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Un ristorante. Con due anime. Per nutrire quattro differenti momenti della giornata. Ecco spiegato il perché di 142 Restaurant, posizionato nella meneghina Porta Genova e capitanato dalla volitiva Sandra Ciciriello, insieme ai tre sodali Nello Barbieri, Chiara Orrù e Alessandro Montanari. Un grintoso quartetto per una cucina giocosa e ironica, capace di amplificare i sensi
“Spesso mi chiedono: perché proprio questa zona? Allora io rispondo: è la zona ad aver scelto me. Anzi, ci siamo scelte. Perché le cose belle portano cose belle”, dichiara Sandra Ciciriello. Assolutamente concentrata nel suo 142 Restaurant, inaugurato nel settembre 2019 in corso Cristoforo Colombo, a Milano. Un’arteria di Porta Genova per capirci. “È il corso più corto d’Europa”, precisa lei. Orgogliosa di uno spazio unico, scandito in quattro momenti della giornata (colazione, pranzo, aperitivo e cena) e nutrito da due anime. “La sala e la cucina. Perché in un ristorante che si rispetti l’una non può stare senza l’altra”. Lei lo sa molto bene: per anni al fianco di Viviana Varese nell’avventura di Alice e ora cerimoniera di un luogo speciale. Da leggere scandendo una per una le tre cifre, oppure pronunciando all’inglese: one fo(u)r two. Con quel quattro che va a indicare anche il poker di capitani del locale. Sandra in primis: nativa di Ostuni, una grande passione per il vino e un’infinita fede nel mare. “Io non potrei vivere senza la tessera del mercato del pesce di Milano. Per me è come un vestito”, dichiara da vera esperta in commercio ittico (e pure ortofrutticolo). E ancora, i sodali della Ciciriello: lo chef Nello Barbieri, dalle solari origini ischitane; la sous-chef Chiara Orrù, sarda di Cagliari (e compagna di Nello); e il pastry chef Alessandro Montanari, ternano doc, con l’impeto delle Cascate delle Marmore nelle vene. Comun denominatore? Nello, Chiara e Alessandro sono giovani, talentuosi e coraggiosi; si sono conosciuti da Alice; e hanno girato il mondo. Per poi tornare a Milano con un poderoso bagaglio d’esperienza.
Un locale vivace, scattante e contemporaneo il 142 Restaurant, posizionato in Porta Genova, a Milano
Oro e ottanio
“Le luci cambiano. Si alzano o si abbassano. A seconda dei momenti della giornata”, spiega Sandra. Descrivendo un ambiente unico, eppur ritmato da sale, salette e salottini dallo spirito riservato. Uno spazio materico, eppur leggero e luminoso (sono ben cinque le vetrine sulla strada). Un locale informale, dinamico, volitivo e contemporaneo. Il cui progetto architettonico porta la griffe di Giorgia Longoni. Mentre la cucina-teatro è stata creata sartorialmente da Fabio Ferrandino della maison Marrone. E il bancone all’ingresso altro non è che un mosaico, divertente e colorato, realizzato con le capsule di spumanti ed etichette provenienti dalla collection personale di Sandra. Poi è tutto un dialogare fra la lucidità dell’acciaio e la solidità del marmo, fra l’abissale profondità delle pareti e l’esuberanza aurea-senapata dei divanetti. Sì, oro e ottanio. Ma pure specchi, vetrinette, librerie, scritte al neon dai toni fluo e tavoli pollockiani studiati da Sandra e dalla sua squadra, nonché messi a segno da abili artigiani. Modernità e dettagli vintage. Occhiali e caramelle. Vuoti e pieni. La sensazione di accomodarsi in un tinello di casa, ma con tutti i comfort di un ristorante che ben conosce l’arte dell’accoglienza.
