e poi nel forno elettrico. “La Sensazione rimane comunque un nostro cult”, precisa Riccardo. Che con Massimiliano la propone in diverse versioni. Ecco allora La Porcina, con burrata pugliese di Andria, porcini scottati in padella, coppa di maiale affinata nel Durello (by La Casara Roncolato) e scaglie di Asiago stravecchio di malga (Presidio Slow Food); La Parmigiana, con pomodoro San Marzano di Paolo Petrilli, mozzarella di bufala campana (by Punto Vitale), melanzana grigliata, ciuffi di ricotta e menta fresca; la 32 Volte SI, con burrata, prosciutto crudo Sant’Ilario di 32 mesi e germogli di basilico; e la Elemento di Stagione, summa di burrata, funghi misti saltati in padella e insaporiti con un leggero trito di prezzemolo fresco e scaglie di tartufo nero scorzone dei Colli Berici.

L'impasto Sensazione unisce sofficità e leggera croccantezza


La 32 Volte SI

“In questo periodo andiamo avanti passetto per passetto. Siamo artigiani, ma pure imprenditori. Vogliamo farcela con le nostre gambe. Così abbiamo preferito offrire una carta un pochino più ristretta. Che si concentra sulle materie prime di eccellenza, senza sprecarle. Nel senso che quello che acquistiamo siamo certi di usarlo e di non buttarlo. E i risultati si vedono. Con meno costi stiamo facendo i medesimi incassi”, spiega saggiamente Riccardo. Attento tanto agli impasti quanto alla contabilità. Un buon risultato, insomma, cui contribuiscono i servizi d’asporto e delivery.


La Fattore Orto, a fermentazione spontanea


La Sensazione: versione Elemento di Stagione

“Abbiamo anche introdotto la pizza in teglia, sempre a base di lievito madre, e la classica tonda al piatto. E, talvolta, presentiamo anche la pala”, continua Furlani. Orgoglioso anche della loro Spontanea: senza lieviti aggiunti e virtuosa di Petra 1 e Petra 9, la “tuttograno” di Molino Quaglia. Voilà la Fattore Orto, con pomodoro San Marzano by Paolo Petrilli, fiordilatte pugliese, ratatouille di verdure di stagione (melanzane, peperoni rossi e gialli e cipolla rossa), fungo pleuroto e croccante di semi misti; la Picca ma non morde, cui concorrono la cipolla rossa caramellata al vino rosso, i capperi di Salina (altro Presidio Slow Food) e la ’nduja di Spilinga; e la Marinar nel Cantabrico, complici le olive taggiasche, i filetti di acciughe del Mar Cantabrico e il prestigioso extravergine di Antonino Centonze (tutelato come Presidio Slow Food) aromatizzato all’aglio. 


Colori e sapori genuini nelle pizze di Fattore F

Una bella combo Fraccarolo e Furlani. Che intanto stanno sostenendo propositive sinergie con altre realtà vicentine, come l’Enosteria Bissara. “Certo, il pane glielo prepariamo noi. Facciamo delle ciabattine classiche, ma anche integrali, alle noci, ai cereali. Poi i commensali possono farcire il tutto a loro piacere. Ci siamo subito intesi. Perché loro, come noi, puntano alla massima qualità”, spiega F senior. Mentre la dessert zone è tutta nelle mani del pasticcere Andrea Guagliarone, che propone monoporzioni in grado di coniugare il gusto con l’estetica. Non tradendo la stagionalità. Come accade nella tarte croccante di frolla alla nocciola con frutta fresca e crema alla vaniglia bourbon.  


La pizzeria Fattore F di Massimiliano Fraccarolo e Riccardo Furlani ha riaperto a Vicenza. Intanto Massimiliano e Riccardo ci propongono la ricetta del loro Toketin, da farcire con stracciatella pugliese, porcini saltati in padella e coppa affinata nel Durello. 


❓I sogni possono andare d'accordo col buon senso❓
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Cristina Viggè
2020-07-15T12:02:12+02:00

Champagne en Liberté, un evento firmato Alberto Massucco

Leggi l'articolo su torino.corriere.it

E se ricominciassimo da tre?

C’è chi, inseguendo un sogno, cambia vita, paese, professione. E c’è chi spalanca finestre azzurre, concedendosi nuove possibilità, senza trascurare quel che sa far già. Un po’ come nel film di Massimo Troisi: “Tre cose me so’ riuscite dint’ ’a vita, pecché aggia perdere pure chelle? Che aggia ricomincia’ da zero? Da tre!”. E così Alberto Massucco non rinnega il suo essere un uomo colto e curioso, non dimentica il suo ruolo di pater familias e non trascura le sue responsabilità aziendali (lui è un industriale di successo, alle redini della torinese Massucco Industrie, specializzata nello stampaggio e nella laminazione a caldo di anelli per cuscinetti a sfera, destinati al settore ferroviario e persino aerospaziale), ma alza con fierezza un calice di Champagne. Il suo hobby, la sua chimera. Oggi divenuta una fiorente e dinamica attività parallela. Della serie, acciaio e acini non sono poi così dissimili. Perché entrambi possono concentrare materia e immaginario, concretezza e sogno. Basta saper osservare con positività e ottimismo il futuro.

Alberto Massucco e il suo sogno a tutto Champagne

“Avevo quindici anni quando mi sono innamorato per la prima volta. E quella stessa sera mi sono anche innamorato dello Champagne. Un segno, un presagio”, racconta Alberto. Che, piano piano, prende sul serio la cosa. E va spesso in Francia. “Ma molte volte i troppi impegni me lo impedivano. Poi ho conosciuto Alberto Lupetti, uno dei più grandi intenditori italiani di Champagne, e grazie a lui ho conosciuto meglio questi vini”, continua il visionario e appassionato imprenditore. Che, qualche anno fa, dà forma al suo desiderio: importare e distribuire nel Bel Paese etichette d’Oltralpe. Sì, ma non a caso. Bensì selezionando solo ed esclusivamente vigneron indépendant ed eroici. Quelli che non accettano compromessi: i cosiddetti récoltant-manipulant. Coloro che vinificano le uve coltivate da loro stessi. In una sorta di filiera corta, coerente e sostenibile.

Lo chef Santino Nicosia, Laura Gobbi, Alberto Massucco, Nancy D'Aiuto e Cinzia Zanellato

Nasce così la Alberto Massucco Champagne. Con Cinzia Zanellato a capo della parte commerciale. E con quattro maison ad alimentare l’eccellente e brillante “dispensa”. Voilà Jean-Philippe Trousset, piccolo produttore ai piedi della Montagne de Reims, con 7,6 ettari dislocati in tre villaggi premier cru: Les Mesneux, Sacy e Ville-Dommange. E ancora, Éric Taillet, l’artista del meunier (e fondatore del Meunier Istitut), nonché quarta generazione di vigneron a Baslieux-sous-Châtillon, nella Vallée de La Marne, dove guida 5,7 ettari dall’esposizione eccezionale. E poi il giovane enologo Guillaume, capitano della maison Gallois-Bouché: 3,5 ettari di vigneti (coltivati dal papà di Guillaume) vocati a pinot noir (a Vertus, villaggio premier cru nella Côte des Blancs) e a chardonnay (nella zona che confina con Le Mesnil). Non da ultima madame Mathilde Devarenne, vigneronne al timone della maison Rochet-Bocart, i cui vigneti si trovano nel villaggio premier cru di Vaudemange, in quella parte della Montagne de Reims esposta a est e consacrata allo chardonnay. Mentre il pinot noir risponde all’appello nel grand cru di Verzy. Meravigliosa Mathilde, che fa parte de Les Fa’Bulleuses, associazione di sette produttrici di cuore, anima e talento. “Ci impegneremo a portarle in Italia per un evento”, annuncia Massucco.

Gli Champagne by Rochet-Bocart


Il Millésime 2014 by Jean-Philippe Trousset

Cinzia Zanellato, Laura Gobbi e Alberto Massucco brindano en liberté

Gli Champagne di Éric Taillet

Intanto? Alberto, oltreché importatore e distributore, diviene produttore. “Sì, ho acquistato una vigna in Francia. E chissà, presto ne prenderò un’altra”, svela lui. Titolare a pieno titolo di un vigneto a Cuis, nel dipartimento della Marna, con vicini di casa niente meno che Bollinger e De Sousa. “I francesi hanno accolto bene la mia impresa. Del resto noi italiani siamo ben visti e rispettati. Anzi, hanno persino ascoltato certi nostri consigli sui calici. Perché loro continuano a proporre lo Champagne nella flûte, che è lunga e stretta. Oppure nella coppa, che è ormai desueta. Utilizzata quando il vino era più dolce. Meglio invece calici ampi, ideali per far esprimere tutti gli aromi”, continua Alberto. Che ha affidato la messa a punto della nuova collezione all’amico Erick De Sousa. In programma? Il Millesimato Alberto Massucco Champagne Grand Cru, un assoluto di chardonnay; e la Cuvée Mirede, intitolata a chi lo ha sempre incoraggiato a seguire i propri sogni. “Ma dovremo attendere il 2023-2024 per assaggiarli. Voglio prodotti eccellenti. I vini sono come le persone. Se sono più anziani hanno maggior esperienza”.

La secentesca Villa Sassi, a Torino

Alla regia dell'evento Champagne en Liberté c'è Laura Gobbi

L'energia e l'allegria dello Champagne


Alberto Massucco, Laura Gobbi, Alberto Lupetti e Arnaldo Tranti

Un imprenditore folle e razionale Alberto. Che per celebrare la fine del confinamento ha deciso di far festa. “Certo. È il nostro modo per reagire e ripartire. Per ricominciare a vivere. Dopotutto lo Champagne mette allegria. Non si è mai visto nessuno berlo ed essere triste”, precisa saggiamente lui. Deus ex machina di un evento andato in scena recentemente a Villa Sassi, secentesca dimora torinese tuffata nel green di un parco secolare: Champagne en Liberté!, con la regia della creativa project manager (sempre attenta al territorio) Laura Gobbi. Insomma, Champagne senza stereotipi, senza cliché e senza briglie. Capaci di raccontare tutto il loro potenziale. In un classico abbinamento col caviale: oscietra, griffato Royal Food, realtà di Calvisano (nel Bresciano) condotta a gonfie vele da Carlo Dalla Rosa e dalla moglie Nancy D’Aiuto. Ma anche in un unconventional pairing con le pietanze sabaudo-siciliane studiate dallo chef Santino Nicosia, patron del ristorante Al Garamond di Torino. Per un esuberante succedersi di vastedda all’olio cunzatu (condito), grissini alle erbe, mini burger con mortadella tonnata, sandwich di salsiccia di Verduno, caponata di melanzane, cannolo alla Norma e gambero rosso di Mazara del Vallo con scorzette d’arancia amara. Non tradendo la fassona (servita con uovo stracciato e caviale), il risotto (con scampi e ortica) e il maialino delle Madonie. Corredato di frittedda. Per chiosare a ritmo di piemontesissimi anicini e paste di meliga.


