Pizza & The City

    A Brescia, un Inedito d’autore

    Originale, insolito, unconventional. Vocato alla pizza e alle infinite sfumature degli impasti. Antonio Pappalardo presenta il suo fragrante locale, nel cuore ruggente della Leonessa. Fiera di svelare il suo duplice volto. Sintonizzandosi sulle frequenze del terzo millennio e su quelle dei secoli passati

    Brescia. Brixia. Contemporanea e romana. Attuale e vetusta. Che respira il presente, profumando di storia. Brescia. La Leonessa d’Italia, come la definì prima Aleardo Aleardi nei Canti Patrii e poi Giosuè Carducci nella lirica Alla Vittoria, contenuta nelle Odi Barbare. Rammentando la fierezza con cui la città combattè e si difese nelle tumultuose Dieci Giornate del 1849. Sì, ha due anime Brescia. Lo sa bene l’artista Marcello Maloberti, che in un’installazione ha voluto sintetizzarne lo spirito. Come? Posizionando fra le due scale mobili che conducono al metrò (Stazione FS) un cartello stradale (quasi un lampadario calato dal soffitto) che porta scritto Brescia, ma sottosopra. A ribadire l’esistenza di due città speculari: una che si sviluppa a cielo aperto; e un’altra che si cela underground. Un’opera facente parte del progetto SubBrixia. E che vede accanto alla creazione di Maloberti l’Incancellabile Vittoria del siciliano Emilio Isgrò. Un’opera monumentale, che occupa quasi duecento metri quadrati (ed è nutrita da 205 pannelli in fibrocemento fresati), sortendo l’effetto del bassorilievo scultoreo e ricreando, fra cancellature nere e rosse (di un brano tratto dall’Eneide di Virgilio), la silhouette della dea romana. La cui statua bronzea, la cosiddetta Vittoria Alata, accuratamente restaurata, spicca nel parco archeologico cittadino, grazie all’allestimento dell’architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg. Questione di rimandi e connessioni. E quella di Isgrò è un’iconica crasi tra futuro e passato remoto. Un messaggio di resilienza e coraggio. Che trae forza dal fu per proiettarsi al sarà. Ed è vicino alle stazioni ferroviaria e metropolitana che si svela Inedito. Perfettamente incastonato non solo nel tessuto urbano, ma nella trama e nell’ordito del vecchio e del nuovo. “Volevo un locale cittadino. Contemporaneo, ma ricco di storia. E qui ho trovato tutto”, spiega Antonio Pappalardo, già patron della Cascina dei Sapori di Rezzato e ora pure alla guida dell’insegna di via Gramsci.

    In alto, uno scorcio della sala e l'antico pozzo rinascimentale. In basso, un tavolo, la cantina e la regia di Inedito: Antonio Pappalardo, Aliguettou Billa e Davide Rizzardi - Foto di Aromi.Group

     

    Pizza, pozzo, pietra

    Ma Antonio non solo ha trovato ciò che cercava. Ha trovato pure quello che non cercava. “Durante i lavori di ristrutturazione è emerso un pozzo. Così abbiamo chiamato uno storico, per capirci meglio. Si tratta di un pozzo di epoca rinascimentale. Che naturalmente abbiamo voluto valorizzare”, continua lui. Che, col sodale e architetto Cristiano Zanoletti, ha decisamente messo in luce un luogo capace di cucire insieme storia e contemporaneità. E così l’antico pozzo dialoga con lo spazio. Basta accomodarsi su una delle sedute Pedrali posizionate vicino alla cucina per vivere un’esperienza vertiginosa. Basta entrare nella toilette per lavarsi le mani sospesi fra la memoria dell’acqua che fu e l’attualità di un lavabo di design. “Inoltre, abbiamo recuperato la lastra in pietra che ricopriva il pozzo, trasformandola in tavolo e preservandola con un vetro. Pesa circa trecento chili”, precisa Pappalardo, indicando la speciale table: quasi nuda, ornata solo dei sottopiatti griffati Dedans. Maison sartoriale che firma pure i portamenu in rovere. E al centro? Il forno a legna, fuoco e fulcro dell’insegna. Intanto, le bronzee posate Mepra duettano con i calici Riedel; la ruvidità dei mattoni a vista corteggia la fluidità astratta e vibrante delle opere dell’artista bresciano Luca Lombardi; le teatrali tende giocano con la luce; e le vetuste colonne in marmo strizzano l’occhio al lungo banco d’appoggio. Le cui superfici - funzionali, sostenibili e targate Laminam - mixano natura e tecnologia. “Questa invece è la nostra cantina”, prosegue il lievitista, mostrando orgogliosamente la cave. “Abbiamo recuperato pavimento e pareti in cotto e ora rappresenta il nostro antro di conservazione dei vini. Ha una temperatura ideale”. Nota curiosa: gli ambienti prima ospitavano Varca e Napule, la prima pizzeria bresciana. Aperta nel 1962.  