A sinistra, Giro d'Italia. Al centro, la saletta privé. A destra, Omaggio a Lucio Fontana
Esuberanza mediterranea
Soave e viscerale. Rigorosa ed estrosa. Seria e scanzonata. Educata e ironica. Pacata e scattante. Così è la cucina di 142. Che pesca dalla memoria per attualizzarla in pietanze interattive, che mettono il sorriso. Coinvolgendo la tradizione italiana, sbirciando oltre confine e prendendo qualche spunto persino dal mondo dell’arte. Come accade in Omaggio a Lucio Fontana, in cui le acciughe del Cantabrico finiscono su una tela con cavalletto, quasi a creare dei “tagli” in verticale. Per un quadro tutto da gustare, in abbinamento a un piattino orizzontale, contenente burro e pan brioche. Pesce. "Sì il pesce è pienamente nelle mie e nelle nostre corde”, ammette Sandra. Che serve pure un’impeccabile tartare di branzino (ma il pescato varia, a seconda del mercato) con concassé di verdure (come pomodoro, peperone e cetriolo) e leche de tigre in pairing. Leggerezza e freschezza, in una ventata mediterranea che porta per un attimo, fra acidità e lieve piccantezza, in Sudamerica. Non a caso il piatto si chiama Peruano. E guarda caso basterebbe aggiungere un “9” a 142 per ottenere un millesimo strategico: quel 1492 in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America. Ha invece la forma dello Stivale Giro d’Italia (isole comprese): tartare di fassona piemontese (tagliata rigorosamente al coltello e per questo piacevolmente irregolare) pronta a raccontare la biodiversità del Bel Paese attraverso tre ingredienti geolocalizzanti: crema di Montasio, in omaggio al Friuli Venezia Giulia; lampascione, a valorizzare la Puglia; crema allo zafferano in un’ode alla Sardegna. “I pastori dicono che la spezia abbia persino virtù corroboranti”, ricorda la Ciciriello. A latere, chips di riso: bianca, rossa (al pomodoro arrosto) e verde (al basilico). Per un inchino al Tricolore.
Alcuni dei piatti iconici del poliedrico ristorante
Gioco, gesto, coraggio
E a proposito di colore, voilà un piatto nutrito da accesi cromatismi. Colori: riso al prezzemolo, salsa di peperoni gialli e rossi di Carmagnola e polvere di olive. A rammentare la terra, in una piacevole sabbiosità che ben contrasta con la lucente fluidità delle salse di un risotto all’onda. Mare, mare, mare che torna. Anche nello spaghetto. O meglio, nell’Oro Mio: spaghetti con emulsione di bottarga di muggine sarda (of course). “La bellezza di questo piatto sta nella semplicità e nell’essenzialità degli ingredienti. Pasta e un’emulsione di olio extravergine e bottarga”, racconta Sandra, spiegando una ricetta rotonda, eppur profonda. Intanto emerge lui, il polpo. Che dà fiato ai suoi tentacoli. Pardon, Ten-Taco-Li. Certo, perché il mollusco morbido-croccante al tè affumicato abbraccia una crema di patate volutamente callosa, una maionese messa a punto con l’acqua di cottura del polpo stesso e qualche filetto di pomodoro. Il tutto da avvolgere, stringere, catturare e concentrare - usando esclusivamente le mani - in un taco. Osando far la scarpetta. Questione di gesti. La cucina, del resto, è fatta anche di gestualità. Come accade nel lecca-lecca: sensualissima crema di mirtilli e yogurt da assaporar solo con la lingua. Mentre bisogna usare le dita nel dolce Tiramisuovo. Traduzione: vaporosa crema al mascarpone celata in un guscio di cioccolato fondente e sferificazione di caffè. Uovo da prendere e lasciar cadere nel piatto, per poi far piovere pezzetti di pan di spagna al cioccolato e streusel. Per un unconventinal tiramisù. Scherzosi, scoppiettanti e circensi sono poi i Pop Corn: popcorn caramellati uno tira l’altro, serviti nell’iconico coffret a strisce bianche e rosse con corredo di bonbon alla crema inglese al mais, cioccolato al caramello e gianduia.
