Pesce poliglotta

    Stefano Cuccu e il mare multiculturale

    A Milano s'infrangono le onde (e anche le regole). Grazie a Mar’è - il Buon Gusto, ristorante che, non lontano dal Duomo e da San Babila, getta l’ancora nella profonda cultura ittica. Pescando e mettendo nella rete ingredienti, alimenti ed elementi differenti

    C’è chi lo serve puro, purissimo. E c’è chi, come lui, preferisce innervarlo di sapienza e conoscenza. “Perché un ingrediente si può migliorare solo facendo leva sul proprio bagaglio culturale”, spiega lo chef Stefano Cuccu, gran timoniere di un ristorante milanese col mare dentro. Anzi, che al mare mette l’apostrofo e pure l’accento: Mar’è - il Buon Gusto, in equilibrio fra Largo Augusto e il Tribunale. “Lo abbiamo aperto nel 2018, ma Stefano è arrivato da noi nel 2022”, precisa il patron Roberto Zecchi. Orgoglioso di uno spazio elegante e avvolgente, intimo e felpato, ovattato e rassicurante. Come un abbraccio. Una zona comfort, che si muove fra candidi tovagliati e pareti blu petrolio. Mentre ergonomiche sedute in tessuto griffate Zanotta assicurano un pranzo o una cena tuffati nella più assoluta comodità. Tanto l’energia, il vigore e la grinta sono tutte nella cucina globe-trotter di Stefano. 

    Il resident chef Stefano Cuccu, dalle origini sarde

     

    Fish & Wish

    Stefano. Classe 1970, nato a Savona da genitori sardi. “Mi ricordo ancora quando andavamo per chioschi, nel Cagliaritano, a mangiare i ricci di mare”, racconta, mentre gli sorridono e gli si illuminano gli occhi. “In realtà poi sono stato per ben 35 anni fuori dall’Italia. Merito anche di una lunga esperienza in Hilton, grazie alla quale ho potuto viaggiare, conoscere, facendo di tutto e imparando moltissimo”, continua lo chef. Mentre rammenta il suo periodo londinese. “Negli anni Novanta facevo persino i Martini. Poi, con l’arrivo del Duemila, ho raggiunto quella maturità necessaria per mettere a frutto le mie idee”. Londra, ma anche Birmingham e Bristol. Per seguire il management di alcune startup. E poi America e Australia, Giappone e Sudafrica. E incontri ravvicinati con le culture messicana, francese e tailandese. Un bel bagaglio di nozioni. Che Stefano ha in pugno e nella testa. Per questo la sua è una cucina di mare multiculturale. Sì, perché fusion non sarebbe il termine azzeccato. A lui viene naturale utilizzare questa o quella tecnica, pescare da questa o quella tradizione. Perché tutto fa parte della sua fluida valigia mentale. E così il fish sublima in wish. Incontrando le ricette della tradizione italiana, dalla carbonara alla cacio e pepe; oppure strizzando l’occhio alla saggezza nipponica o all’esuberanza americana. Nessun confine. Neppure tra dolce e salato. Anzi, mister Cuccu ama innestare nei piatti elementi tipici della pasticceria. Del resto, il mare non ha barriere. E Stefano abbatte ogni schema e tabù.

    Gli eleganti e avvolgenti interni del ristorante evocano il mare e dialogano col mare

     