     

    “Ho voluto creare un locale intimo, raccolto. Ma aperto sempre. Sette giorni su sette, a pranzo e a cena. Spesso mi rimproverano che si vede poco da fuori. Perfetto, rispondo io. Se una persona viene qua è perché vuole venire qua”. Antonio Pappalardo.

    In alto, Antonio Pappalardo e Aliguettou Billa. In basso, Davide Rizzardi e un dettaglio della sala - Foto di Aromi.Group

     

    Serietà, ironia e un pizzico di Follia

    “Inedito non è assolutamente una copia della Cascina dei Sapori. Inedito ha una sua identità, una sua personalità. Inedito ha persino i suoi impasti, studiati ad hoc. Praticamente sono concorrente di me stesso. Chi viene qua non è detto che voglia andare anche là. Anzi, spesso chi ama venire qua, non ama andare là. Questo è proprio l’obiettivo”. Mette subito le cose in chiaro Antonio. Classe 1988, natali affondati a Castellammare di Stabia e giunto al nord da giovanissimo. “Io e Aliguettou ci siamo conosciuti all’alberghiero di Gardone Riviera”, racconta. Presentando la responsabile di vini e accoglienza: madame Billa, originaria del Burkina Faso. “Pensare che feci tutto il percorso di cucina. Poi proseguii gli studi, frequentando il corso di Comunicazione Interculturale in Bicocca”, puntualizza lei. La cui abilità con le lingue francese, inglese e spagnolo le ha inevitabilmente aperto la strada della sala. Anche quella del Lido 84 di Riccardo Camanini. Al suo fianco da Inedito? Francesca Pellegrini e Francesco Ceretti. Mentre è Davide Rizzardi il pizzaiolo-regista, supportato da Elia Cavenaghi e Andrea Braga, alle prese con i dolci. Una brigata giovane e dinamica, seria e preparata. Che ama l’ironia e un pizzico di follia. Anzi, indossa proprio Follia, rezzatese azienda di abbigliamento. “Qui tutto è studiato nei dettagli. Tutto è organizzato in modo certosino. Perché tutto è minimale ed essenziale”, dichiara il meticoloso Antonio.

    Il mini burger, la teglia croccante e la pizzina fritta di Inedito - Foto di Aromi.Group

     

    Impasti, trame, texture

    Pizza. Tonda. Al piatto. È lei la protagonista di Inedito. “E per lei ho pensato a un impasto dedicato. Ovviamente diverso da quello della Cascina. Prepariamo una biga con le farine Petra 9 e Petra 5078, la Più Snella. Che poi rinfreschiamo con il farro monococco integrale bio”, svela l’artigiano. Che mette in carta una serie di Starters, dando valore all’ouverture. “Narrano le molte sfaccettature della pizza. Fra impasti e texture differenti. Per questo mi piace proporli. E per questo li ho volutamente inserire nel menu degustazione”. Da assaporare da soli o in compagnia. Volendo, anche in pairing con le etichette proposte da Aliguettou. Per scoprire le nuove frontiere della pizza. Per allargare la mente. Per vivere un’esperienza inedita. Ecco allora la pizzina fritta con pomodoro antico di Napoli (by Dani Coop) e pecorino Gran Sardo stagionato tre anni; la teglia croccante - messa a segno con Petra 5010 e semi di zucca -, arricchita da burrata di Andria del Caseificio Olanda e prosciutto crudo di “maiale tranquillo” di 50 mesi dell’azienda cremonese Bettella; la soffice focaccia ai cereali con fonduta di provolone del monaco, marmellata di agrumi e pepe rosa; nonché il mini burger con coppa cotta della macelleria Liberini di Rezzato, fonduta di parmigiano reggiano e confettura di fichi. “Per il bun utilizziamo la Petra 0102 HP, con grano tenero germogliato. Complici latte e burro senza lattosio. Mentre per il pan toast andiamo a recuperare e a non sprecare quell’impasto che talvolta, a fine giornata, è andato over, rimpastandolo con Petra 9 e Petra 5078”, continua Antonio. Descrivendo una leccornia in cui si rincorrono scampo, radicchio in aceto di lamponi e maionese vegana al curry. Senza tradire il tacos (qui entra la farina per sfoglia Petra 6390) con pastrami, senape e cavolo cappuccio; e il crostone di pane all’orzo (Petra 0103 HP addicted) con burro di bufala montato, alici e puntarelle. Per percepire la polifonia della croccantezza e della morbidezza.

