Gustoso baccano

    Che Caciara in Porta Venezia!

    Un murale gioioso e pietanze dallo spirito chiassoso. A Milano, Chiara Tosato ha dato voce a un ristorante fuori schema e fuori dal coro. Dove si può pranzare, cenare e pure cantare. Nel nome della convivialità (e della solidarietà)

    “Non è per le mie origini capitoline. E non è neppure perché proponiamo cucina romana. Caciara è più un concetto, un credo, un pensiero, una filosofia. Caciara significa stare insieme e divertirsi a tavola. Parlando a voce alta e cantando le canzoni degli anni passati. Quelle che suscitano un po’ di nostalgia. Caciara è l’Italia a tavola, prima dell’arrivo dell’iPhone. Anche se noi non siamo per nulla talebani. Anzi, siamo molto digitali”. Spiega così, con precisione e concentrazione, l’anima della neonata insegna di Via Tadino, a Milano, la sua ideatrice: Chiara Tosato. Nata nella Città Eterna, ma con una mamma cremonese e un papà vicentino. Una con le idee chiare Paola. Che con gran classe e gran signorilità porta a Milano un po’ di baccano.

    La sala principale di Caciara esibisce il grande murale firmato da Alberto Casagrande

     

    Futurismo…

    Tre le sale. Che si dipanano fra archi, specchi, nicchie, tessuti a rigoni, arredi rétro, pavimenti in cotto e in graniglia e parquet a spina di pesce. “Volevo creare un’atmosfera vintage. Tipicamente italiana. Rifacendomi al periodo che va dagli anni Trenta ai Cinquanta. Volevo trasmettere calore e genuinità. Il mio desiderio è che da qui ogni commensale esca sereno e rilassato. Con il sorriso. Questa è la mia vera mission, la mia ossessione”, continua Chiara. Guardando verso il soffitto. “Queste lampade, per esempio, fanno parte di una vecchia collezione Azucena, firmate da Luigi Caccia Dominioni. Le ho volute a tutti i costi. Mentre le bottiglie esposte in vetrina sono targate Branca, un marchio emblema dell’italianità. Inoltre, tutti i manifesti pubblicitari appesi alle pareti sono originali e giungono dalla Fondazione Massimo e Sonia Cirulli di San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna. Dialogano perfettamente con il murale di Alberto Casagrande, dal tratto futurista, alla Fortunato Depero. Vintage e modernissimo”. Sì, un murale, che nella sala principale svetta folgorante. Ritraendo un momento di festa, di chiasso, di confusione. Fra i toni del giallo, del rosso e dell’azzurro. E fra suonatori, saltimbanchi e ballerine. “Anche la colonna sonora non è casuale. Abbiamo selezionato i grandi successi della musica italiana. Quelli che ti metti a cantarli, se hai 25 anni e se ne hai 65”, continua madame Tosato. Che per i piatti non ha scelto la porcellana, bensì la ceramica. O meglio, le maioliche dipinte a mano della maison Daedalus di Vietri sul Mare. Last but not the least, la toilette. Raggiungibile scendendo una lignea scala a chiocciola. Ocio la testa si legge sul muro. Fra libri, Betty Boop e la locandina di Alberto Sordi in Un Americano a Roma.

    Il PanCassata, gli oli extravergine e il set da caffè griffato Daedalus sono alcune idee regalo per le feste

     

    … e altruismo

    Un ristorante trasversale, inclusivo, democratico Caciara. Non solo. L’insegna fa infatti parte del Gruppo Tavola, una B Corp. “Ci poniamo degli obiettivi precisi. Di benessere per la comunità. Ci impegnamo a garantire un impatto positivo sui nostri dipendenti, sulla società e sull’ambiente. E poi cerchiamo in tutti i modi di minimizzare gli sprechi; di valorizzare i produttori (basta guardare sul sito, sono tutti elencati, ndr); di dare valore alla diversità. Anche a livello di personale. Scegliendo equamente uomini e donne, di qualsiasi religione e credenza. E poi incentiviamo il riciclo e il riutilizzo. Anche aderendo alla piattaforma To Good to Go. Per non buttare il cibo avanzato”, racconta Chiara. Ma non finisce qui. Caciara partecipa anche a Ristoranti contro la Fame. Obiettivo? Raccogliere il massimo a sostegno degli orti comunitari indiani. Una mission capace di coinvolgere tutti i clienti. Che fino al 31 dicembre possono ordinare uno dei cestini di prodotti supersolidali, oppure uno dei piatti solidali. Contribuendo alla mission. Fra le portate che fanno del bene? Come a Nerano, spaghetti che rievocano l’autentica ricetta del ristorante Maria Grazia (di Nerano), complici zucchine bio, pecorino, parmigiano reggiano, pepe nero e provolone del monaco by Caseificio Ruocco di Agerola. Oppure? Si può optare per Abbiamo Risotto Tutto: della serie il riso - dell’azienda vercellese Beni di Busonengo - con crema di zucca, fonduta veg, pomodorini confit e polvere di olive. Senza dimenticare la pizza al padellino Fri-sausage. Vegana pure lei, con friarielli all’aglio e olio, salsiccia Beyond Meat (assolutamente plant-based) e gondino al pepe (alternativa al formaggio dell’aretina Pangea Food). E non finisce qua. In occasione del Natale si può pensare agli altri anche con una delle gift card. Fra cene regionali, romantiche o create su misura dallo chef. 

