Geniale Lunigiana

    Giacomo, Devoto al futuro

    Una prossima apertura nel cuore di Sarzana. Un dehors vetrato alla Locanda de Banchieri di Fosdinovo. E una proposta sempre più verace alle Officine del Cibo. Mister Devoto svela le novità del 2023. Inclusa la partecipazione a Identità Golose, col sodale Gianmarco Ferrandi

    “Si chiamerà Fuin. Come furbetto in dialetto. Che poi era il soprannome del mio nonno paterno, Lino Devoto. Tra l’altro, il primo grossista alimentare di Sarzana”. Così, lo chef e imprenditore Giacomo Devoto svela il nome della sua novella insegna, pronta a inaugurare nel mese di febbraio. Proprio a Sarzana, in piazza Matteotti. Una cucina con bottega. O una bottega con cucina. Il mantra non cambia: “Il motto è: mangia, bevi, compra e divertiti. L’idea è quella di creare un luogo democratico e inclusivo, dove star bene. Aprirlo è più che necessario. Per far fare un giro completo alla materia prima. Fuin è la chiusura del cerchio. Anzi, il lato mancante del triangolo”, continua Giacomo. Triangolo? Certo, perché Giacomo è pure il capitano delle Officine del Cibo, in località Battifollo, insieme al sodale Gianmarco Ferrandi (sarzanese, millesimo 1990); e dominus della Locanda de Banchieri, che in quel di Fosdinovo (sempre in Lunigiana, ma già in provincia di Massa-Carrara) va sotto la griffe di Les Collectionneurs, inanellando camere di charme, ristorante e azienda agricola. Sì, tre ettari nutriti da piante, orti e un corteo di galline, oche, polli, conigli e faraone. “Anche la Locanda riaprirà a febbraio, con una novità: un dehors vetrato. Così non si perde il fascino bucolico del giardino, pur pranzando o cenando al chiuso. I coperti non varieranno. Saranno sempre venti-ventidue. Ma lavoreremo più agevolmente e gli ospiti staranno più larghi e comodi”.

    Cucina, bottega, gastronomia: Fuin sarà la sintesi del pensiero di Giacomo Devoto - Foto di Stefano Caffarri

     

    Nel cuore di Sarzana, una cucina…

    Intanto Giacomo si concentra sulla nuova insegna sarzanese: 130 metri quadrati dove entrare, curiosare, assaggiare e fare la spesa. Un luogo aperto per colazione, per pranzo e per cena. E pure per una merenda o uno spuntino. Uno spazio poliedrico e polimorfo, dove tutto è connesso, circolare e coerente. In primis con l’idea di valorizzazione della filiera. “La cucina che proporremo sarà quella tipica di una trattoria moderna. Tenendo fede stagionalità e territorio”. Che per mister Devoto, nato a Carrara e cresciuto a Sarzana in una famiglia di origini parmensi, significa Lunezia e significa tre confini-non confini: Toscana, Liguria ed Emilia Romagna. E anche po’ più in là. “Cercheremo di comunicare questo territorio allargato, dando luce e voce ai produttori, vicini e lontani, ai Presìdi Slow Food, ma anche al mio orto e alle mie produzioni”. Una dozzina i piatti in carta; due i menu degustazione. Da assaporare al tavolo oppure al bancone, in maniera più smart. “Introdurrò sicuramente i croxetti liguri, conditi col pesto bianco, che prevede maggiorana, panna da affioramento, pinoli e parmigiano reggiano”. E poi? Ci sarà il menu lunch: “Con una formula più easy. Della serie, lasagne, aglio e olio, amatriciana, carbonara. Tanto in bottega di pecorini e uova ne avremo in abbondanza. E ci sarà pure la gastronomia, dove presenteremo quello che in casa non si ha più tempo e voglia di fare. La cima alla levantina, il baccalà fritto, i fegatini alla toscana, il cacciucco alla livornese, i tortellini o gli anolini in brodo, la pasta reale nello straccio, il purè, il pollo al limone, gli involtini di vitella, le tomaselle liguri, che sono delle lonzette di maiale, ripiene di ricotta e spinaci e cotte nel sugo. E, perché no, anche i saltimbocca alla romana”. Il tutto in versione da asporto e da consumo live, in loco, ma in modalità sharing.  

    Fuin è il luogo della chiusura del cerchio. O meglio, il lato mancante di un triangolo di insegne capaci di valorizzare la materia prima - Foto di Stefano Caffarri

     