    Da Inedito, le tante sfumature della pizza tonda - Foto di Aromi.Group

     

    A tutto tondo

    E la pizza? Eccola. Pronta a raccontare gli ingredienti anche in inediti abbinamenti. Della serie, baccalà al forno, fiordilatte, anacardi tostati e gocce di cavolfiore viola in aceto di lamponi; zucca, taleggio, nocciole, radicchio, fiordilatte e castagne arrosto; bufala affumicata, pomodoro datterino giallo e pepe di Sichuan; e iberica paleta de bellota, rucola e pomodoro. Quasi a evocare lo spagnolo pan y tomate. “Le mie pizze variano, seguendo le stagioni. Ma non mancano mai le signature. Sono dei punti fermi”, spiega il pizzaiolo. Vedi la Parmigiana, summa di melanzane, mozzarella di bufala, datterino confit, basilico e chips di grana; la pizza con ’nduja, pomodoro, fordilatte e olive caizzane; e la Capricciosa, preziosa di culatta cotta griffata Branchi, carciofi crudi, funghi cardoncelli al timo e parmigiano reggiano. E per predessert? Cialda croccante di lievito madre con crema di carote e drop di panna al limone. Cui seguono i dessert. Focaccia dolce con zabaione al Marsala; millefoglie con chantilly al pistacchio e salsa all’arancia; e torta tipo Barozzi con gelato al mascarpone e coulis ai lamponi. Ottima in tandem con la fascinosa Rabbiosa, vendemmia tardiva di turbiana di Lugana by Marangona, maison di Pozzolengo. E per finire? Caffè Agust, con sede a Brescia. Nella tazzina finisce infatti il monorigine Alto Palomar, originario del Perù amazzonico. Fra note d’amaretto e miele. Preparato con la XLVI, una macchina all’avanguardia. Per un espresso espressione dell’alto artigianato made in Italy. 

    In alto, una selezione di etichette e il bancone che ruota intorno al forno. In basso, la millefoglie, i cocktail e alcune inedite proposte - Foto di Aromi.Group

     

    Diversamente al calice

    Vini. La grande passione di Aliguettou. “Certo, qui i vini la fanno da padrone, ma non mancano alcune birre artigianali. Decidiamo sempre insieme io e Ali, perché quattro occhi sono meglio di due”, puntualizza Pappalardo. Felice di aver creato un team coeso. “In lista abbiamo anche I diversamente vini. Ottenuti da macerazioni particolari, da metodi ancestrali e da rifermentazioni naturali. Si tratta spesso di bolle fragranti, effervescenti, poco aggressive e foriere di freschezza. Perché con le pizze, con i formaggi e taluni condimenti grassi c’è bisogno di freschezza”, precisa Ali. Mentre serve Le Rose, malvasia aromatica rifermentata in bottiglia by Ca’ de Noci, nell’emiliana Quattro Castella. “Al naso pare in un modo. Fra gelsomino, zagara e pesca bianca. Al palato si svela in un altro. Fra acidità e salinità. E io adoro questa discordanza”, confessa la sommelier. Proponendo anche il franciacortino Uno di Andrea Arici, dosaggio zero dall’energica mineralità; e il Videt, un riesling renano in Valcamonica, di estrema pulizia, entusiasmante, prodotto da Enrico Angeli nella Cantina Concarena. Non dimenticando Fiero, grechetto umbro degno del nome che porta, targato Carlo Tabarrini, della micro cantina Margò; nonché l’Eughenos Raggio di Luna di Mariapaola Di Cato, rosato figlio delle terre aquilane e del Montepulciano d’Abruzzo. “Un vino indie, indipendente e anticonformista”, scrive Mariapaola sul sito della maison contadina. Da Inedito non poteva mancare all’appello.   

