Un napoletano in Liguria

    A Sanremo, la coralità di Senese

    Due città nel cuore. Due insegne da gestire. E orti sinergici da coltivare e salvaguardare. Giovanni Senese si muove fra terra e mare, memoria e contemporaneità. Tenendo sempre la rotta puntata sulla sostenibilità

    “La letteratura vive solo se si pone degli obiettivi smisurati, anche al di là d’ogni possibilità di realizzazione. Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione”. Scrive così Italo Calvino nel capitolo dedicato alla molteplicità, uno di quei preziosi valori da conservare e tramandare nel tempo, affidati alle immaginifiche pagine delle Lezioni Americane. Italo: nativo di Santiago de las Vegas (nell’isola di Cuba) e poi approdato a Sanremo (città di origine del padre Mario, agronomo), dove trascorre infanzia e adolescenza, fra Villa Meridiana e la campagna. Italo: curioso e poliedrico, eclettico e versatile. Italo: di cui ricorrono i cento anni dalla nascita. Italo che per certi versi somiglia a Giovanni. Sì, Giovanni Senese: un napoletano, classe 1985, adottato dalla città dei fiori, in provincia di Imperia. “Sono arrivato qui per caso, nel 2015. Rientravo in Italia dalla Germania. Dovevo essere di passaggio, invece sono rimasto. Devo molto a Sanremo, spero di ripagarla con le stesse soddisfazioni che mi ha regalato”, spiega lui. Che vive fra palme, sole e farina, andando con lo scooter dall’uno all’altro locale che guida, insieme alla moglie Assunta (per tutti Susi) Irollo: Senese - Pizza Napoletana in Evoluzione (in via Scoglio, a due passi dalla spiaggia e dal mare) e Senese Lab (inaugurato la scorsa primavera), vicinissimo al Teatro Ariston. Due insegne diverse: per filosofia, conformazione e geolocalizzazione. A conferma della molteplicità perseguita ed esplorata da Giovanni. Che riflette, medita, studia, osserva, ricerca, connette e mette le mani in pasta, realizzando pizze. Alte e basse, soffici e croccanti, delicate e determinate. Pensando alla sua Napoli e non dimenticando l’amato territorio ligure. E traducendo negli impasti vissuto e potenzialità, memoria e fermento creativo, passato e divenire. In una visione plurima (e plurale) del mondo dell’arte bianca.

    In alto, Giovanni Senese nel suo Lab, a due passi dal Teatro Ariston. In basso, il tegamino a ricordo del brandacujun e il pane in cassetta - Foto di Aromi.group

     

    Il Lab, vicino al Teatro Ariston

    “Qui c’era il Maggiorino, un luogo storico, una vera icona per la città. Ho cercato e cerco in tutti i modi di ricordarlo. A partire dalle pietre, che non ho voluto coprire”, spiega il pizza chef, indicando le pareti del Senese Lab, due vetrine (di cui una dedicata al takeaway) lungo via Roma, al civico 183. Pietra, verde e velluto a ricorrersi in uno spazio che può accogliere al massimo 15-18 coperti. “Poi ho voluto le piantine di basilico e altre di erbe sui tavoli, le spighe di grano che scendono dal soffitto e questo albero. Capovolto. Perché le radici, posizionate al contrario, danno un senso di infinito. E non essendo in un vaso non trovano ostacoli e corrono libere”, continua lui. Fiero della sua giovane ma già dinamica creatura. “Qui si può venire per prendere una cosa al volo, da mangiare passeggiando. Si può comprare il cibo nella zona asporto e poi sedersi per consumarlo. Oppure ci si può accomodare per una degustazione e per fare una vera e propria esperienza”. Un locale multitasking insomma. A più velocità. “Certo, cerco di ascoltare e di rispondere alle esigenze della città. Per esempio, trovando il personale giusto, mi piacerebbe stare aperto anche di notte”, confessa il calmo eppur intrepido Giovanni. Che presenta anche il pane. Baguette con Ottimais, ma pure pagnotte con farina Petra 1, acqua fermentata di lavanda e fiori essiccati di lavanda; con farina di Riso Buono Artemide della tenuta La Mondina (aka l’azienda agricola novarese Luigi e Carlo Guidobono Cavalchini), per un bread dal tono violaceo; e con le farine bio Petra Agricola (ricca di segale e semi) e Petra Evolutiva. Anzi, a dirla tutta, mister Senese ha adottato un raccolto in Sicilia e presto avrà la sua farina d’annata (la 2023) con tanto di nome e cognome. Per una filiera trasparente e sostenibile. 