Caviale e Champagne, un evergreen

Abbinamenti senza briglie per gli Champagne selezionati da Alberto Massucco


Lo chef Santino Nicosia spruzza l'olio cunzatu sul pane vastedda

Royal Food Caviar, un'eccellenza tutta italiana

Le atmosfere oniriche di Champagne en Liberté!: format dal brillante futuro

Nei calici? Il vivace e scintillante Blanc de Blancs, nonché l’elegante, energico e minerale Blanc de Noirs by Rochet-Bocart. Le due espressioni del meunier targate Éric Taillet: il sottile e charmant Éxlusiv’t, prezioso di un 30% di vini di una réserve perpétuelle creata dal vigneron; e il fuoriclasse Bansionensi, che passa circa tre anni sui lieviti, chiuso con il tappo di sughero. E ancora il tonico Millésime (50% chardonnay e 50% pinot noir) e il lucente e raffinatissimo Rosé di Jean-Philippe Trousset, scattante assemblaggio di pinot noir (di cui l’8,5% in rosso), chardonnay e meunier. Che si propone al mercato italiano con un’etichetta essenziale e contemporanea, realizzata dal designer valdostano Arnaldo Tranti. In un perfetto dialogo tra Francia e made in Italy. 



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INDICE

Alessio Mattaccini e il futuro da riscrivere

Sognando la ripartenza

Massimiliano Prete: lievitista e sognatore

Il cuoco di domani

Massimo Giovannini fra estetica e gusto

L'arte virtuale vs reale

Fabio Longhin: flusso di idee

L’energia e la magia della meraviglia

Patrick Zanoni: rock e cielo

Desideri nel cassetto

Antonio Guida: sulla via del Seta

Immaginare vuol dir creare

Francesco Paonessa: bakery & philosophy

Arte e mecenatismo digitale

Denis Buosi: sweet dream

Non voglio mica la luna

Simone Salerno: cuore, coraggio e cioccolato

Audacia, tenacia e sensibilità

Fraccarolo & Furlani: fermento creativo

Champagne 3.0

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Info | +39 0429 649150 | Map

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INDICE

Alessio Mattaccini e il futuro da riscrivere

Sognando la ripartenza

Massimiliano Prete: lievitista e sognatore

Il cuoco di domani

Massimo Giovannini fra estetica e gusto

L'arte virtuale vs reale

Fabio Longhin: flusso di idee

L’energia e la magia della meraviglia

Patrick Zanoni: rock e cielo

Desideri nel cassetto

Antonio Guida: sulla via del Seta

Immaginare vuol dir creare

Francesco Paonessa: bakery & philosophy

Arte e mecenatismo digitale

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Non voglio mica la luna

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sogno.

FUORI IL PROSSIMO
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Cristina Viggè

2020-04-08T00:00:00+02:00


#dilloconpetra   Partecipa al sondaggio con 1 click 

I sogni son desideri. O meglio, secondo Sigmund Freud, padre della psicanalisi, sono la proiezione dei nostri più inconsci desideri. Dal latino de sidera (plurale di sidus, sideris), ossia lontano dalle stelle. Nell’accezione di vuoto, mancanza, distanza. Con la conseguenze speranza di ritrovare, riavvicinare, riconquistare gli astri, in un intrinseco slancio verso buoni auspici e beneauguranti presagi. Il matematico, astronomo e cosmologo tedesco Giovanni Keplero utilizza il sogno addirittura come stratagemma, come metafora per divulgare, difendere e avvalorare la copernicana teoria eliocentrica, a dispetto di quella geocentrica. Nel racconto fantascientifico Somnium (originariamente scritto nel 1609 e pubblicato postumo nel 1634 dal figlio Ludwig), il visionario intellettuale immagina infatti un viaggio sulla Luna (l’isola di Levania), per raccontare i movimenti della Terra. Gli stessi che si noterebbero stando sulla Terra e guardando la Luna. Amata e cantata da Giacomo Leopardi. Perché il sogno concentra e condensa: materiale e immaginario, concretezza e aspirazione. Quanti i ristoratori, gli albergatori, i produttori, gli artigiani e gli artisti che hanno avviato un’attività realizzando un sogno nel cassetto. E quanti desideri di ospiti e clienti hanno saputo esaudire, grazie alle loro creazioni. Da mangiare o da ammirare. Ecco, forse dopo la frenesia, la fretta, la velocità e l’eccessivo movimento, è giunto il tempo di ricominciare a sognare. Anzi, di progettare come poter ripartire con grinta e fiducia. Solo così si tornerà a riveder le stelle.

Cristina Viggè
2020-04-06T00:00:00+02:00

Riprese a cura di Marco Gallocchio nello spazio Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020 - Rimini

Alessio Mattaccini: se il futuro è spiazzante

Spesso le sue pizze sono Spiazzanti. Sì, si chiamano proprio così in menu. “Sono quelle più originali e particolari. Sia per gli abbinamenti sia per l’accurata ricerca delle materie prime”, dice Alessio Mattaccini. Che, da dirigente d’azienda qual era, molla tutto per inseguire il suo sogno: quello di dedicarsi anima e cuore alla ristorazione e alla panificazione. E così eccolo, insieme al fratello Fabio, al timone della pizzeria Spiazzo di Roma, nel quartiere Ostiense. Non lontano dal Tevere e vicino al Ponte dell’Industria, noto anche come ponte di ferro. Pronto a collegare via del Porto Fluviale con via Antonio Pacinotti. Dove se ne sta Spiazzo, con ovvio corredo di un ampio spazio esterno. Un desiderio esaudito. Quello di Alessio. Ma pure quello di veder recuperata un’affascinante architettura industriale. Che è tornata a vivere. Animata da un rinnovato vigore e da un energico slancio verso il domani. Perché anche se presente e futuro possono essere spiazzanti, mister Mattaccini non muta convinzione: seguire caparbiamente un vento di novità.

La Pizzeria Spiazzo di Alessio Mattaccini riaprirà a Roma. Intanto Alessio ci propone la ricetta dei suoi Maritozzi.


❓Come immaginiamo il futuro?❓
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Cristina Viggè
2020-04-08T00:00:00+02:00
  • Starry Night by Pixabay

Foto Starry Night by Pixabay

Leggi l'articolo su d.repubblica.it

E quindi (ri)usciremo a riveder le stelle? 

Sognare è come respirare. La pensa così Giuseppe Civitarese, psicologo e psicanalista. Certo, la situazione di clausura, reclusione e isolamento forzato può influire negativamente persino sui sogni. Specialmente quelli notturni. “Le persone che riescono a trasformare in sogni positivi questa situazione drammatica sono meglio attrezzate emotivamente. Riescono a cogliere di uno stesso evento, anche se traumatico, tanti aspetti”, dichiara Civitarese in un articolo pubblicato su d.repubblica.it. Della serie, guardare il bicchiere mezzo pieno aiuta. E si sa, l’ottimismo genera energia. E forse è giunta l’ora di sognare di nuovo a occhi aperti. O meglio ancora, è venuto il tempo di formulare un'inedita ricetta per affrontare il futuro. Versando in pentola una buona dose di realismo, concretezza e razionalità. Perché bisogna sapersi proiettare verso il domani, avendo ben chiaro dove andare, cosa fare e come agire. Ma aggiungendo pure un pizzico di desiderio, speranza e positività. Il tutto miscelato a buonsenso e massimo rispetto delle regole. Perché il mondo non sarà certo più come prima. Ma nessuno vieta di sognarlo migliore.

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Cristina Viggè
2020-04-15T17:37:51+02:00

Massimiliano Prete fotografato per l'Almanacco della Pizza da Thorsten Stobbe

Creatività e competenza.

«Il lievito è vita e ci tiene in vita». E lui l’ha sempre mantenuto in gran forma. Per sentirsi e rendersi utile, preparando pizze solidali. Destinate a coloro che, nel tempo dell’emergenza, hanno lavorato in prima linea. Massimiliano Prete non si è mai fermato. E men che meno si ferma ora. Pronto a far ripartire Gusto Divino (a Saluzzo, nel Cuneese), e SestoGusto (a Torino). Nel segno di competenza, specializzazione e creatività imprenditoriale. Resta un sogno (e anche una sfida): coniare una parola per definire il pizzaiolo contemporaneo. Incarnazione di pazienza, precisione, poesia e sapere in costante evoluzione.

Massimiliano Prete intervistato da Cristina Viggè in diretta Instagram.

Massimiliano Prete: “La mia non è una pizzeria”

Ha realizzato il suo sogno. Anzi, più di uno. Visto che in Piemonte sono ben due le sue roccaforti: Gusto Divino a Saluzzo, in provincia di Cuneo; e Sestogusto a Torino, non lontano dalla Mole Antonelliana. “Saluzzo è il luogo dove tutto è nato, ma anche dove vivo con la mia famiglia. Torino invece è venuto dopo. Ma i torinesi mi stanno dando grandi soddisfazioni”. È felice Massimiliano Prete. Anche di aver visto mutare ed evolvere la figura di quello che un tempo veniva definito pizzaiolo. “Io in quel ruolo non mi ci ritrovavo per nulla. Sognavo una figura nuova. Uno chef della pizza. Ecco, sono felice nel vedere come oggi in tanti siano riusciti a rappresentare questa figura più complessa e completa. Finalmente posso dire che la mia pizza non è solo una pizza. E il mio locale non è una semplice pizzeria”, spiega orgoglioso Massimiliano. Che è stato pure pasticcere. “Far dolci mi ha aiutato moltissimo. Mi ha insegnato l’ordine, il rigore e la disciplina. Perché la pasticceria non perdona. E bisogna seguire le dosi alla lettera”.


Riprese a cura di Marco Gallocchio nello stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020 - Rimini


E ora? “Sogno un luogo che mi faccia esprimere al meglio. Un luogo dove possa tirar fuori tutto quello che ho dentro. Perché in tutto quello che faccio io racconto me stesso. Inclusi i ricordi, le emozioni, i momenti belli e quelli meno belli. Il mio desiderio volge in questa direzione”, svela lui. Sempre pronto a mettersi in discussione. Sempre pronto al dialogo e al confronto. Sempre pronto a lasciarsi stupire.


Gusto Divino e Sestogusto di Massimiliano Prete riapriranno rispettivamente a Saluzzo (Cuneo) e a Torino. Intanto Massimiliano ci propone la ricetta della sua Pizza croccante con gallina bianca saluzzese, peperone rosso di Carmagnola, sarset e salsa verde.


❓Come cambieranno le figure nella ristorazione❓
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Cristina Viggè
2020-04-15T17:44:21+02:00

Massimiliano Prete fotografato da Thorsten Stobbe

Leggi l'articolo su repubblica.it

Come sarà lo chef del futuro prossimo venturo? 

Parla in chiave ottimistica Bruno Barbieri. Chef di lungo corso e celebre volto televisivo. E intanto pensa alla figura del cuoco di domani. Che forse non sarà quella di oggi. O forse sì, con qualche rimodulazione di frequenza. “Non cambierà il modo di fare ristorazione ma credo che cambierà il modo di affrontare la vita e di approcciarsi allo stare insieme a tavola”, spiega il giudice di MasterChef in un bell’articolo su repubblica.it. Indubbiamente tre pilastri rimarranno ben fermi: “Talento, creatività e materia prima”. Ben detto. Perché talento e creatività sono la benzina, tanto in cucina quanto in tutti i settori della ristorazione e dell’hôtellerie. Sono “L’amor che move il sole e le altre stelle”, come scrisse Dante nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXXIII). E poi? C’è la materia prima. Che non è solo materia. Ma anche storia, racconto, memoria, lavoro, sacrificio, speranza, pazienza, immaginario, territorio. I prodotti artigianali restano e rimarranno sempre i capisaldi della bella e fertile Italia. Bisognerà solo riaccendere i riflettori su di loro. Ecco, forse il compito dello chef sarà quello di accendere meglio la luce, puntando il faro sulla qualità. Quel che è certo è che il cuoco del futuro dovrà saper combinare razionalità ed emozioni, concretezza e visione. Dovrà essere sensibile, attento, acuto e poliedrico. Dovrà riconquistare la fiducia del cliente, concentrandosi sul cibo ma anche sull’accoglienza. Quella raffinata, fatta di dettagli, di ascolto, di empatia. Perché sorriso, genio, gentilezza e cortesia sono imprescindibili: al ristorante, in pizzeria, in pasticceria, in albergo, in bottega e in qualsiasi luogo conviviale.