    Un'inedita esperienza, che giunge sino al caffè, firmato Agust e preparato con la macchina XLVI - Foto di Aromi.Group

     

    Insolitamente l’Africa

    E per chi desiderasse un cocktail? Ecco lo Spritz Inedito, ma pure il Cocktail Insolito (quasi un digestivo Gin Tonic), a base di menta, tonica, scorza d’arancia e Inedito 78 Gold by Davide Baruzzi. Un liquore made in Valsabbia, che conta fra le botaniche ginepro, menta, zafferano, achillea e radici d’angelica e genziana, raccolte sulle prealpi bresciane. Ma Ali non tradisce la sua Africa e mette in lista due drink alcol free da non perdere. Voilà il Bissap, concentrazione di ibisco, ananas, lamponi, menta e zucchero di canna. Che torna nello Yamakoudji, insieme ad ananas, zenzero, succo di lime e menta. “Sono due bevande tipiche del Burkina Faso. Nei frigoriferi delle nostre case c’è sempre il bissap. Lo yamakoudji, letteralmente acqua di zenzero, invece lo si trova dai venditori ambulanti”, racconta Aliguettou. Che sa parlare pure il dioula, lingua franca diffusa nell’ovest del continente africano. 

    In alto, Piazza della Loggia (foto di Dorian Pellumbi) e il Capitolium. In basso, il Castello (foto di Michele Rossetti), le installazioni Brixia e Incancellabile Vittoria (foto di Alessandra Chemollo) e il Museo di Santa Giulia. Tutte foto courtesy di Bresciatourism #visitbrescia

     

    Una città dalle mille sfumature

    Non lontano dalla metropolitana, Inedito è pure vicinissimo al cuore culturale di Brescia. E val la pena fare una passeggiata. Per scoprire il Teatro Grande e il suo Caffè con vista, tuffato nello sfarzo architettonico settecentesco del Ridotto, scandito da affreschi, specchi, stucchi e statue. Per conoscere Piazza della Loggia, con la sua aura veneziana e la sua Torre dell’Orologio, gioiello astronomico datato 1546. Per ammirare Piazza della Vittoria, l’Arengario in pietra rossa (ornato da bassorilievi che ripercorrono la storia della città), il Quadriportico e Il peso del tempo sospeso, il rinoceronte-opera di Stefano Bombardieri. Per osservare Piazza Paolo VI, con il Duomo Nuovo (in stile tardo barocco, che vanta la terza cupola più alta d’Italia) e il Duomo Vecchio (pregevole esempio di architettura romanica a pianta circolare, con corredo di cripta intitolata a San Filastrio). Per abbandonarsi alla bellezza della Chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, nota come la “Cappella Sistina di Brescia”, affrescata da Fra Benedetto da Marone (da non perdere, nell’ex refettorio del convento, l’Ultima Cena del Romanino). E per lasciarsi conquistare dall’area archeologica, con il Capitolium, il Santuario Repubblicano e il Teatro Romano, e dal complesso monastico di San Salvatore-Santa Giulia. Entrambi siti Patrimonio Mondiale Unesco. Può bastare? No. Valgono una tappa Palazzo Martinengo, che fino al 12 giugno ospita la mostra Donne nell’Arte, da Tiziano a Boldini; e il Castello di Brescia. Che, dall’alto del colle Cidneo, doma la Leonessa, fra torri, giardini, bastioni e camminamenti, esibendo il Vigneto Pusterla, uno dei più antichi (ed estesi) vigneti urbani in Europa.

    T: Cristina Viggè

    07-02-2022

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