Socialità periferica

    Un luogo che ha (s)mosso la città

    A Milano, uno spazio urbano che ha ridestato l’attenzione sulla potenzialità della periferia. Un ecosistema polifonico e multiforme, in cui tutto è connesso, fuori e dentro, cultura e cucina, nel segno della massima inclusione

    Un luogo comune, lontanissimo dai luoghi comuni. Così è mosso. Con la “m” rigorosamente minuscola. Una piazza corale e collettiva, attrattiva e interattiva, plurale e multiforme, conviviale e inclusiva, empatica e democratica. Figlia di un progetto che ha saputo ridisegnare e riqualificare gli ambienti dell’ex Convitto del Parco Trotter di Milano, nella parte più a nord-est di NoLo (Nord di Loreto). Rigenerando, riattivando e risignificando un contesto urbano un po' debole e fragile. Risultato? Un neonato Punto di Comunità de LaCittàIntorno, il programma di Fondazione Cariplo che intende riaccendere la luce sulle periferie, valorizzandone le potenzialità. Per migliorare la qualità di vita di chi vi abita e per tracciare nuove geografie cittadine. Un progetto movimentato e fluido, mosso per l’appunto. Anche da più attori. Visto che al fianco di Fondazione Cariplo vi è il Comune di Milano. E vi è pure un’Associazione Temporanea d’Impresa (Ati), formata dalle cooperative sociali La Fabbrica di Olinda, Comin e Centro Servizi Formazione, nonché dalle associazioni culturali Ludwig e Salumeria del Design. A ribadire che l’unione e la connessione fanno sempre la forza. 

    In alto, Thomas Emmenegger, presidente de La Fabbrica di Olinda. In basso, il pizzaiolo Daniele Falcone - Foto di Brambilla & Serrani

     

    Spazi urbani e umani

    Quattro i padiglioni che animano mosso. Per tremila metri quadrati totali (affacciati sul parco e su via Padova), con tanto di giardino, orti e terrazza. Un luogo che celebra la comunità, coinvolgendo la comunità. Un ecosistema dove coltivare desideri, esaltare le differenze e accorciare le distanze. Un luogo del possibile. Dove tutto è possibile. Anche la convivenza fra campi semantici diversi. Ecco allora il ristorante-pizzeria, con 120 coperti indoor e altrettanti outdoor (nel garden); il bar-portierato di quartiere (che risponde al mantra di condivisione, prossimità e fiducia), dove lavorano, fianco a fianco, baristi e operatori sociali; e poi gli spazi dedicati alle buone pratiche del riuso, agli spettacoli, agli incontri musicali, teatrali e culturali, alla cucina sociale, alla formazione professionale. Perché mosso osserva il presente ma pure il domani. “Ci siamo costruiti un cannocchiale attraverso cui guardare il futuro del progetto, la sua configurazione spaziale e le opportunità di sviluppo per i prossimi 17 anni”, spiega Thomas Emmenegger, presidente de La Fabbrica di Olinda (con palese riferimento a una de Le città invisibili di Italo Calvino). Perché mosso getta il cuore oltre l’ostacolo, pensando e impostando tutte le attività in modo da includere nel processo lavorativo persone deboli e svantaggiate, naturalmente affiancate da tutor e supportate da una rete di servizi sociali e sanitari.

    Le pizze di mosso valorizzano filiera corta, stagionalità e artigianalità - Foto di Brambilla & Serrani

     