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Cristina Viggè
2020-04-19T10:56:40+02:00

Massimo Giovannini fotografato per l'Almanacco della Pizza da Thorsten Stobbe

Massimo Giovannini: lo stil novo della degustazione

“Ma perché le pizzerie non possono essere belle come i ristoranti?”,  si chiede parecchi anni or sono Massimo Giovannini. Allora, alla guida del Pachino di Viareggio (col fratello Fabrizio); ora (o meglio, dal 2009) alle redini (con la moglie Barbara) dell’Apogeo di Pietrasanta. Città d’arte d’assoluto incanto. Città di grande bellezza. Città della Versilia dove Massimo è nato e cresciuto fra la bellezza. Al punto da averne ben impressi i canoni. Per poi proiettarli nel suo mestiere di artigiano evoluto. Ossia un professionista capace di mettere le mani in pasta, facendo volare la mente. Di essere concentrato sul qui ed ora, puntando in alto. Non per altro il suo locale si chiama Apogeo: il punto di un’orbita più distante dalla Terra. Un sogno inseguito e realizzato. Un sogno nutrito da passione, sacrifici, attese e meritate ricompense. Un sogno costantemente alimentato da un guardare lontano. Oltre il già visto.


Riprese a cura di Andrea Tadioli nello stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2019 - Rimini


Massimo va piano e va lontano. Pensa alla pizza: arricchendola di gusto, anche estetico. Fa la pizza: prendendo spunto da nuovi paradigmi, nuove tecniche, nuovi modelli. Va #oltrelapizza: e scopre un’altra forma di bellezza. Quella che fonde il sotto e il sopra, la base e il topping. In un pensiero circolare e armonioso e dell’impasto. Nel senso che tutto parte da acqua e farina, certo. Ma poi viene plasmato seguendo insondate rotte di pensiero. Mescolando viaggi, ricordi, sensazioni, sogni e illusioni. Perché no? Nascono così i tacos, i sandwich, i ravioli al lievito madre. “Quando vado in un ristorante e mi affido a uno chef, lui non mi porta cinque primi o cinque secondi. Bensì un entrée, un primo piatto, un secondo e un dolce”, puntualizza Massimo. Che spalanca la strada allo stil novo della degustazione... in "pizzeria".


L'Apogeo di Massimo Giovannini riaprirà a Pietrasanta (Lucca). Intanto Massimo ci propone la ricetta dei suoi tacos con Petra 9, crema di baccalà, insalatina riccia e cialda di riso.


❓Ci lasceremo ancora incantare dalla bellezza❓
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Cristina Viggè
2020-04-19T11:25:23+02:00

Caravaggio, Cena in Emmaus, Pinacoteca di Brera

Leggi l'articolo su viaggi.corriere.it

Dalla tela allo schermo. Un’emozione possibile?

Senza fila, senza folla, senza biglietto e distanza ravvicinata. Anzi, talmente ravvicinata che osservare dal vivo un quadro in tal modo non sarebbe mai stato possibile. Nel tempo del tutto chiuso, anche i musei si fanno virtuali e le gallerie d’arte divengono gallery digitali e iper tecnologiche, a portata di mouse. Insomma, la cultura non sbarra le porte, anzi spalanca portali in Rete e finestre sui social. Come fa su Instagram e Facebook il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci di Milano, elargendo storie, aneddoti, immagini e documenti inediti. Mentre la Pinacoteca di Brera concede una parte della sua collezione ad Altissima Definizione. Consentendo una visione che va oltre l’occhio umano, cogliendo il minimo dettaglio. E il Museo Egizio di Torino? Lo si può visitare sala dopo sala accompagnati, su YouTube, dal direttore Christian Greco. Intanto, Le Gallerie degli Uffizi di Firenze non stanno certo a guadare. Anzi, lasciano ammirare i loro capolavori grazie alle IperVisoni, navigando fra testi e foto spettacolari. Online anche il tour dei Musei Vaticani, con una Cappella Sistina mai vista prima: dal divano di casa. E le capitoline Scuderie del Quirinale? Propongono #RaffaelloOltreLaMostra: video itineranti alla scoperta dei dipinti della grande esposizione Raffaello.1520-1483, con corredo di incursioni nel backstage. Ma persino il Louvre parigino si fruisce virtualmente, così come a Giverny i portoni della residenza di Monet si aprono con un clic. A Londra intanto si offrono al web sia il British Museum sia la National Gallery of Art. E lo stesso accade per il Guggenheim di New York e per l’Ermitage di San Pietroburgo. Che si svela grazie a un film di Apple (di 5 ore e 19 minuti) girato con un iPhone. Senza dimenticare quella wonderkammer che è Google Arts & Culture. Del resto come ben si legge ne Il Codice Marchesi: “La bellezza è emozione sottile. Alla domanda dove fosse l’arte, Paul Klee rispose: Tra la vernice e la tela. La bellezza, e quindi la bontà, è essenzialmente la capacità di suscitare un’emozione non passeggera, che si ripete ogni volta. La bellezza non passa”. Persino se respirata attraverso lo schermo di un pc o di uno smartphone.

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Cristina Viggè
2020-05-09T12:45:41+02:00

Fabio Longhin - Foto by Scattografia

Fabio Longhin: pensiero liquido

“Il livello di energia è alto. Molto più di prima. Le consegne a domicilio mi hanno dato e continuano a darmi grandi soddisfazioni. Anzi, il mio bacino di utenza si è persino allargato. L’80% degli ordini viene da fuori dal comune”. Ha grinta e forza Fabio Longhin, capitano della pasticceria che, in quel di Olgiate Olona (Varese), porta il suo nome e pure quello di mamma Chiara. Che, con papà Gianni, diede vita sia a lui (nel 1978) sia alla dolce boutique (nel 1974). Uno in perenne movimento concettuale Fabio. “Sì, il termine che meglio mi rappresenta in questo momento è liquido”, continua il pasticcere. Orgoglioso di aver inserito un e-shop in continuo aggiornamento. Fatto su misura per ordinare e vedersi recapitare a casa le ghiotte proposte. “Il delivery è una macchina che sta funzionando, ma la devo ancora imparare a guidare. Mentre sta andando”. A conferma di un agire fluttuante.


Riprese a cura di Enrica Guariento a Identità Golose 2019


Per capire basta pensare alla delizia lanciata sul mercato qualche mese fa. Quasi una premonizione: “Delirium”. Un panettone in vasocottura - da “curare” con una siringa di caffè - pronto a raccontare un cortocircuito fra reale e virtuale, connessione e distacco, vicinanza e lontananza, attenzione e immaginazione, emotività e razionalità. Che Fabio mette in tutto ciò che fa. Coniugando rigore ed estro. Anche adesso. Che oltre a presentare torte, frollini, babà, mignon e varie golosità, propone il kit da colazione in versione delivery. Summa di brioche alla crema, muffin alla vaniglia e frutti di bosco, biscottini e succo al mandarino homemade. Per continuare a sognare, appena svegli. Formula che vale pure per l’aperitivo, reunion di gin, tonica al fieno by Baladin, giardiniera fatta in casa, croissant salato, panino al latte e panino nero col lonzino del salumificio Bustese. Giusto per far luce sulla bella terra di Varese.


La Pasticceria Chiara di Fabio Longhin riaprirà a Olgiate Olona (Varese). Intanto Fabio ci propone la ricetta dei suoi frollini al farro monococco, cioccolato fondente e sale.


❓Torneremo a sognare ad occhi aperti❓
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Cristina Viggè
2020-05-09T12:57:29+02:00

Foto di Bessi da Pixabay

Leggi l'articolo su forbes.it

Sapremo ancora nutrirci di desideri?

“La realtà non è mai come la si vede: la realtà è soprattutto immaginazione”. Celeberrima questa frase dell’artista belga René Magritte. Il pittore dei sogni, l’ambasciatore surrealista di un illusionismo onirico capace di elevare a grado di magia un qualunque oggetto del quotidiano. Dall’orologio alla bombetta, dal pettine alla pipa. Immaginare è un'esigenza. Da esseri umani abbiamo bisogno di vedere e di vivere incantandoci e sorprendendoci: davanti a un quadro, una scultura, un paesaggio, un assaggio. Abbiamo necessità di emozionarci. Perché ogni emozione, immancabilmente, cela un sogno che si avvera. Persino Anton Ego, gustando la ratatouille, s’illumina d’immenso, ancorando il momento al sapore dello stesso piatto preparato dalla madre, quand’era piccino. In una lettera a Milano e all’Italia, Marco Balich, il creatore dell’Albero della Vita per Expo Milano 2015 (quando rivestì pure il ruolo di direttore del Padiglione Italia) scrive: “Si dovrà recuperare la qualità a discapito della quantità, anche nelle esperienze. Mi interrogo quindi su cosa sia davvero necessario. Personalmente credo che abbiamo bisogno di essere umani, di avere contatti ed emozioni. È così da tremila anni, il teatro greco e la piazza come luogo per la comunità esistono da allora. Questo è ciò di cui la gente avrà sempre bisogno: tornare a sognare e ritrovarsi in una grande passione collettiva” (tratto da un articolo di forbes.it). Intanto? Marco Mengoni canta “Credo negli esseri umani”. Che si nutrono di poesia, ironia, amore e coraggio. Del resto, si sa: cuore, palato, occhi, udito e tatto sono inscindibilmente legati alla mente. E quindi alla fantasia, all’estro, alla creatività e ai sogni.

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Cristina Viggè
2020-05-21T17:13:03+02:00

Patrick Zanoni - Foto di Enrica Guariento

Patrick Zanoni: pizza en plein air

“Sono artigianali. Tutti in legno. Li ha fatti a mano mio padre Giuseppe”, racconta Patrick Zanoni, facendo riferimento ai tavolini e alle sedute da posizionare all’aria aperta. “Sì, li distribuiremo nel grande prato che si estende vicino al locale. Un ampio spazio all’aperto, dove vorremmo proporre la pizza il sabato e la domenica a pranzo. In versione picnic. Tanto un forno da esterni per le cotture ce l’ho già. Il cliente arriva, ordina la pizza e poi la mangia in totale libertà e nel massimo relax sull’erba. Anzi, il bello sarebbe integrare la proposta con un circuito di passeggiate organizzate. Anche per valorizzare meglio il territorio”, continua Patrick. Che col fratello Gianluca - l’uomo di sala - guida il ristorante-pizzeria Rock 1978, a San Faustino di Bione. In quella terra bresciana che se ne sta fra il Lago di Garda e il Lago d’Iseo. Fra i bucolici e verdi paesaggi della Valle Sabbia. Un habitat ideale per assaporare la pizza en plein air. Immersi nella natura.



Pizza da degustazione by Patrick Zanoni - Foto di Enrica Guariento


Un sogno che sta divenendo realtà. Un sogno che va a completare un’insegna avviata nel 1978 proprio da papà Giuseppe. “La battezzò Rock, ricordando il soprannome di suo padre, nonno Giovanni. Noto a tutti come Roc, roccia. Un uomo determinato, tutto di un pezzo”, spiega il giovane Patrick. Caparbio e tenace pure lui. Orgoglioso di guardare avanti, ma anche di concentrarsi sul presente. Il che significa servizi di consegna a domicilio e asporto. Sia per le classiche pizze tonde sia per quelle da degustazione. Declinate in tre varianti di impasto. E corredate di tutte le istruzioni per l’uso. E volendo? Si possono anche ordinare i vini, le birre e le bevande in carta. Ma non solo. “In aggiunta proponiamo anche il nostro gelato. Le mie sorelle Liliana e Laura seguono tre gelaterie a Odolo, Tormini e Vestone. Le consegne sono andate benissimo. E ci piacerebbe mantenere il delivery anche nel periodo invernale. Così da destagionalizzare il gelato”. Un altro sogno nel cassetto. Da realizzare e ottimizzare grazie a un’app.


