Un vino dorato e brillante il Ruzzese. Che respira il mare, affondando le radici nella terra. Un vino che si fa notare, non solo per la sua etica, ma pure per la sua estetica. “La sua bottiglia viene immersa in una vernice marina. Quella che si usa per tinteggiare le barche”, ammette Zoppi. Mostrando l’esile bottiglia trasparente: pulita, minimale ed essenziale, tuffata per buona metà nel turchese. O meglio, nel Pantone 6034. Un azzurro pastello, ormai eletto a iconico tono della maison. Pronto addirittura a divenire il refrain della maison, lasciando il segno su scatole, libretti e brochure. Intanto anche la capsula in gomma lacca del Ruzzese si tinge di turchese, insieme al suo nome, scritto tutto attaccato e da scandire tutto d’un fiato: diciassettemaggio. “È una dedica a Giuseppe, nato il 17 maggio”, sussurra Davide, in un gesto d’amore e di stima. “L’Intraprendente invece sono io, Davide”, confessa poi, indicando un altro passito bianco, figlio di bosco, vermentino e albarola. Come lo Schiacchetrà, pur non essendo uno Schiacchetrà (perché fuori dalla doc). Segni particolari? In etichetta compare un bimbo accovacciato e concentrato, intento nella pesca. Mentre al palato dispensa note floreali di ginestra, sfumature di erba di campo, nonché accenti fruttati di frutta candita. Un nettare elegante e scintillante, ma al tempo stesso verticale e abissale. “Anche in questo caso tutti i grappoli, dopo l’appassimento, vengono sgranati a mano, in un vero e proprio rituale”, commenta Davide. Felice della sua cantina: una casetta verde circondata dal verde (di un uliveto). Che, in località San Giorgio, guarda il mare dall’alto di una collinetta. Anzi, i tour nei vigneti hanno inizio proprio da qui, per poi snodarsi fra sentieri, orti, filari, coltivazioni di fragole, more e lamponi bio, nonché un apiario animato da 300mila api.