Al 142 Restaurant si può pranzare, cenare, ma pure far colazione e godersi un buon aperitivo
Croissant e cocktail in salotto
“Qui tutto è fatto in casa”, puntualizza Sandra. E i dessert sono chiaramente preparati dal pasticcere Alessandro. Che entra in scena sin dal mattino, alle 8, quando l’insegna apre. Per poi osservare l’orario continuato sino alla mezzanotte (eccetto la domenica, quando il locale chiude alle 16; e il lunedì, giorno di riposo). Colazione d’autore dunque. “Per Alessandro abbiamo creato un regno ad hoc, un laboratorio ricavato nel cortile della struttura. Perché la pasticceria è diversa dalla cucina. Ha le sue temperature. E ha bisogno dei suoi spazi”, sottolinea Sandra. Che crede nei giovani. E crede in Alessandro. Pronto a sfornare per colazione croissant, pain au chocolat, girelle, saccottini, torte, dolci in monoporzione e crostatine alla crema cotta. Senza tradire brioche salate, toast e bun con prosciutto o salmone. Da gustare con un buon caffè: un’arabica al 100%, realizzata tailor made in tandem con Marco Colafranceschi, founder di Coffee Hat. Caffè, ma anche spremute di frutta, centrifughe e yogurt, nutriti dal latte della lodigiana fattoria Baronchelli. Per tener fede alla filiera trasparente e consapevole. Cambio di scena, e di luci verso le 18, quando scatta l’ora dell’aperitivo. E sono i cocktail a salire sulla ribalta. “Dopotutto sono stata tra le prime a introdurre i drink al ristorante”, precisa soddisfatta la Ciciriello. Che si mette in gioco anche in alcune preparazioni, insieme al giovanissimo braccio destro Davide Gianni. “Contiamo su una cinquantina di gin diversi. E ci divertiamo a creare inediti abbinamenti”, dice la maître. Che mette in lista il Moscow Mule di Sandrina, il simpatico Volevo essere uno Spritz, nonché i più esotici Japan Mule e Indian Orange. Da sorseggiare in compagnia di qualche stuzzichino, di qualche tapas, oppure di un piatto captato dalla carta della cena. In alternativa? Un calice di vino o una birra artigianale.
In altro, Sandra Ciciriello e Nello Barbieri. In basso, Chiara Orrù e Alessandro Mantovani
Sangiovese e Champagne
Vino. Il grande amore di Sandra. Che, Champagne a parte, punta dritto verso bollicine ed etichette del Bel Paese. “Ho lo Champagne nel sangue, ma nella wine list ho deciso di valorizzare principalmente i tanti territori italiani. E i saggi produttori italiani. Da Franz Haas ad Andrea Arici, passando per Bisson e Marisa Cuomo. E poi amo le verticali. Per questo di una stessa referenza tengo spesso varie annate. Per poter andare in profondità. Perché il vino va bevuto oggi, ieri e l’altro ieri”, commenta. Mentre versa lo Champagne L’Or d’Eugène, fascinoso blanc de noirs (meunier e pinot noir) by Moussé Fils. Anche se poi la rotta vira verso un colto, intenso, sapido e suadente Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore, che porta proprio il nome del capitano di Santa Barbara: Stefano Antonucci. Per proseguire col Sangiovese rubino, sincero, romagnolo e veritiero di Chiara Condello e con l’Anarchia Costituzionale di Walter Massa, il profeta tortonese del Timorasso. Che in questa interpretazione del moscato bianco e aromatico conferma il suo essere fuori dal coro. Proponendo un nettare fragrante, floreale e fruttato, e al contempo rurale, audace e indomito. Risultato? Il 142 si è aggiudicato un autorevole riconoscimento alla Milano Wine Week (in corso fino al 10 ottobre): il premio Carta Vini Italia 2021 e Selezione Bistrot.
Polpo, sugo di branzino e tante delizie nella proposta 142 A casa tua
Facendo la spesa
“Durante il lockdown ci ha aiutato. O meglio, è stato fondamentale. È un canale in cui abbiamo creduto e in cui continuano a credere. Per questo non abbiamo mai smesso di portare avanti questo progetto. Anzi, il lunedì, giorno di chiusura, spesso lo utilizziamo come tempo-laboratorio, per mettere a punto tutte le preparazioni”, dice Sandra, accendendo i riflettori sull’iniziativa 142 A casa tua. Un’idea nata in pandemia, attivata con successo e cresciuta pian piano. “142 A casa tua è un amico. Che ci è stato al fianco. E gli amici non si tradiscono mai. Ormai abbiamo una fetta di clientela che ordina o viene da noi a fare la spesa”, svela Sandra. Che con la sua brigata continua nell’avventura dei kit e dei piatti d’asporto e consegna a domicilio. Anche tratti del menu settimanale. Dal sugo alla genovese al ragù di branzino, dal polpo cotto a bassa temperatura al filetto di pesce del giorno già spinato. Passando per pietanze più complesse (annesse istruzioni per il consumo). Vini e pasticceria compresi. “Serviamo anche alcuni negozi. Una macelleria, una pescheria e due fruttivendoli”. Della serie, progetto che vince non si cambia.