    L'arancino che ricorda la torta verde, il Crocchè Napoli-Sanremo e la frittatina di pasta proposti nel Senese Lab - Foto di Aromi.group

     

    Fiori e ’O sole mio

    Ma Giovanni, nel suo Lab, presenta pure il pane in cassetta. Riletto a modo suo: preparato con Petra 5, burro d’Isigny (la Francia non è lontana) e latte di montagna di un produttore locale. Un pane fragrante, arricchito con carpaccio di fassona, valeriana condita con tabasco e lime, stracciatella di Andria, pomodorino giallo confit e granella di pistacchio. E l’arancino? Evoca una torta verde. Una di quelle liguri, preparate con riso e bietole. Che tornano, in foggia di sfera, complici pane panko e corn flakes. Mentre un ricordo d’infanzia si fa largo sulla tavola, materializzandosi nella frittatina di pasta, patate e provola, con corredo di crema di patate. “Perché qui è tutto un andare a Napoli e un tornare a Sanremo”, spiega lui, servendo proprio il Crocchè Napoli-Sanremo, con gamberi local, gel di limone e fiori eduli. Certo, fiori. “Non sono messi a caso. Perché ognuno di loro ha un sapore peculiare e regala una sfumatura di gusto. La begonia, che è agrumata, sta bene con i gamberi. Con i formaggi meglio la bocca di leone”, commenta l’artigiano.

    Ma Giovanni, nel suo lab, propone anche pizze in pala e ciabatte farcite, per una vera e propria degustazione - Foto di Aromi.group

     

    Rileggendo la Liguria

    Saggio e visionario Senese. Che rilegge anche il brandacujun. Concentrandolo in una pizza al tegamino, realizzata con la farina Petra 0104 HP (preziosa di farina di farro integrale germogliato e grits di ceci germogliati) giusto a rammentare la farinata. Sopra? Brandade di baccalà, gel di prezzemolo, polvere di olive nere caiazzane, pomodorini confit e chips di patate. “Cerco di creare sempre ricette equilibrate e salutari. Anche collaborando con nutrizionisti e professionisti dell’alimentazione”, precisa. Non tradendo la pizza in pala e neppure la ciabatta, proposta persino in versione parmigiana. In abbinamento? Vini, ma anche birre artigianali. Come la Battigia del Birrificio del Golfo (di La Spezia), dal bouquet erbaceo e resinoso; l’allegra witbier Hesperìa (citrica e speziata) del birrificio irpino Ventitré; e l’intrigante Pullicenhell della griffe partenopea Kbirr. Non certo trascurando il sanremese birrificio Nadir, che ben si esprime nella Hop is in the air (a rimarcare l’utilizzo della tecnica, innovativa e brevettata, dell’air hopping, una sorta di upgrade del dry hopping), ma pure nella Montefollia, aromatizzata con le foglie d’ulivo del frantoio Roi di Badalucco. Perché si sa, qui l’extravergine è venerato. E da Senese si trova anche quello di cultivar taggiasca firmato Cristina Armato, a Lucinasco. Perfetto sulle zucchine dell’orto, servite come benvenuto. 

    In alto a sinistra, Giovanni nel campo di grano evolutivo in Sicilia (foto di Francesca Paluan). In alto a destra, Giovanni fra gli agrumi. In basso, Senese insieme a Fabio Ravotti negli orti sinergici - Foto di Aromi.group

     

    L’energia della terra (vista spiaggia)