Il ristorante-pizzeria Rock 1978 di Patrick Zanoni riaprirà a San Faustino di Bione (Brescia). Intanto Patrick ci propone la ricetta della sua pizza in teglia.


❓Avremo ancora sogni da realizzare❓
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Cristina Viggè
2020-05-21T17:37:32+02:00

Guardando il cielo - Foto dell'Hotel Tyrol

Leggi l'articolo su viaggi.corriere.it

Vorremo ancora la luna?

Si chiama “Sogno sotto le stelle” ed è la proposta romantica, esclusiva e limited edition firmata dall’Hotel Tyrol a Selva di Val Gardena. Un pacchetto di cinque notti, in cui ne spicca una davvero speciale. Da trascorrere in coppia lontano da tutti e da tutto: raggiungendo a piedi (accompagnati da una guida esperta) la baita Juac (di proprietà dell’albergo), a duemila metri di quota. Nel magico scenario dolomitico. Dove cenare tra fuoco e candele, assaggiando le prelibatezze dello chef Alessandro Martellini; ascoltare un concerto di strumenti a plettro; osservare la volta celeste con un binocolo astronomico; dormire tuffati nel silenzio e risvegliarsi respirando il profumo dell’erba. Per poi ridiscendere, facendo merenda in una malga. Un sogno… possibile.


Cena esclusiva alla Baita Juac dell'Hotel Tyrol

Come un sogno potrebbe essere un iter sul treno Al Andalus, uno dei Trenes Turísticos de Lujo de Renfe, veri alberghi che corrono lungo rotte (e rotaie) spagnole. Oppure? Concedersi un viaggio sul Venice Simplon - Orient Express, targato Belmond. Realtà specializzata in luxury experience, declinate pure in hotel, safari e crociere fluviali. Un sogno. Come quello di scoprire Madrid, percorrendo itinerari inediti. Come quello di avere un ristorante tutto per sé. Certo. Tutto è possibile. Il ristorante TreQuarti della vicentina Val Liona, per celebrare i suoi primi dieci anni, ha lanciato il progetto 10x10. Mission: nei primi dieci giorni di riapertura, prendere una sola prenotazione al dì. “I nostri ospiti avranno quindi il ristorante tutto per loro, indipendentemente dal numero di ospiti complessivi, garantendo quindi la massima sicurezza di ogni commensale. Dopo poche ore dalla comunicazione, avevamo già riempito metà delle serate disponibili”, spiega lo chef patron Alberto Basso. Un sogno. Come quello di raggiungere un traguardo professionale. Magari avviando una nuova attività e cambiando vita. Per dar forma a un desiderio tenuto per troppo tempo dentro un cassetto. Sogni. Che questo periodo di pandemia ci ha insegnato a inseguire e, soprattutto, a non tradire.

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Cristina Viggè
2020-06-10T14:07:16+02:00

Antonio Guida - Executive chef del Mandarin Oriental, Milan

Antonio Guida: viaggi, incanti e lucide follie

“Ad oggi siamo sempre pieni. Ho persino due tavoli in lista d’attesa”, svela al telefono, comprensibilmente felice, Antonio Guida. L’executive chef del Mandarin Oriental, Milan. Posizionato in uno strategico crocevia cittadino: laddove il Quadrilatero della Moda si fonde con il quartiere artistico di Brera e con la zona più finanziaria della city lombarda. Non a caso, qui prima stava Palazzo Confalonieri, ospitando poi i funzionari dell’Esattoria Civica Milanese, e dopo ancora La Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. Un luogo crossover, oggi pregno di straordinario fascino. Anche grazie al progetto di ristrutturazione firmato dallo studio Antonio Citterio Patricia Viel Interiors. Capace di creare un’ideale crasi fra l’heritage orientale e il concetto di dimora meneghina. Fra il viaggio, il desiderio e la realtà urbana. Fatta di atri, corti e di una sensibilità domestica e quotidiana. 


Il Mandarin Bistrot & Bar

Un luogo denso di bellezza, che ha riaperto le porte del suo ristorante e del suo Mandarin Bistrot & Bar. Visto che vi si può accedere direttamente anche da via Monte di Pietà. Antonio è concentrato sul suo lavoro, così come tutto il suo staff, di cui fanno parte pure l’executive sous-chef Federico Dell’Omarino, l’head sommelier Andrea Loi e il pastry chef Nicola di Lena. Le cui proposte - per la parte bistrot - finiscono addirittura su una vetrina dei desideri: un carrello in bronzo dai molteplici vassoi, firmato dall’architetto Citterio. Per dar giusta luce alla pasticceria, in un ambiente optical, nutrito da marmi bianchi e neri, interpretati in geometrici pattern. 


La sala del Seta

Antonio Guida, Federico Dell'Omarino e Nicola Di Lena

E poi c’è il Seta. Lo spazio di massima espressione di Antonio. Un salotto serico, raffinato, sofisticato. Nutrito dal legno e da tessuti verdi, in pendant con i marmi utilizzati per gli stipiti delle finestre. Nulla è lasciato al caso. Tutto qui è coerente. E segue la fluida corrente mentale di Guida. Classe 1972, radici salentine (a Tricase, in provincia di Lecce) e uno spirito glocale. Ossia proiettato sul mondo, ma tenendo sempre i piedi per terra. In curriculum? Pierre Gagnaire a Parigi, l’Enoteca Pinchiorri di Firenze, il Don Alfonso di Sant’Agata sui due Golfi e La Terrazza dell’Hotel Eden di Roma. Sino a volare al Pellicano di Porto Ercole, sulla costa dell’Argentario. Dove si aggiudica due stelle Michelin. Riconfermate sulla via della seta. 


La corte interna del ristorante Seta

Anzi, “Sulla via del Seta”, come si chiama uno dei due menu degustazione proposti (l’altro è “Un’estate a Milano”). “Certo, poi è anche possibile ordinare à la carte, pescando le pietanze dai due tasting menu”, precisa Antonio. Cosa saggia e giusta. Per crearsi il proprio itinerario. E realizzare il proprio sogno. Fra ostriche, patate, caviale e Champagne; risotto con lampone e asparagi; spaghetti con anemoni di mare, capesante, limone nero e crema di ravanelli marinati; e agnello al vadouvan (aromatica miscela di spezie fermentate), crema di cavolfiore e mandorla, yuzu e animella croccante; e cioccolato con chantilly al muscovado, kumquat, salsa speziata e gelato al grué di cacao (by Di Lena). Non dimenticando i piatti del “Summer in Milan”, come i carciofi al frutto della passione, fagiolini e pistacchio; gli gnocchi con zuppetta di granseola, frutti di mare al coriandolo e cocco; nonché triglia e scampi con funghi marinati e sedano rapa al tandoori. Della serie: l’urbe, il mare e le terre lontane. 


La Saletta Duomo, realizzata in collaborazione con Fornasetti

Antonio miscela. Vicino e lontano. Materia e pensiero. Realtà e immaginario. Concretezza e “pratica follia”. Dimensione indagata soprattutto nella Saletta Duomo, realizzata in tandem con l’atelier Fornasetti, ennesima espressione di creatività milanese. Un saletta intima, riservata e ovattata, tuffata nel linguaggio onirico, visionario e surrealista di un artista eclettico come Piero Fornasetti (cui è dedicata anche una suite dell’hotel). Uno spazio che prende forma attorno a un elemento decorativo: il pannello Duomo Sommerso, a sua volta ispirato al celebre paravento fornasettiano - in legno stampato, laccato e dipinto a mano - degli anni Cinquanta. Traducendo la Cattedrale in un mondo sospeso, fluttuante e illusorio, fatto di acqua e di pesci colorati. Ai lati? Una selezione di piatti della collection Cupole d’Italia, omaggio all’architettura nazionale e milanese. E ancora, le angoliere gemelle. In cui il volto della soprano Lina Cavalieri - musa prediletta da Piero (ma anche la “donna più bella del mondo” secondo le cronache mondane di fine Ottocento) - incontra madrepore, alghe e conchiglie. Dando vita a un immaginario atlante di biologia marina. Non da ultimo il décor Nuvolette, carta da parati disegnata dal figlio Barnaba - e prodotta da Cole & Son - che va a rivestire il soffitto. Fiero di sublimare in cielo. Quando l’ornamento diviene elemento cardine del sogno. 


Il ristorante Seta by Antonio Guida e il Mandarin Bistrot & Bar del Mandarin Oriental, Milan hanno riaperto a Milano. 


❓Sapremo ancora dar forma a lucide follie❓
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Cristina Viggè
2020-06-10T16:56:58+02:00

Il Posta Mangieri, dove prenderà forma anche la Pizza Farm by Francesco Martucci

Leggi l'articolo sul gamberorosso.it

Faremo ancora follie?

Folle folle folle idea quella di dar vita a nuovi progetti in tempo di lockdown. Eppure? C’è chi lo fa. E anche alla grande. È il caso (emblematico) di Francesco Martucci, capitano coraggioso de I Masanielli di Caserta (che, nel frattempo, ha riaperto i battenti). Una lucida (e pratica) follia la sua: creare una Pizza Farm in Puglia. Precisamente nella silente, terragna e assolata campagna dell’Alta Murgia barese. A Corato. Anzi no. A circa sette chilometri dal centro abitato: in località Piede Piccolo. Dando forma a una sorta di upgrade di una realtà già presente in loco: il Posta Mangieri, agriturismo e azienda agricola (di ben cinquanta ettari) della famiglia della sua compagna - nonché pastry chef dei Masanielli - Lilia Colonna. Nativa coratina. Come la celeberrima oliva.


Francesco Martucci, patron de I Masanielli di Caserta

Tutto torna. A cui si aggiunge il fatto che sia la nonna materna che paterna di Francesco sono pugliesi: rispettivamente della foggiana Cerignola e della brindisina Torre Santa Susanna. Un progetto visionario. Che guarda al futuro tornando alla terra, all’agricoltura e alla ruralità. Un progetto differente. Orgoglioso di prendere vita lontano da tutto e da tutti. Ma si sa, Martucci è un fuoriclasse e ama esprimersi fuori dal coro (e pure dal chiasso). In programma anche la ristrutturazione di una quarantina di trulli. Nonché la valorizzazione delle erbe spontanee di cui è generosa la zona.


I dintorni del relais Riserva di Fizzano, a Castellina in Chianti

Ma anche in Toscana qualcosa di bello accade. Il relais Riserva di Fizzano, a Castellina in Chianti (Siena) - di proprietà dell’azienda vitivinicola Rocca delle Macìe - affronta una novella sfida. Quella di aprire le porte all’esperienza gourmet, nel cuore del suo borgo medievale. “Il nome della nostra osteria, Passo dopo Passo, sintetizza la filosofia e i valori che sono alla base della nostra storia imprenditoriale e che ci hanno condotto fino a questo nuovo progetto. Offriremo piatti che hanno alla base la genuinità dei sapori della nostra terra, valorizzati dall’esperienza di un grande chef e arricchiti dalla produzione, stagione dopo stagione, dei frutti dei nostri orti. Abbiamo cercato a lungo uno chef che condividesse la nostra idea di ospitalità, quella che si basa su esperienze sensoriali legate in modo stretto al calore di famiglia. E lo abbiamo trovato a pochi passi da casa nostra”, spiega Sergio Zingarelli, patron della maison. Presentando ufficialmente Maurizio Bardotti. 