    Piatti, pizze e alveari

    Ed è proprio La Fabbrica di Olinda a gestire il ristorante-pizzeria. Mentre progettazione e interior design portano la firma di Carlo Carbone e Marika Hansson. Risultato? Tavoli in legno, rotondi e rettangolari - in omaggio al designer Enzo Mari - e altri in ferro opaco, di color giallo ocra. Tuffati in un ambiente lucente e arioso, dove divanetti in tessuto petrolio dialogano con una cucina aperta (con corredo di forno a vista) e con una carta da parati dai pattern optical, di palese gusto rétro. In lista, piatti e pizze stagionali. Attenti alla filiera corta, al non spreco e al senso vegetale, nel pieno rispetto delle scelte alimentari di ciascuno. Ecco allora i bon bon di baccalà mantecato in pasta kataifi e salsa al prezzemolo; i mondeghili di vitello con bagnetto verde e salsa al rafano; il risotto con cavolfiore viola, bottarga di tonno e limone; e la pancia di maiale cotta a bassa temperatura con crema di latte e salsa di mirtilli. Ma ecco anche la zucca arrosto con mousse di parmigiano e amaretti; lo sformato croccante di verdure con crema di topinambur; e gli involtini di verza con riso e zucca su crema di porri. Una carta originale, che la sera (dal martedì alla domenica) si arricchisce con la proposta pizze. Figlie del lievito madre e delle mani, della testa, della tecnica e della passione di Daniele Falcone, pizzaiolo e panificatore di lunga esperienza (già all’hub di Identità Golose Milano, ai Dodici Gatti in Galleria, al panificio di Davide Longoni e al Panificio Italiano di Giuseppe Zen), che ha all’attivo pure un diploma di sommelier Ais e una collaborazione con l’azienda agricola pavese Il Boscasso. Una pizza collection quella di Daniele che non dimentica Margherita, Diavola e Bufala Campana Dop, concentrando l’attenzione anche sulla Caci e Pepe, esplosione di stracciatella di bufala, fiordilatte di Agerola, toma di capra lombarda, cialda di grana padano, pepe nero a mulinello e quartirolo lombardo. Che sposa pure funghi spadellati e Brianzetta, brianzola pancetta artigianale cotta a vapore. Mentre la Pomodoro e Alici incontra alici di Cetara by Armatore, capperi croccanti, origano e terra di olive nere.

    Nella carta di mosso sono sempre presenti pizze vegetariane, e anche una proposta vegana - Foto di Brambilla & Serrani

     

    Spicchi di benessere (da condividere)

    Sempre presenti all’appello naturalmente le pizze vegetariane, come la Cavolo Nero, summa di cavolo nero spadellato, provola affumicata di Agerola, toma di capra lombarda, crema di peperoni rossi cotti al forno e olio extravergine di oliva; e la Pizzadoro, con datterini gialli e granone lodigiano crosta nera. E c'è sempre una vegana, pronta a variare ogni tre mesi, onorando stagionalità e piccoli produttori locali. Ora la scena è infatti tutta della mosso d’inverno: crema di zucca mantovana cotta al forno, hummus di ceci, funghi, pomodori gialli semi-dry, nocciole tostate, ed extravergine. “La pizza viene servita sempre spicchiata, perché rappresenta un momento di condivisione, così come mosso è una cucina condivisa, dove il cibo è un’esperienza di incontro con l’altro. Non solo, pensiamo che la pizza sia un elemento essenziale della nostra cucina, perché parte da una base semplice, con ingredienti di qualità, e che ogni volta può essere reinventata con combinazioni inaspettate”, Emmenegger docet.

     

    “A Olinda no: le vecchie mura si dilatano portandosi con sé i quartieri antichi, ingranditi mantenendo le proporzioni su un più largo orizzonte ai confini della città; essi circondano i quartieri un po’ meno vecchi, pure cresciuti di perimetro e assottigliati per far posto a quelli più recenti che premono da dentro; e così via fino al cuore della città: un’Olinda tutta nuova che nelle sue dimensioni ridotte conserva i tratti e il flusso di linfa della prima Olinda e di tutte le Olinde che sono spuntate una dall’altra; e dentro a questo cerchio più interno già spuntano - ma è difficile distinguerle - l’Olinda ventura e quelle che cresceranno in seguito”, da Le città invisibili di Italo Calvino.

    T: Cristina Viggè

    22-02-2023

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