    Orto. Anzi, orto sinergico. Pronto a svilupparsi su ben otto fasce lungo quelle colline di Sanremo che osservano il mare, in verticale. “Si tratta di terreni impervi, tutt’altro che comodi. Irrigati a mano e lavorati a mano, con la vanga. Seimila metri quadrati fuori campo e poco più di mille in serra”, spiega Fabio Ravotti, giovane agricoltore - alla guida di Præludium 17 - che supporta Senese nella coltivazione di campi che sono la vera fonte energetica delle due insegne. “Amo i metodi completamente naturali, come la lombricoltura. Infatti utilizzo l’humus di lombrico. Inoltre non credo nella competizione, bensì nell’interazione e nella collaborazione delle piante. I datterini gialli vivono bene vicino alle insalate, oppure davanti ai porri, appartenenti alle famiglie delle liliacee”, prosegue Ravotti, descrivendo la filosofia di orti sinergici vivaci e vibranti. Dove crescono anche i cosiddetti pomodorini-caviale, fra i più piccoli al mondo. E ancora ciliegini rossi e neri, carciofi e melanzane, cavolo nero e cavoletti di Bruxelles, fave e fragole. E, naturalmente, il basilico. “Io mi adeguo alla natura, rispettando la stagionalità. Se non ho l’ingrediente giusto tolgo una determinata pietanza dalla carta. Mi è capitato di fare una pizza anche solo per una ventina di giorni. Ovvio, devi essere in grado di educare i clienti e di comunicare con i clienti. I miei figli, per esempio, mangiano carote, finocchi e fiori eduli”, confessa Senese.  

     

    “Il miglior orto che abbiamo è il bosco. Perché non dobbiamo fare nulla”, Fabio Ravotti insegna.

    Giovanni Senese presenta il suo quartier generale, con tanto di tavolo nell'orto, dehors e sala degustazione - Foto di Aromi.group

     

    Il quartier generale: in via Scoglio (ma con giardino aromatico)

    Ed è un piccolissimo pomodorino - quasi una perla - ad accogliere l’ospite nell’headquarter di via Scoglio. Dove molteplicità e pluralità sono di casa. Foss’anche per gli innumerevoli coperti, suddivisi fra il dehors (riscaldato) e gli interni. Dove spicca la sala degustazione da una dozzina di coperti. Bella, bellissima. Quasi una giungla, essenziale e contemporanea, dove immergersi nel pensiero wild e naturale di Giovanni. Che trova la sua massima espressione nel tavolo (in massiccio legno di castagno) posizionato al centro dell’orto di erbe aromatiche. “Abbiamo timo, salvia, origano, rosmarino, menta e lavanda. Quella che usiamo per il pane. Qui, nella bella stagione, proponiamo un menu degustazione interamente vegetale. Cercando anche di usare tutte le parti degli ortaggi. Per evitare scarti ed essere il più possibile sostenibili”, puntualizza Giovanni. Che può contare su ben due forni a legna, a cui se ne aggiunge uno elettrico, dedicato al gluten free. “Gli impasti li faccio tutti io. Arrivo anche a 60, 80 chili”. E anche la sua pizza è polifonica: una tonda napoletana in evoluzione, figlia di ben 48 ore di lievitazione e maturazione. E pure figlia delle farine Petra 3, Petra 0102 HP, con una piccola aggiunta di farina di riso e di farina zero glutine. “Perché per me non esistono schemi. Io devo provare, devo sbagliare e devo arrivare al risultato che voglio. Sono così. Del resto vengo da una famiglia di ristoratori”, chiosa lui. Ricordando gli inizi nel locale dello zio: Antonio e Antonio, sul lungomare Caracciolo di Napoli. L’impasto intanto gli dà ragione: leggero, digeribile, profumato e quasi evanescente. Fiero di accogliere la semplicità e la complessità, il mare e la campagna. “Le idee mi vengono mentre lavoro, o mentre faccio una passeggiata. E il martedì, quando siamo chiusi, faccio le prove a casa, in famiglia”.

     

    “Io sacrifico tutta la mia vita per questo lavoro. Ma non mi pesa affatto”, afferma felice Giovanni Senese.