    Crostacei e circolarità

    Il pesce (del centro ittico di Milano) come centro di gravità permanente. Intorno al quale ruotano memoria, sperimentazioni, tecniche e preparazioni diverse. E così un friabilissimo cestino di pasta fillo accoglie uno zabaione alla carbonara e uno scampo avvolto nel guanciale. “Per fare lo zabaione salato utilizzo uovo, strutto di maiale e parmigiano reggiano. E li metto nel sifone, così da ottenere una consistenza ariosa e spumosa”, spiega lo chef. Mentre gli spaghetti alla chitarra si lasciano conquistare da una salsa cacio e pepe, con code di gamberi e salicornia saltata in padella. Code di gamberi e salicornia protagonisti anche di un altro piatto, complici crema di stracciatella, alici del Cantabrico, speck e crumble dai profumi provenzali. Il tutto affumicato all’origano, sotto una campana di vetro. “Ho preso spunto da un ricordo: quello del pesce gratinato. Anzi, delle cozze gratinate. Solo che in questo caso la gratinatura sta sotto e non sopra il pesce”. Insomma, una panatura inversa. Al punto che il fish pare adagiarsi on the beach. Gamberi, crostacei molto amati da Stefano. Che li abbina con maestria anche a una panna cotta al mais, con corredo di crema lenta di stracciatella, olio al basilico, crumble al nero di seppia e bottarga e gel di melagrana, a dar la sferzata tannica. E la testa del gambero di Mazara del Vallo? Mica si butta, anzi, si valorizza in un tempura giapponese dall’effetto crispy, con zabaione caldo alla bisque d’astice. Preferibilmente blu. Anche lui cucinato con sapienza. “Chele e coda sono perfette per la pasta. Mentre con la testa preparo per l’appunto una bisque. Oppure faccio uno zabaione, con tuorlo e vino bianco”. Sempre della serie, nulla va sprecato, ma elevato.

    Alcune delle creazioni di Stefano Cuccu. Che ben sa mescolare dolce e salato, vicino e lontano, attingendo anche dalla pasticceria

     

    Seppie, ricci e ghiribizzi

    Crudo e cotto. Freddo e caldo. Fluffy e crunchy. Cuccu mixa. E anche i tortelli ripieni di gamberi gli danno ragione. Tortelli dalla rosata e delicata farcia, che incontrano la loro bisque, impreziosita dalla vaniglia, il “rosso” di Mazara crudo crudissimo e le chips di riso. E le seppie? Eccole, sublimate in polpetta, in un vis à vis con un sashimi di salmone marinato alla barbabietola, salsa di mango agrodolce e gel ai fiori di sambuco. Mentre gli adorati ricci si fondono col burro, per nappare gli gnocchi, insieme a un ragù di scampi; e i frutti di mare finiscono in un riso al salto (milanesità imperat et docet). Tanto poi arriva il tonno. “E siccome è considerato il maiale del mare, ho pensato di trattarlo alla stessa stregua del maiale”, puntualizza il cuoco. Che prende il trancio di tonno e lo accarezza con diverse spezie (cumino, coriandolo, pepe, origano, paprika dolce piccante), per poi scottarlo e servirlo con una salsa bbq. Quasi fosse una costina. A lato: cetriolo compresso all’aceto di riso. Per resettare il palato. Senza dimenticare la spigola brasata con burro al tartufo, porcini e corredo di asparagi cotti in estrazione di parmigiano reggiano 24 mesi. Certo, il formaggio col pesce. E, a fare da trait d’union, le sfumature terrose dei funghi e gli accenni erbacei degli asparagi. “E se trovassi gli anemoni li farei pastellati e fritti”, commenta felice Stefano. 

    Pesce per Stefano significa anche stagionalità, non scarto e circolarità. Nel segno della sostenibilità

     

    Col pesce, bianco o rosso?

    In sala c’è la presenza garbata e rassicurante del maître Andrea Alberti. Che presenta anche la carta dei vini: prevalentemente bollicine e bianchi (ottimo a tutto pasto il Müller Thurgau della cantina altoatesina St. Michael-Eppan), anche se non mancano rossi importanti, come il Niccolò V della ligure maison Lvnae, l’Amarone di Masi, il Brunello di Montalcino di Banfi e il Sagrantino di Montefalco by Arnaldo Caprai. Per dessert? Mousse di cioccolato fondente, tartufo bianco e zabaione al Marsala; panna cotta alla Piña Colada con petali di mango, cupola di cioccolato e crumble di cioccolato; e petit four, a ritmo di bonbon, biscottini, meringhette, croccantini e tuile al sesamo. “Tutto fatto in casa”, chiosa Cuccu.  

    T: Cristina Viggè

    27-04-2023

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