Lo chef Maurizio Bardotti e Sergio Zingarelli, patron di Rocca della Macìe

“Faremo un bellissimo lavoro per la sintonia che condivido con questo luogo e per l’atmosfera che qui si respira, insieme a una brigata giovane e motivata e all’entusiasmo della famiglia Zingarelli. La mia cucina si fonda sui sapori della nostra regione. La cucina toscana mi ha permesso di essere quello che sono diventato. Proporrò piatti che partono da queste basi affinate con nuovi sapori. Perché come il vino, anche i prodotti di ciascun territorio conservano la loro identità e la trasferiscono nel piatto per offrire delle sensazioni uniche e inimitabili. Riparto con orgoglio da una cucina toscana con l’obiettivo di arrivare, passo dopo passo, a quell’oltre che mi ha regalato grandissime emozioni”, commenta felice Maurizio. 


Gli interni del nuovo Falkensteiner Club Funimation Garden Calabria

Intanto? Sul mercato italiano accende i riflettori pure un gruppo alberghiero quale Falkensteiner Hotels & Residences. Che, muovendo i passi - nel lontano 1957 - da una piccola pensione altoatesina - si è trasformato in un colosso dell’accoglienza. Facendo parte - insieme a FMTG Development e a Michaeler & Partners - di Falkensteiner Michaeler Tourism Group. Sempre tenendo fede a quattro travel motives quali “active, entertainment, deceleration e indulgence”. E creando esperienze uniche e sartoriali. I nuovi approdi? Eccoli. A luglio apre il Falkensteiner Club Funimation Garden Calabria, in località Torre Mezza Praia, ad Acconia di Curinga, Catanzaro (un progetto siglato Tage - Tauber Gerhard di Bressanone); sempre a luglio riapre il Falkensteiner Hotel & Spa Anterselva, in provincia di Bolzano, con 23 nuove camere (un progetto targato Baukraft, sempre di Bressanone); e a novembre inaugura il Falkensteiner Hotel Kronplatz a Plan de Corones, grazie al tratto creativo di Matteo Thun. Che firma anche Jesolo Living Apartments, elegante complesso turistico di 42 appartamenti, abitabili a partire da inizio 2021. Mentre per il 2022 è prevista l’apertura siciliana del Falkensteiner Hotel Licata, progettato dallo studio di architettura Vudafieri Saverino Partners di Milano. Che, in tandem con lo studio di architettura G22Projects di Lana, mette il timbro sul futuro Falkensteiner Hotel Cortina.


La piscina esterna del Falkensteiner Hotel & Spa Anterselva

“Il fattore decisivo per il nostro successo è rappresentato dal fatto che ci siamo sempre visti come un'azienda di famiglia e non abbiamo mai dimenticato le nostre radici altoatesine. Il nostro motto Welcome Home è sentito dai nostri ospiti, che tendono sempre più a fidelizzarsi e a soggiornare nei nostri hotel, proprio perché sanno di poter contare su un’accoglienza calorosa e personale e su servizi di qualità molto specifici e sempre attuali, legati fortemente alla destinazione. In oltre 60 anni di storia, abbiamo visto un apprezzamento crescente, che ci ha permesso di essere riconosciuti al di fuori della nostra area di provenienza. Proprio questo ci spinge ad espanderci e ad offrire servizi sempre più attenti alle esigenze dei viaggiatori contemporanei”, dichiara Erich Falkensteiner, presidente del gruppo. Lucidissime follie.



Cristina Viggè
2020-06-17T15:52:01+02:00

Francesco Paonessa al Sigep 2020 - Foto di Paolo Terlizzi

Francesco Paonessa: pane, pizze and more

“Essendo un’impresa artigiana noi non ci siamo mai fermati. Il pane, per esempio, lo abbiamo continuato a fare. Sempre. Quello casereccio e quello campagnolo. Ma anche i bocconcini al latte e una serie di filoni: all’uva, alle noci e fichi, e alle mandorle e nocciole. Utilizzando l’integrale Petra 9, per meglio esaltare il gusto”, racconta Francesco Paonessa. Che, in quel di Settimo Torinese, guida una bakery talmente dinamica ed eclettica da aver avuto il coraggio di aggiungere “Elite" e “More” nell’insegna. A sottolineare la qualità ma anche la costante voglia di fare, pensare, sperimentare e creare di Francesco. “Siamo in evoluzione continua. Cerchiamo sempre di inserire novità all’interno della produzione. Senza fermarci mai. Insomma, un sogno che piano piano si sta avverando”. Dando fiato a un altro sogno: quello di papà Tonino e mamma Saveria, che inaugurano il locale nel lontano 1980. 


Riprese a cura di Marco Gallocchio allo stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020

Pane, ma anche grissini, rigorosamente stirati a mano. E poi la pizza al tegamino, tipica di Torino, di cui Francesco va davvero fiero. “Grazie a lei, durante l’emergenza, abbiamo anche conquistato qualche nuovo cliente, con il delivery. Che continuiamo a portare avanti. Soprattutto la sera”, svela l’artigiano. “Praticamente sono diventata persino un fattorino”, aggiunge simpaticamente Miriam, moglie di Francesco, frontwoman del locale e costantemente in prima linea. “E siamo pure orgogliosi di aver offerto per quattro mesi, tutti i giorni, le brioche alla Croce Rossa di Settimo”, precisa. Mostrando l’attestato di stima e riconoscenza con cui la Croce Rossa li ha ringraziati ufficialmente. “E comunque le nostre brioche piacciono tantissimo. E vanno moltissimo. Così come le pizze. Faccio anche quelle in teglia e al mattone. Poi preparo la farinata, i calzoni e una pizza al grano duro. Bella rustica, con un po’ di pomodoro pelato schiacciato, oppure con la cipolla”, continua Paonessa. Che certo non dimentica le fette biscottate, i biscotti, i brutti e buoni, i mignon e i dolci lievitati. Rimane il sogno di dare alla città un bacio. Sì, il “Bacio di Settimo”. Ma caparbio com’è metterà a punto pure questa delizia. 


Elite Bakery and More... di Francesco Paonessa è aperto a Settimo Torinese (Torino). E Francesco ci propone la ricetta delle sue fragranti e artigianali fette biscottate.


❓Si può vivere senza sogni e senza bellezza❓
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Cristina Viggè
2020-06-17T16:53:19+02:00

Seppia alla Veneta dedicato a “Lucio Fontana”:
dal menu M.O.M.A. - Menu Opere Movimenti Artistici di Daniel Canzian - Foto di Andrea Fongo

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Come salveremo la bellezza?

La bellezza può salvare il mondo. Ne è convinto lo scultore pietrasantino Massimiliano Pelletti, impegnato al Marca - Museo delle Arti di Catanzaro nella personale - a cura di Alessandro Romanini - Looking Forward to the Past: trenta opere che rielaborano in chiave dinamica il concetto di classicità. «Durante tutto il lockdown mi sono svegliato sempre molto presto, la luce del mattino mi riportava alla mia infanzia, quando nello studio di mio nonno scultore imparavo a riconoscere la bellezza attraverso i giochi di luce che si posavano sulle statue di marmo. Credo che per riportare la bellezza e la poesia nella vita di ciascuno di noi dopo un periodo così difficile, la figura di chi fa arte sia fondamentale. Ogni tanto mi capita di pensare a quanto la nostra società si sia imbarbarita e faccia difficoltà nel riprodurre qualcosa di bello, come invece la nostra tradizione è riuscita a fare nei millenni. Riscopriamo le nostre origini e tradizioni e impariamo a tirare fuori la bellezza e le qualità che da sempre ci hanno contraddistinto. Io trovo ispirazione in questa frase di Gustav Mahler: Tenere vivo il fuoco e non adorare le ceneri”, racconta l’artista nel bel mezzo di una conferenza digitale organizzata dall’agenzia di comunicazione DOC-COM, all’interno della visionaria rassegna Tempo di Rinascita - Scenari, idee, progettualità (qui la serie completa delle conferenze).

L'artista Massimiliano Pelletti

La bellezza salverà il mondo. Ma chi salverà la bellezza? Forse proprio il digitale. “Il digitale sarà un vero e proprio materiale per la creazione di contenuti: se Michelangelo, nel Cinquecento, sceglieva accuratamente il marmo della Versilia per le sue opere, oggi il digitale può trasformare qualsiasi pensiero immateriale in un’opera d’arte”, spiega (sempre nel corso della conference) l’esperto d’arte e di mercato Giacomo Nicolella Maschietti. E naturalmente il mecenatismo digitale può fare la sua parte. La conferma? Giunge dal progetto “Taste food, save art”, che mette in connessione un ristoratore, un restauratore e un’opera d’arte. Come? Grazie alla piattaforma pART, specializzata nel restauro di arte (antica, moderna, contemporanea), fotografia e street art. “Questa specifica iniziativa è nata dall’idea di voler dare un contributo concreto e immediato al settore dei beni culturali e alla ripartenza della ristorazione, due tra le eccellenze italiane, coinvolgendo il pubblico nella tutela del nostro patrimonio artistico in maniera semplice e partecipativa, nonostante il momento storico che stiamo tutti vivendo. Un’iniziativa di pArt che, grazie alla partecipazione del grande pubblico e alla sinergia del mondo dell'arte e della grande cucina, vedrà realizzare il restauro di tre importanti opere d’arte nelle città di Roma, Firenze e Milano, simbolo del duro momento che ha afflitto l'Italia e gli italiani. In sintesi, unire sapori e saperi, restauratori e ristoratori in un unico bel progetto condiviso a sostegno della nostra cultura”, spiegano Maddalena Salerno e Lelio Orsini, fondatori della lungimirante piattaforma, capace di far dialogare antichità e modernità.


Filippo Saporito e Ombretta Giovannini, alla guida della Leggenda dei Frati di Firenze

Lo chef Arcangelo Dandini del ristorante L'Arcangelo di Roma

Lo chef Daniel Canzian di Milano con la Sfera di cioccolato omaggio ad Arnaldo Pomodoro 

Il meccanismo è semplice. Per contribuire al finanziamento dell’opera è sufficiente acquistare un voucher online (del costo di 95 euro e valido per un anno), ricevendo in cambio una cena (un menu degustazione per una persona, comprensivo di antipasto, primo, secondo, dolce e un bicchiere di vino) in un grande ristorante, nonché una stampa in limited edition realizzata dall’illustratrice Cinzia Franceschini per Slurp, altra piattaforma di stampe creative, dedicate agli amanti del design e della cucina. I protagonisti? Eccoli. A Firenze, lo chef stellato Filippo Saporito, presidente dei Jre Italia e patron della Leggenda dei Frati (nel contesto di Villa Bardini, fra giardini e museo dedicato a Pietro Annigoni) concorre per il restauro della celebre Annunciazione del Beato Angelico, ospitato nel Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno. A Roma, Arcangelo Dandini dell’Arcangelo si fa complice del restauro del trecentesco Trittico del Salvatore, custodito nella Cattedrale di Anagni (non lontano da Rocca Priora, città d’origine dello chef). E a Milano, nel cuore di Brera, Daniel Canzian, vicepresidente dei Jre Italia e capitano del ristorante che porta orgogliosamente il suo nome, si fa carico del restauro di un dipinto su carta di Giancarlo Sangregorio, conservato dall’omonima Fondazione nella varesina Sesto Calende. Mentre i maestri restauratori sono Antonio Iaccarino Idelson, Camilla Mazzola e Giovanni Gualdani. Grazie al generoso contributo degli chef, infatti, metà del ricavato dei voucher verrà stanziato per finalizzare la rimise en forme delle opere, ciascuna legata alla regione d’appartenenza dei cuochi stessi. 