    In alto, il bun al ragù napoletano e la Cosacca. In basso, La mia Scarpariello, Tutti la chiamano... i 4 formaggi e La mia orto sinergico, winter edition - Foto di Aromi.group

     

    Ricordi e rewind

    Per iniziare? Un bun: al classico ragù napoletano, oppure al pesto di basilico, pomodoro del piennolo e stracciata di bufala. Per sentirsi subito in equilibrio fra Liguria e Campania. Poi? Si può optare per una Cosacca, a ritmo di pomodoro San Marzano e abbondante spolverata di pecorino romano. Non rinunciando a La mia Orto Sinergico, non solo un inchino ai prodotti di stagione, ma pure ai vegetali dei propri campi. Il tutto impreziosito da un gel di lupini giganti di Vairano. E per chi volesse far cheese? Voilà Tutti la chiamano… i 4 formaggi. Traduzione? Una degustazione (non sul tagliere me sull'impasto), ritmata dalle eccellenze firmate dal caseificio aretino De’ Magi, proposte in differenti consistenze. Della serie, l’Avarizia (da latte vaccino e bufalino) in crema; il Blu Smeraldo (un erborinato da meditazione) in brunoise; il Vellutato in spuma e La Guazza di capra (con caglio vegetale) in foggia di cubi crunchy. Complici un crumble di parmigiano reggiano delle vacche rosse (36 mesi di stagionatura) e una composta di begonia (dell’azienda agricola RaveraBio di Albenga). “Naturalmente cambio i formaggi a seconda del periodo”, spiega Senese. Orgoglioso della sua, anzi de La mia Scarpariello. “Insieme alla Margherita 2.0, è la pizza più gettonata”, confessa soddisfatto. Presentando la sua creatura, ebbra di bontà, tra fiordilatte, coulis di pomodoro corbarino, San Marzano, datterino giallo semi-dry, maionese di pomodoro rosso, crema di basilico, fonduta e chips di parmigiano reggiano delle vacche rosse, extravergine Selezione Senese e fiori eduli. Ideale in abbinamento con la brillante e persistente Falanghina targata Di Meo, vitivinicola maison di Salza Irpina. Mentre il caldo e armonico Salina Rosso (nerello cappuccio e nerello mascalese) delle Cantine Colosi ben sorregge la sontuosa Piz-za-io-la. Scritta così e scandita da salsa di pomodorini gialli e rossi del Vesuvio, provola, tartare di fassona piemontese, origano fresco di Pantelleria, ricotta affumicata e aglio nero di Vessalico. Un presidio Slow Food che spesso torna. Come si fanno notare molti Presìdi. Del resto Senese fa parte dell’Alleanza Slow Food, oltre ad essere uno degli Ambasciatori del Gusto. 

    In alto, le pizze Mare Fuori e Marinara a due cotture. In basso, Giovanni e la moglie Susi, alla regia dei dolci - Foto di Aromi.group

     

    Mare Fuori (e dentro)

    Napoli e Sanremo. Sanremo e Napoli. Le due città sono sempre lì, nella testa e nel cuore di Giovanni. Col mare a far da sfondo. Che lui, in qualche modo, mette persino all’interno dell’impasto, utilizzando il sale marino integrale della Riserva del Mare (all’interno delle Saline di Trapani), curato e raccolto secondo metodi ecologici e sostenibili dalla famiglia Culcasi. Ma per sentire il mare bisogna anche assaporare la Marinara a due cotture (fritta e al forno), con salsa di datterino (cucinato da Giovanni), datterino giallo essiccato, alici del Mar Ligure, capperi di Salina, origano di Pantelleria, crema e chips di aglio nero di Vessalico, polvere di olive caiazzane, extravergine di itrana gentile Eccolo! by L’Arcangelo (realtà di Vico Equense) e petali di begonia. Praticamente una sardenaira, secondo Senese. Che mette in carta anche la Brezza di Sanremo. Segni particolari? Il gambero local, il pesto di fiore di zucca dell’orto e le sue chips, la polvere di gamberi, il gel di limone e la polvere di lime fermentato. Una pizza in bilico fra onde e vento, ideale se completata dalla sapidità del Vermentino di Podere Grecale (realtà vitivinicola sanremese) o dall’eleganza del Luccicante griffato Cà du Ferrà (maison di Bonassola). E per chi vuolesse osare, prendendo il largo? Ecco la Mare Fuori, con mozzarella di bufala campana, carpaccio di ricciola marinata agli agrumi in crosta di pane alla ’nduja di Spilinga, maionese al pepe rosa, lattuga alla griglia fermentata al lime, essenza e gel di bergamotto, e petali di bocca di leone. Perché i fiori c’entrano. Sempre.

    T: Cristina Viggè

    27-09-2023

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