    … con bottega

    Al mattino, invece, si potrà fare colazione. “Ma sia chiaro: non siamo una caffetteria. Ci sarà il caffè, certo, ma anche dolci casalinghi, come l’Amor polenta, le crostate, le torte di mele. Da mangiare al momento o da infiocchettare e portare via. E probabilmente non mancherà un lievitato: pensavamo al bombolone caldo”, annuncia Giacomo. Spoilerando un po’ di leccornie. Incluse quelle che andranno a nutrire una lista di specialità, fruibili tutto il dì e ideali per una pausa gustosa. Ecco allora le tigelle con la cunza (una sorta di pestato di lardo, rosmarino e aglio); i testaroli sarzanesi al pesto o al parmigiano reggiano; la piada romagnola con prosciutto crudo e squacquerone; i blinis e la galette bretonne con salmone e formaggio acido. Per un tocco più internazionale. Senza dimenticare il padellino fragrante e la teglia soffice, in declinazione Margherita o con capperi e acciughe. “I lievitati li prepara Gianmarco Ferrandi, nel laboratorio, alle Officine del Cibo. Ma prenderemo i lievitati anche di altri bravi artigiani italiani”, tiene a precisare chef Giacomo. Che non dimentica di servire una trilogia di acciughe: quelle di Monterosso, rigorosamente marinate; e quelle di Cetara e del Cantabrico, accompagnate da un filo d’olio, burro montato e pane croccante. “Ma se qualcuno vorrà semplicemente un calice di vino con pane, olio e burro noi glielo prepareremo. Anche perché avremo un’intera carta degli oli”, continua lui. Raccontando un luogo dove ogni connessione è possibile. E dove il pesto artigianale finisce in barattolo, al pari del tuccu alla ligure. “Da Fuin venderemo persino accessori e utensili per la cucina, bicchieri, decanter, Coravin”.

    In alto, la pizza verace napoletana delle Officine del Cibo. In basso, la montanara aperta, "La parte più buona della pizza" e la pizza al vapore - Foto di Stefano Caffarri

     

    Il flusso delle Officine

    Le cose cambiano, evolvono, si trasformano. E anche le Officine del Cibo seguono il passo e il flusso. “Con Gianmarco abbiamo deciso di snellire la proposta. Chi vuole assaggiare i nostri impasti alternativi, quindi le pizze al padellino e le teglie soffici va da Fuin. Chi invece preferisce la nostra verace napoletana va alle Officine. Così abbiamo razionalizzato l’offerta”, ricorda Devoto. Pizze napoletane veraci, dunque. Messe a segno con le farine Petra. Come la Marinara Spezzina, summa di pomodoro San Marzano, aglio di Vessalico, muscoli spezzini ed extravergine; la 4 Formaggi Lunigianesi, complici la cipolla di Treschietto caramellata, la salsiccia dell’Antica Salumeria Oligeri di San Terenzo Monti e la clorofilla; nonché la Italia-Giappone, incontro di tagliatelle di seppia marinate e scottate nel forno a legna e katsuobushi. “E alle Officine si può trovare la pizza gluten free al vapore. Alta, soffice, servita a spicchi. Realizzata partendo da un poolish. Gianmarco ci ha lavorato per moltissimo tempo, ma il risultato è straordinario. È tutto merito suo”, dichiara Devoto. Che non tradisce il percorso degustazione Ti raccontiamo la nostra pizza. Un excursus fra passato e presente, consistenze e condimenti. Partendo dalla Piscialandrea, ossia la Pizza all’Andrea (intitolata all’ammiraglio onegliese Andrea Doria) per arrivare alla mini verace, passando per la pizza al vapore (dedicata a Renato Bosco), per La parte più buona della pizza (aka il cornicione) e per la montanara aperta. 

    In alto, Giacomo Devoto e Gianmarco Ferrandi. In basso, il cornicione e alcuni momenti della lavorazione dell'impasto - Foto di Stefano Caffarri

     

    A Identità Golose, la revolution è fragrante

    Cornicione? Fa rima con rivoluzione. In totale empatia con il tema della diciottesima edizione di Identità Golose (di scena al MiCo - Milano Congressi, dal 28 al 30 gennaio): Signore e signori, la rivoluzione è servita. The International Chef Congress infatti elegge Giacomo e Gianmarco fra i relatori: sabato 28 gennaio, alle 14.30, in Sala Blu 2, per Identità di Pizza. Dove il cornicione, da ipotetico scarto assurge a protagonista. Da escluso a star. Da rifiutato a riammesso a pieni voti. Da cornice a quadro. Da bordo a bardo di un gran bel messaggio d’inclusività. “Porteremo sulla ribalta quella che noi consideriamo La parte più buona della pizza”, ribadisce Devoto. Che insieme a Ferrandi mette nel piatto lui e solo lui: il cornicione, partendo dall’impasto della verace napoletana. “Tradurremo un piatto tradizionale ligure: la pasta con il pesto accomodato. Quello che prevede pure patate e fagiolini. La parte del carboidrato la farà l’impasto-cornicione, ovviamente. Mentre per il topping abbiamo pensato a pesto, patate e bietole. Per rispettare la stagione”. Ma non finisce qui, perché il duo sarzanese porta sul palco milanese anche la pizza gluten free al vapore. “È la cosa più difficile che abbiamo mai fatto. Ma è venuta così bene che la vogliamo presentare e comunicare per bene. La rivoluzione? Sta nel fatto che è talmente buona che piace e piacerà anche a chi non è costretto a mangiare senza glutine. Il suo nome? Che cavolo di pizza! Perché abbiamo lavorato su un unico elemento vegetale, per di più povero, come il cavolo nero. Andando nel profondo, in verticale. Utilizzandolo sotto forma di estratto, gel, foglie, burro e ragù”. Mettendo al bando qualsivoglia tabù.      

    T: Cristina Viggè

    26-01-2023

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