Una delle stampe di Slurp

“Quando mi è stato proposto di partecipare a questo progetto ho accolto l’iniziativa con estremo piacere. Per me la cucina italiana è un’identità plurale composta dalle diverse culture gastronomiche regionali, nata dallo stretto legame fra tradizione e territorio. È pura arte, al pari dei luoghi dove è nata e vive. Pensate alla bellezza di Firenze, Roma, Siena, Venezia, Milano: il territorio italiano detiene il 70% del patrimonio storico-artistico mondiale”, commenta Daniel Canzian, fiero di concorrere al progetto. Lui che all’arte ha persino intitolato un intero tasting menu quale il M.O.M.A, ossia Menu Opere Movimenti Artistici, creato in combo con l’amico artista Libero Gozzini. Traducendo in pietanze le mirabilia di iconici esponenti dell’ars. Per un itinerario che inanella la Riflessione sui brodi di Leonardo da Vinci; l’Achrome d’uovo in cereghin; il Minestrone “estivo” milanese in versione contemporanea; il Divisionismo in cucina… un risotto Expo-nenziale (anno 2015); la Seppia alla Veneta dedicato a “Lucio Fontana”; il “Manierismo” di faraona (la faraona in crosta di argilla, il toast di coscette e il mitico ragù “Ada”); e la Sfera di cioccolato omaggio ad Arnaldo Pomodoro (dessert della prima della Scala 2018).


Cristina Viggè
2020-06-25T15:04:15+02:00

Il pasticcere Denis Buosi

Denis, Andrea e Lorenzo Buosi: di padre in figli

Era il suo sogno. Sin da piccolo. E non solo è riuscito a realizzarlo, ma pure a trasmetterlo ai propri figli: Andrea e Lorenzo. Pasticcere e cioccolatiere eclettico e poliedrico, Denis Buosi ha saputo dar forma ai propri desideri, costruendo un mondo nutrito da una passione e un entusiasmo contagiosi. Ben due infatti le insegne che portano impressa la grande “B”: una a Venegono Superiore, laddove papà Ermes e mamma Rosi diedero il via all’avventura nel lontano 1958; e un’altra nel cuore di Varese. Con corredo di un nuovissimo spazio all’aperto, direttamente in Piazza Beccaria. Della serie, quando la pasticceria si allarga e diviene un salotto urbano en plein air. Perfetto per la colazione, per il tè del pomeriggio, ma pure per il pranzo e per l’aperitivo. In città infatti, il sabato e la domenica, l’orario (continuato) si allunga sino alle 21. Mentre il lunch si fa ricchissimo di proposte. Una vera food experience. Capace di dar respiro alla versatile creatività di Denis, con la sapiente accoglienza di Lorenzo. Ecco allora la new collection di panini gourmet - con il bread homemade - e la linea di piatti in vasocottura. In perfetto stile prêt-a-manger.

Riprese a cura di Marco Gallocchio allo stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020


Il pasticcere Denis Buosi riceve la targa di Petra Selected Partners al Sigep 2020 - Foto di Paolo Terlizzi

Ma se la boutique Varese ha il suo spazio in piazza, l’headquarter di Venegono Superiore - sede anche del lab e della B-Academy - ha addirittura un giardino. Per regalarsi una pausa tuffati nel verde, fra sedie e ombrelloni. “Organizzeremo anche alcune serate a tema. Una sorta di apericena nel garden”, annuncia felice Denis. Che, a fine maggio, ha già mandato in scena “Spritz e Pizza”, confermando un'idea dinamica e contemporanea di pasticceria. Che certo non dimentica il suo lato summer. Concentrato nella torta Tropical: una frolla alle mandorle con frutti esotici, impasto di babà al passion fruit e cremoso al mango e frutto della passione. Per sentirsi al mare o all’ombra di una palma. Una delle riuscite sperimentazioni di Andrea, al fianco del padre in laboratorio. Una vera promessa, premiata dal gradino più alto del podio al Campionato Italiano di Pasticceria Juniores 2019. Andrea, che guarda il mondo da un Oblò e non si annoia nemmeno un po’. Giusto per ricordare la sua più nota creatura: una mousse di cioccolato bianco e vaniglia, pan di spagna profumato agli agrumi, composta di arancia candita e sablé al cacao. Della serie, buon sangue non mente.


Andrea, Denis e Lorenzo Buosi

Intanto? Un must rimane il Buosino: summa di cioccolata calda e caffè, con topping di schiuma di latte e granella di cioccolato fondente. Servito in tazza trasparente, con corredo di chocolate spoon. Un’icona, proposta calda per l’inverno, fredda per l’estate e in versione soft con il gelato. Altro cult by Buosi. Che ha pensato persino alla declinazione “barattolino”, allegro e vivace. Una monoporzione monogusto da cento grammi, con palettina incorporata nel coperchio. Perfetto da mettere nel freezer o da consumar passeggiando. Senza dimenticare la vasta gamma di torte fresche e da forno, la linea breakfast e la salutare compilation di succhi, creme e confetture di frutta. Per piccoli desideri. Alla portata di tutti. 


La Pasticceria Buosi di Denis Buosi ha riaperto in entrambe le sedi: Venegono Superiore e Varese. Intanto Denis e Andrea ci propongono la ricetta del loro croissant di segale e avena con grué di cacao e miele.


❓I sogni possono essere democratici❓
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Cristina Viggè
2020-06-25T17:45:46+02:00

Un raffinatissimo soggiorno sul Lago di Como al Filario Hotel & Residences

Leggi l'articolo su milanoevents.it

E se ci fosse una democrazia dei sogni?

I sogni son desideri. Meglio ancora se si possono realizzare. È quello che si propone di fare un portale di nuova generazione come Lovebond.it, evoluzione di quel Dinnerbond.it nato in pieno lockdown, la cui mission possible era e continua ad essere quella di mettere in vendita, a un prezzo speciale, dei voucher per un pranzo o una cena al ristorante (di valore nettamente superiore a quello pagato). Un modo per ripartire, per ricominciare a sognare. Non abbassando la qualità. Certo. Perché l’oste e il ristoratore non rinunciano alla propria identità, proponendola semplicemente a un costo calmierato. E, da parte sua, il commensale può esaudire un desiderio, magari rimasto per troppo tempo nel cassetto. Senza nessun compromesso. Senza nessuna via di mezzo. Grazie a una democrazia del sogno.

Il Filario Hotel & Residences, a Lezzeno, sul Lario

Aperitivo al Filario Hotel & Residences

Un bel progetto, oggi aperto anche all’hospitality made in Italy. Il che significa alberghi, resort, relais, dimore d’epoca, agriturismi. Ma anche un percorso wellness, un giro in mongolfiera, una crociera in barca. Perché no? L’idea è proprio quella di offrire esperienze possibili e raggiungibili. “Vogliamo che Lovebond.it sia uno strumento che le persone possano usare per far star bene sé stessi e gli altri. Tutto ruota intorno all’amore, in primis quello per l’Italia e le sue bellezze. Il nostro intento, infatti, è quello di valorizzare innanzitutto il nostro Paese, i nostri borghi, la nostra cultura, facendo scoprire realtà che, seppur diverse tra loro, esprimono al meglio l’ospitalità italiana e le esperienze ad essa legate”, spiega Paolo Colapietro, uno dei co-founder del portale.


Il Grand Hotel Parker's di Napoli: un cinque stelle lusso

Il Grand Hotel Alassio Resort & Spa, in provincia di Savona


Mentre Massimo Giannuzzi, altro co-founder, fa luce sull’ampia visione del progetto: “Il nostro obiettivo è quello di realizzare un vero e proprio co-marketing con i nostri partner, guardando in prospettiva anche ai mercati esteri, al fine di valorizzare sempre più le strutture e le location italiane. Forti del successo riscosso da Dinnerbond.it, con migliaia di voucher venduti in poche settimane di attività, abbiamo deciso di fare un ulteriore upgrade dando vita a Lovebond.it, il cui focus sarà inizialmente rivolto al mondo dell’ospitalità per poi ampliare l’offerta a tutte le esperienze uniche ed esclusive, riassumibili nel nostro claim: All you can love”. Alla propositiva iniziativa hanno già aderito parecchie strutture: dallo charmant Dominio di Bagnoli (nel Padovano) al Filario Hotel & Residences sul Lago di Como, dal Grand Hotel Alassio Resort & Spa al Grand Hotel Parker’s di Napoli.

 Il Dominio di Bagnoli, a Bagnoli di Sopra, Padova

“Siamo felici di poter cogliere questa opportunità aprendo a Lovebond le porte del Dominio di Bagnoli, un complesso unico che vanta mille anni di storia. L’agriturismo, frutto del restauro delle antiche scuderie, ci permette di accogliere i nostri ospiti in un contesto dal grande fascino che, grazie agli ampi spazi e alla piscina adiacente, offre la possibilità di apprezzare la nostra meravigliosa realtà in totale sicurezza”, dichiara Laura Borletti, proprietaria della bella tenuta veneta, corredata di cantina. E Gianluca Borgna, general manager del lussuoso albergo di Alassio, aggiunge: “Proviamo a rendere memorabile ogni soggiorno dei nostri ospiti con un approccio family friendly, immersi in scenari di un’eleganza d’altri tempi. Con Lovebond vi diamo il benvenuto in Talassio Collection, un nuovo concept le cui parole d’ordine saranno lusso su misura, wellness, sport, alta cucina e relax”.


La Guida InGruppo 2020

Ma non finisce qua. E la ristorazione bergamasca si mette (ancora) in prima linea. Grazie a InGruppo: network, rete, squadra, guida, format, modello di ristorazione che fa dell’unione la sua vera forza. Coinvolgendo una ventina di insegne fra cui molte stellatissime. Una realtà corale - capace d’aver pure contagiato Milano, Monza e Brianza e Sondrio - che torna a proporre la sua celebre iniziativa, pensata per avvicinare tutti all’haute cuisine, bloccata per colpa del lockdown e rilanciata come InGruppo Reload. Così, fino al 7 agosto, si potranno assaggiare straordinari menu al prezzo di 60 euro. Eccezion fatta per Da Vittorio, a Brusaporto; Sadler ed Enrico Bartolini - Mudec a Milano (che propongono il tasting menu a 120 euro). Una formula intelligente, che rende democratico il lusso dell’eccellenza.


Cristina Viggè
2020-06-28T17:51:55+02:00

Simone Salerno al Sigep 2020 - Foto di Paolo Terlizzi

Simone Salerno: charme, charity e chocolat

Due ragazzi. Un sogno. E una dolcissima boutique. Battezzata Chocolat. Come la celebre pellicola con Juliette Binoche e Johnny Depp. “Avremmo voluto chiamarla Xocoatl, con riferimento alla bevanda azteca. Ma era un nome troppo difficile da pronunciare. Specialmente per un senese come me. Così abbiamo optato per Chocolat”, spiega Simone Salerno: millesimo 1984, radici affondate nella contrada dell’Istrice, un inizio in cucina e, man mano, uno spostamento del baricentro verso la pasticceria. Il tutto condito dall’incontro con Alessandra Porta, forte di tutt’altro background. Visti gli studi letterari a Torino. Ma si sa, come in ogni palio, la fortuna ci mette sempre lo zampino. Della serie, il cavallo vincente c’era, il fantino intelligente pure e il fato ha fatto il resto.