    Caciara propone un intero menu vegano, pizze incluse

     

    Le delizie rispettose…

    Rispetto. Certo, anche per le scelte alimentari di ciascuno. Ecco perché bisogna fare attenzione al cuore. O ai cuori, posizionati accanto alla pietanze. Uno significa che il piatto può essere servito anche in versione gluten free. Due vuol dire che il piatto è già gluten free. E, su richiesta, sono disponibili leccornie anche senza lattosio. Ma il bello è che un intero menu è vegano. Dagli apristomaco (Futurismo e ironia docent) ai dolci della casa. Ecco allora le Perle ai porcini, aka strozzapreti con porcini e castagne; le Polpette che la nonna non ti ha mai fatto, ossia polpettine veg cotte nell’antico pomodoro di Napoli di Vincenzo Egizio (un Presidio Slow Food) con gondino affumicato e grattugiato; e il TruffleDino, burger total veg, prezioso di Black Truffle (a base di anacardi fermentati del genovese Il CashewFicio) e cipolle caramellate. E per i più caciaroni? Shake your gricia: mezze maniche di Gerardo di Nola shakerate con salsa cremosa al pecorino vegano, gondino al pepe e seitan croccante. Preparata live dallo chef performer Giacomo Cosmai. Creando un po’ di chiacchiericcio. Sotto gli occhi attenti (e le bretelle rosse) di Gregorio Moccia. Per tutti Greg. 

    A sinistra La Scostumata (in versione mezze maniche), al centro la scala a chiocciola che conduce al piano inferiore, a destra il dessert C'è vita su Marte?

     

    … e le pietanze più chiassose

    Alla lampada. Alla fiamma. Flambé. Così sono alcune leccornie in carta. Quasi teatrali. Pensate per interagire con i commensali. Per divertire e connettere. Anche la sala con la cucina, dove se ne sta il giovane chef romagnolo (originario di Cesena) Nicolò Farias. Pronto a mette a punto tutto il necessario affinché La Scostumata faccia una gran bella figura. Traduzione? La tradizione in diretta. In questo caso un inchino all’amatriciana, a ritmo di bucatini del Pastificio Strampelli (il primo nato ad Amatrice, con tanto di denominazione comunale), guanciale artigianale del salumificio aquilano Berardi flambato al brandy Stravecchio Branca, passata di pomodoro, conciato romano dell’agriturismo casertano Le Campestre e pepe nero. E per secondo? Sempre live sono il Gran Bel Manzo (filetto di fassona piemontese al pepe verde flambato con vermouth Antica Formula di Carpano); nonché il Ritorno di fiamma (carpaccio di manzo della cuneese Macelleria Oberto con rucola selvatica, datterini bio, scaglie di pecorino romano, macinata di pepe, extravergine, maionese al tartufo e fleur de sel). Ma da provare sono pure le Bombette a mano, ripiene di caciocavallo e corredate di cime di rapa e fonduta di caciocavallo. In un tributo alla Puglia. Vero, non sono realizzate in sala. Ma scuotono il palato.

    La crew di Caciara

     

    Caos calmo

    Una cucina marcatamente italiana. Che pesca dalle tradizioni regionali - piemontese, romana, campana, pugliese e siciliana in primis - proponendole con un twist di simpatia. Basti pensare a Puccia Puccia, ode alla scarpetta in tre intingoli, da onorare con pane casereccio. Basti pensare agli oli extravergini Oilalà, nati in quel di Barletta (e a marchio personalizzato Tavola). E anche la carta dei vini - affidata all’expertise di un riconosciuto sommelier quale Paolo Basso - sorvola lo Stivale, prediligendo le produzioni biologiche. Dietro al bancone sta invece la barlady Annalisa Convertino, intenta nella messa a punto dei cocktail. Da non perdere: il Marsala Dreamin, variazione sull’Americano che inanella Marsala, Campari e soda al finocchietto homemade; e il Malafemmina, a base di Select, Prosecco, soda al pompelmo rosa, bordo di sale e tè lapsang souchong e sfere molecolari agli agrumi. E per dessert? Ci sono I caciaroni, ad hoc per i più golosi: straccetti di pasta fritta con creme al cioccolato fondente e al pistacchio. Ma c’è pure un dolce come il Cubamisù: sigaro di cioccolato con mascarpone e savoiardo, cenere al caffè, cicchetto di rum e musica. Da ascoltare con le cuffie alle orecchie. Mentre live vengono presentati Merengue (crostata con crema di limone e meringa sfiammata al desco) e C’è Vita su Marte?, planetaria improvvisazione à la table. Un dolce scomposto e apparentemente disordinato, che ha la sua logica. Fra crumble al cacao, granella di pistacchi, ganache al cioccolato bianco, gelatine di lampone e mandarino, mirtilli, salsa ai frutti di bosco, chips d’arancia, panna alla menta, mascarpone e sfera di meringa. Da rompere e confondere col resto degli ingredienti. Facendo un po’ di caciara.

    T: Cristina Viggè

    02-12-2022

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