Riprese a cura di Marco Gallocchio allo stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020

Così Simone e Alessandra vincono la loro sfida. Inaugurando la loro insegna. Prima, nella bella cittadina toscana. Per poi trasferirsi in quel di Gassino Torinese. Dove tuttora proseguono la loro corsa scalpitante. Andando a mille all’ora. “Stiamo già lavorando per rinnovare e ingrandire il negozio. Vorremmo allargarci, creando un laboratorio più grande. Intanto però ci siamo portati avanti. Abbiamo cambiato tutte le confezioni. Puntando su semplicità ed eleganza. E in questo devo dire che Alessandra è davvero brava”, continua Simone. Che durante il lockdown non si è mai fermato. Mettendoci sempre l’anima. E mettendosi pure in prima fila in molte azioni di solidarietà. Portando un po’ di dolcezza a molti presidi ospedalieri, lanciando l’hashtag #aiutiamochiciaiuta, aderendo alla campagna “Cerco un uovo amico!" promossa dall’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma, e partecipando alla lodevolissima iniziativa benefica “Pizza Sospesa” (in tandem con la Fondazione Specchio dei Tempi), partita da Carlo Ricatto, patron di Bricks, nella città della Mole (a pochi metri dalla stazione di Porta Nuova).


Il maritozzo by Chocolat

“Io e Carlo ci siamo conosciuti in occasione dell’emergenza. È nata subito una bellissima amicizia. E adesso collaboriamo a pieno ritmo”. Certo, perché il torinese locale pop a tutta pizza e tapas ha allungato e verticalizzato la propria offerta, proponendo il format “All day Bricks”. Non solo per meglio rispondere alle esigenze dei consumatori, ma pure per garantire al personale il medesimo livello occupazionale. E si sa, la fortuna aiuta gli audaci. “Noi diamo il nostro contributo con i croissant, i maritozzi, i donuts, le torte e le monoporzioni”, precisa felice Salerno. Che vanta una vetrina tutta sua a “casa” Ricatto. “Sul territorio bisogna fare rete. La collaborazione è fondamentale e necessaria. Dobbiamo ripartire e proseguire insieme. Inutile cantare sui balconi e poi andare ciascuno per la propria strada. Facciamo vedere che siamo italiani. Abbiamo il sole, il vento, il mare. Abbiamo tutto. Uniti potremmo essere fortissimi. Anzi, i più forti”. Simone docet. 


La monoporzione PescAmaretto di Simone Salerno

Sì, ha energia da vendere Salerno. Che intanto crea. Anche la mono PescAmaretto. Rilettura golosa del grande classico che snocciola il frutto estivo per colmarlo con amaretto e cacao. Fuori: mousse all’Amaretto di Saronno. Dentro: bavarese alla pesca, gelée alla pesca e amaretto-biscotto al cioccolato fondente e nocciola. Modernissimo e rétro. “Inoltre proponiamo il gelato in barattolo. Da 250 e da 500 grammi. Lo abbiamo chiamato Gelato da Divano, perché è perfetto da consumare in totale relax. Facciamo qualche gusto tradizionale. E quattro gusti intitolati alle serie di Netflix. Uno è con arachidi, caramello salato e cookies. Un altro è un fior di panna con passion fruit, vaniglia e croccante ai cereali. Un altro ancora è un omaggio ai baci di dama con cioccolato fondente e nocciola; e l’ultimo prevede arancia, mandorla, pistacchi, cioccolato bianco e zafferano”. 


Una delle creazioni di Simone Salerno

Un’offerta variegata quella di Chocolat. Che non trascura la parte salata. Traduzione: croissant farciti, tramezzini e focacce. “Le prepariamo un po’ noi. E un po’ Bricks”, continua il pasticcere, rinsaldando la combo con l’insegna-amica di Torino. “Inoltre, continuiamo a fare le consegne con il nostro furgoncino. Abbiamo tanta carne al fuoco. Speriamo di non bruciarla”. E hanno anche tante parole da comunicare. Basta andare sul bel blog seguito da Alessandra per capire. E scoprire nuovi modi di raccontare la pasticceria. 


La boutique Chocolat di Simone Salerno ha riaperto a Gassino Torinese (Torino). 


❓Per realizzare un sogno serve un po' di fortuna❓
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Cristina Viggè
2020-06-28T18:43:38+02:00

Crocca ha appena aperto a Milano, in via Fiamma 4

Leggi l'articolo su mixerplanet.it

La fortuna aiuta gli audaci?

La fatalità. La dea bendata. È rigorosamente un’estrazione a sorte a decidere: a quale contrada vada assegnato un cavallo. Poi, certo, arrivano il fantino, l’allenamento, le prove. Tanto, il caso torna. A stabilire l’ordine d’ingresso al canape. E a vigilare su tutto il Palio di Siena. Tre giri di piazza del Campo che si dimostrano un vero concentrato di bravura, abilità, tattica e fortuna. Che, forse, preferisce i coraggiosi, i temerari e gli illuminati. Coloro che sanno osare. Memento audere semper, ricorda Gabriele D’Annunzio. Facendo incidere il mantra sul frontone del Vittoriale, a Gardone Riviera.


Se il mood è Crocca(nte)

Chissà se la fortuna aiuta gli audaci. Indubbiamente agevola chi ha preparazione, passione, visione e cuore. E il pensiero vola a una squadra determinata, professionalmente tenace e allenata, ma pure caratterizzata da un quid che la contraddistingue. Un misto di sogno, sensibilità e generosità. Che la porta a raggiungere inattesi e meritatissimi traguardi. È il dream team che sta alla regia di Marghe, Pizzium, Giolina, Gelsomina e Locanda Carmelina. Ossia Nanni Arbellini, Ilaria Puddu e Stefano Saturnino. Una squadra forte e coesa, che qualche giorno fa ha dato forma a Crocca: in via Fiamma 4. Sempre a Milano (non lontano da Corso XXII Marzo), ma anche insieme a Michele Ferrara (prima executive chef di Pizzium e ora alla regia del “prodotto”) e Marta Volti (in precedenza socia di Saturnino nell’avventura di Panini Durini). Un gruppo vincente. Ma anche saggio e sapiente. Capace di creare format in cui alla qualità si va a unire sempre una fortissima identità. Dando vita così a creature uniche. Per proposta, senso e valore.

Michele Ferrara - Foto di Thorsten Stobbe

Come accade anche per Crocca. Un nome, una garanzia di croccantezza. “Adesso so dove mandare chi mi dice che la pizza napoletana è morbida e che lui si immaginava fosse croccante”, dichiara Nanni su Facebook. Il mood? Quello piacevolmente rétro della pizza tonda, sottile e friabile degli anni Settanta-Ottanta. Il tutto senza nostalgia. Senza patina old style. Senza fascino fané. Anzi. Il tutto innervato di energia, eleganza, simpatia, vivacità contemporanea e autenticità italiana. A partire dall’impasto. Digeribile e leggerissimo. Messo punto con la farina Più Snella di Petra (preziosa di farro integrale, soia e crusca tostati). “Faccio un 30% di biga, portata a 24 ore. E la chiudo il giorno dopo con un 15% di semola rimacinata, 15% di farina di mais e sempre la Più Snella”, spiega l’attento e meticoloso Michele.

Nanni Arbellini, uno dei capitani di Crocca

Una quarantina le pizze in carta. Alcune un chiaro omaggio ai grandi cult, come la Capricciosa, la Quattro Stagioni, la Quattro Formaggi, la Diavola, la Tonno & Cipolla (ovviamente rossa di Tropea) e il Calzone. Altre sono invece un tributo ai must made in Italy. Ecco allora la Lasagna, con pomodorino del piennolo del Vesuvio, fiordilatte d’Agerola, macinato di scottona piemontese, prosciutto cotto, ricotta di bufala, olio extravergine e basilico; l’Amatriciana, con pomodoro San Marzano, fiordilatte d’Agerola, guanciale croccante e fonduta di pecorino romano; e la Carbonara, cui concorre l’uovo cotto a bassa temperatura e il pepe nero. E ancora, la Ragù, la Polpette & Melanzane, la Salsiccia & Funghi (con porcini e crocché di patate), la Porchetta & Patate (con la porchetta di Ariccia), la Salame di cinghiale & Piselli e la Patate & Cavoli (con gorgonzola, cavolo cappuccio viola e patate al forno).

Preparando l'impasto che dà forma alle pizze di Crocca

Pizze gioiose. Che ricordano i festosi pranzi domenicali in famiglia. A cui si va ad aggiungere la preparazione fragrante e mediterranea per antonomasia: la bruschetta. In diverse variabili e varianti: con pomodorini rossi e gialli; con fonduta di taleggio, prosciutto di Parma, miele millefiori e basilico; con stracciatella pugliese e zucchine fritte. Sempre partendo dal pane fatto rigorosamente in casa. E poi? Qualche primo piatto iconico. Dai rigatoni alla carbonara ai bucatini all’amatriciana; dalle tagliatelle al ragù bolognese alle trofie al pesto, patate e fagiolini; passando per le orecchiette con cime di rapa, salsiccia artigianale e parmigiano reggiano. Per un croccante racconto italiano.


Cristina Viggè
2020-07-14T16:56:38+02:00

Massimiliano Fraccarolo e Riccardo Furlani - Foto di Thorsten Stobbe

Furlani e Fraccarolo: il nostro Fattore F

“Siamo ripartiti bene. Anche se in verità, durante il lockdown, non abbiamo mai smesso di lavorare. Grazie soprattutto alle consegne a domicilio. E poi ci siamo concentrati moltissimo sulla comunicazione. Su IGTV e sulla pagina di Instagram, dove abbiamo conquistato 1.500 follower in un solo mese”, racconta fiero Riccardo Furlani. Classe 1988 e al comando, in tandem con Massimiliano Fraccarolo (annata 1996), di Fattore F, nel cuore di Vicenza. “F” come le iniziali dei loro cognomi, che unendosi vanno a creare un logo-spicchio di pizza. Ma “F” anche come farina, fermentazione, fragranza, forma, filosofia. Certo. Perché il sogno dei due ragazzi si è realizzato tenendo fede a un pensiero dinamico e poliedrico di locale. Capace di cambiare, seguendo l’iter evolutivo della giornata, e non dimenticando il momento aperitivo. Quando il concetto di “bacaro della pizza” trova la sua massima espressione. Grazie al Toketin, servito nella zona bar. Traduzione? Il classico cicchetto veneziano sublimato in pizza. Dalla foggia piccola e tondeggiante e farcito al top. In maniera divertente e fantasiosa.

Il Toketin, firmato Fraccarolo e Furlani

Alla base del Toketin? Un impasto figlio della Sensazione, pizza al padellino super idratata (al 90%), iper soffice e preziosa di una piacevole crosticina. Solo che, in questo caso, la cottura avviene prima al vapore e poi nel forno elettrico. “La Sensazione rimane comunque un nostro cult”, precisa Riccardo. Che con Massimiliano la propone in diverse versioni. Ecco allora La Porcina, con burrata pugliese di Andria, porcini scottati in padella, coppa di maiale affinata nel Durello (by La Casara Roncolato) e scaglie di Asiago stravecchio di malga (Presidio Slow Food); La Parmigiana, con pomodoro San Marzano di Paolo Petrilli, mozzarella di bufala campana (by Punto Vitale), melanzana grigliata, ciuffi di ricotta e menta fresca; la 32 Volte SI, con burrata, prosciutto crudo Sant’Ilario di 32 mesi e germogli di basilico; e la Elemento di Stagione, summa di burrata, funghi misti saltati in padella e insaporiti con un leggero trito di prezzemolo fresco e scaglie di tartufo nero scorzone dei Colli Berici.

L'impasto Sensazione unisce sofficità e leggera croccantezza


La 32 Volte SI

“In questo periodo andiamo avanti passetto per passetto. Siamo artigiani, ma pure imprenditori. Vogliamo farcela con le nostre gambe. Così abbiamo preferito offrire una carta un pochino più ristretta. Che si concentra sulle materie prime di eccellenza, senza sprecarle. Nel senso che quello che acquistiamo siamo certi di usarlo e di non buttarlo. E i risultati si vedono. Con meno costi stiamo facendo i medesimi incassi”, spiega saggiamente Riccardo. Attento tanto agli impasti quanto alla contabilità. Un buon risultato, insomma, cui contribuiscono i servizi d’asporto e delivery.


La Fattore Orto, a fermentazione spontanea


La Sensazione: versione Elemento di Stagione

“Abbiamo anche introdotto la pizza in teglia, sempre a base di lievito madre, e la classica tonda al piatto. E, talvolta, presentiamo anche la pala”, continua Furlani. Orgoglioso anche della loro Spontanea: senza lieviti aggiunti e virtuosa di Petra 1 e Petra 9, la “tuttograno” di Molino Quaglia. Voilà la Fattore Orto, con pomodoro San Marzano by Paolo Petrilli, fiordilatte pugliese, ratatouille di verdure di stagione (melanzane, peperoni rossi e gialli e cipolla rossa), fungo pleuroto e croccante di semi misti; la Picca ma non morde, cui concorrono la cipolla rossa caramellata al vino rosso, i capperi di Salina (altro Presidio Slow Food) e la ’nduja di Spilinga; e la Marinar nel Cantabrico, complici le olive taggiasche, i filetti di acciughe del Mar Cantabrico e il prestigioso extravergine di Antonino Centonze (tutelato come Presidio Slow Food) aromatizzato all’aglio. 


Colori e sapori genuini nelle pizze di Fattore F

Una bella combo Fraccarolo e Furlani. Che intanto stanno sostenendo propositive sinergie con altre realtà vicentine, come l’Enosteria Bissara. “Certo, il pane glielo prepariamo noi. Facciamo delle ciabattine classiche, ma anche integrali, alle noci, ai cereali. Poi i commensali possono farcire il tutto a loro piacere. Ci siamo subito intesi. Perché loro, come noi, puntano alla massima qualità”, spiega F senior. Mentre la dessert zone è tutta nelle mani del pasticcere Andrea Guagliarone, che propone monoporzioni in grado di coniugare il gusto con l’estetica. Non tradendo la stagionalità. Come accade nella tarte croccante di frolla alla nocciola con frutta fresca e crema alla vaniglia bourbon.  


La pizzeria Fattore F di Massimiliano Fraccarolo e Riccardo Furlani ha riaperto a Vicenza. Intanto Massimiliano e Riccardo ci propongono la ricetta del loro Toketin, da farcire con stracciatella pugliese, porcini saltati in padella e coppa affinata nel Durello. 


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Cristina Viggè
2020-07-15T12:02:12+02:00

Champagne en Liberté, un evento firmato Alberto Massucco

Leggi l'articolo su torino.corriere.it

E se ricominciassimo da tre?

C’è chi, inseguendo un sogno, cambia vita, paese, professione. E c’è chi spalanca finestre azzurre, concedendosi nuove possibilità, senza trascurare quel che sa far già. Un po’ come nel film di Massimo Troisi: “Tre cose me so’ riuscite dint’ ’a vita, pecché aggia perdere pure chelle? Che aggia ricomincia’ da zero? Da tre!”. E così Alberto Massucco non rinnega il suo essere un uomo colto e curioso, non dimentica il suo ruolo di pater familias e non trascura le sue responsabilità aziendali (lui è un industriale di successo, alle redini della torinese Massucco Industrie, specializzata nello stampaggio e nella laminazione a caldo di anelli per cuscinetti a sfera, destinati al settore ferroviario e persino aerospaziale), ma alza con fierezza un calice di Champagne. Il suo hobby, la sua chimera. Oggi divenuta una fiorente e dinamica attività parallela. Della serie, acciaio e acini non sono poi così dissimili. Perché entrambi possono concentrare materia e immaginario, concretezza e sogno. Basta saper osservare con positività e ottimismo il futuro.

Alberto Massucco e il suo sogno a tutto Champagne

“Avevo quindici anni quando mi sono innamorato per la prima volta. E quella stessa sera mi sono anche innamorato dello Champagne. Un segno, un presagio”, racconta Alberto. Che, piano piano, prende sul serio la cosa. E va spesso in Francia. “Ma molte volte i troppi impegni me lo impedivano. Poi ho conosciuto Alberto Lupetti, uno dei più grandi intenditori italiani di Champagne, e grazie a lui ho conosciuto meglio questi vini”, continua il visionario e appassionato imprenditore. Che, qualche anno fa, dà forma al suo desiderio: importare e distribuire nel Bel Paese etichette d’Oltralpe. Sì, ma non a caso. Bensì selezionando solo ed esclusivamente vigneron indépendant ed eroici. Quelli che non accettano compromessi: i cosiddetti récoltant-manipulant. Coloro che vinificano le uve coltivate da loro stessi. In una sorta di filiera corta, coerente e sostenibile.

Lo chef Santino Nicosia, Laura Gobbi, Alberto Massucco, Nancy D'Aiuto e Cinzia Zanellato

Nasce così la Alberto Massucco Champagne. Con Cinzia Zanellato a capo della parte commerciale. E con quattro maison ad alimentare l’eccellente e brillante “dispensa”. Voilà Jean-Philippe Trousset, piccolo produttore ai piedi della Montagne de Reims, con 7,6 ettari dislocati in tre villaggi premier cru: Les Mesneux, Sacy e Ville-Dommange. E ancora, Éric Taillet, l’artista del meunier (e fondatore del Meunier Istitut), nonché quarta generazione di vigneron a Baslieux-sous-Châtillon, nella Vallée de La Marne, dove guida 5,7 ettari dall’esposizione eccezionale. E poi il giovane enologo Guillaume, capitano della maison Gallois-Bouché: 3,5 ettari di vigneti (coltivati dal papà di Guillaume) vocati a pinot noir (a Vertus, villaggio premier cru nella Côte des Blancs) e a chardonnay (nella zona che confina con Le Mesnil). Non da ultima madame Mathilde Devarenne, vigneronne al timone della maison Rochet-Bocart, i cui vigneti si trovano nel villaggio premier cru di Vaudemange, in quella parte della Montagne de Reims esposta a est e consacrata allo chardonnay. Mentre il pinot noir risponde all’appello nel grand cru di Verzy. Meravigliosa Mathilde, che fa parte de Les Fa’Bulleuses, associazione di sette produttrici di cuore, anima e talento. “Ci impegneremo a portarle in Italia per un evento”, annuncia Massucco.

Gli Champagne by Rochet-Bocart


Il Millésime 2014 by Jean-Philippe Trousset

Cinzia Zanellato, Laura Gobbi e Alberto Massucco brindano en liberté

Gli Champagne di Éric Taillet

Intanto? Alberto, oltreché importatore e distributore, diviene produttore. “Sì, ho acquistato una vigna in Francia. E chissà, presto ne prenderò un’altra”, svela lui. Titolare a pieno titolo di un vigneto a Cuis, nel dipartimento della Marna, con vicini di casa niente meno che Bollinger e De Sousa. “I francesi hanno accolto bene la mia impresa. Del resto noi italiani siamo ben visti e rispettati. Anzi, hanno persino ascoltato certi nostri consigli sui calici. Perché loro continuano a proporre lo Champagne nella flûte, che è lunga e stretta. Oppure nella coppa, che è ormai desueta. Utilizzata quando il vino era più dolce. Meglio invece calici ampi, ideali per far esprimere tutti gli aromi”, continua Alberto. Che ha affidato la messa a punto della nuova collezione all’amico Erick De Sousa. In programma? Il Millesimato Alberto Massucco Champagne Grand Cru, un assoluto di chardonnay; e la Cuvée Mirede, intitolata a chi lo ha sempre incoraggiato a seguire i propri sogni. “Ma dovremo attendere il 2023-2024 per assaggiarli. Voglio prodotti eccellenti. I vini sono come le persone. Se sono più anziani hanno maggior esperienza”.

La secentesca Villa Sassi, a Torino

Alla regia dell'evento Champagne en Liberté c'è Laura Gobbi

L'energia e l'allegria dello Champagne


Alberto Massucco, Laura Gobbi, Alberto Lupetti e Arnaldo Tranti

Un imprenditore folle e razionale Alberto. Che per celebrare la fine del confinamento ha deciso di far festa. “Certo. È il nostro modo per reagire e ripartire. Per ricominciare a vivere. Dopotutto lo Champagne mette allegria. Non si è mai visto nessuno berlo ed essere triste”, precisa saggiamente lui. Deus ex machina di un evento andato in scena recentemente a Villa Sassi, secentesca dimora torinese tuffata nel green di un parco secolare: Champagne en Liberté!, con la regia della creativa project manager (sempre attenta al territorio) Laura Gobbi. Insomma, Champagne senza stereotipi, senza cliché e senza briglie. Capaci di raccontare tutto il loro potenziale. In un classico abbinamento col caviale: oscietra, griffato Royal Food, realtà di Calvisano (nel Bresciano) condotta a gonfie vele da Carlo Dalla Rosa e dalla moglie Nancy D’Aiuto. Ma anche in un unconventional pairing con le pietanze sabaudo-siciliane studiate dallo chef Santino Nicosia, patron del ristorante Al Garamond di Torino. Per un esuberante succedersi di vastedda all’olio cunzatu (condito), grissini alle erbe, mini burger con mortadella tonnata, sandwich di salsiccia di Verduno, caponata di melanzane, cannolo alla Norma e gambero rosso di Mazara del Vallo con scorzette d’arancia amara. Non tradendo la fassona (servita con uovo stracciato e caviale), il risotto (con scampi e ortica) e il maialino delle Madonie. Corredato di frittedda. Per chiosare a ritmo di piemontesissimi anicini e paste di meliga.


Caviale e Champagne, un evergreen

Abbinamenti senza briglie per gli Champagne selezionati da Alberto Massucco


Lo chef Santino Nicosia spruzza l'olio cunzatu sul pane vastedda

Royal Food Caviar, un'eccellenza tutta italiana

Le atmosfere oniriche di Champagne en Liberté!: format dal brillante futuro

Nei calici? Il vivace e scintillante Blanc de Blancs, nonché l’elegante, energico e minerale Blanc de Noirs by Rochet-Bocart. Le due espressioni del meunier targate Éric Taillet: il sottile e charmant Éxlusiv’t, prezioso di un 30% di vini di una réserve perpétuelle creata dal vigneron; e il fuoriclasse Bansionensi, che passa circa tre anni sui lieviti, chiuso con il tappo di sughero. E ancora il tonico Millésime (50% chardonnay e 50% pinot noir) e il lucente e raffinatissimo Rosé di Jean-Philippe Trousset, scattante assemblaggio di pinot noir (di cui l’8,5% in rosso), chardonnay e meunier. Che si propone al mercato italiano con un’etichetta essenziale e contemporanea, realizzata dal designer valdostano Arnaldo Tranti. In un perfetto dialogo tra Francia e made in Italy. 



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